Woman in Pop: TOMOKO NAGAO di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci

TOMOKO NAGAO
TOMOKO NAGAO

L’estetica kawaii, letteralmente traducibile dal giapponese con “carino”, trova una delle più autentiche espressioni nella cittadina di Takarazuka, nella quale l’imprenditore Kobayashi Ichizo, intorno al 1913, decise di fondare un teatro con una compagnia di sole ragazze, la Takarazuka Revue, il cui motto era: “con purezza, con onestà, con bellezza”.

Oggi Takarazuka è diventata un monumento vivente della cultura kawaii, contraddistinta da questo estremo concetto di femminilità ed innocenza infantile. L’infantilismo non è citato a caso in quanto io stessa, da bambina delle scuole elementari, disegnavo compulsivamente il muso di Hello Kitty (che peraltro è un gatto femmina, e persino il più famoso del mondo), come rappresentativo di qualcosa di rassicurante: non potevo pensare che quel feticcio infantile incarnasse a pieno la filosofia estetica del kawaii e che quel muso rimandasse ad una sorta di archetipo dell’iconografia nell’arte di Tomoko Nagao, artista giapponese, italiana d’adozione, che con Hello Kitty condivide persino l’anno di nascita (1976).

La Medusa del Caravaggio, l’Olympia di Manet, l’Infanta di Velázquez, la Venere del Botticelli, la Gioconda di Leonardo o Salomè, sono i più fulgidi esempi di icone che, spesso ridotte a meri feticci o scontati baluardi del femminismo, sono stavolta ricondotti, per mano dell’artista, alla ricerca di un archetipo: è quello di Hello Kitty, di una leggerezza non superficiale. L’immagine della donna è colorata ma non dirompente, viva e vivace ma non ingerente.

La donna di Tomoko Nagao è una donna amica, che tende la mano, e dunque davvero “pop” nell’originaria accezione del termine “popular”: una donna, insomma, che vuol parlare a tutti.

Per Tomoko Nagao, il mezzo pittorico con tecnica ad olio rappresenta decisamente una sorta di “core business” della propria ricerca, e si articola mediante linguaggi più o meno sofisticati: ora è una pittura fatta di intense campiture di colore che s’intersecano tra di loro attraverso un tratto figurativo stilizzato e massiccio, netto e ben definito, ove chiarezza formale e concettuale si uniscono perfettamente, ora è il colore a farsi più rarefatto, più sognante, quasi gassoso fino a fingersi acquerello, strizzando l’occhio alla lezione di Nara Yoshimoto, con cui Nagao ha studiato in Giappone.

Ora, diversamente, sono i marcati segni figurativi a tratteggiarsi, a giocare con l’allure della strada, derivante da esperienze di pragmatismo vissuto sul campo dall’artista, nella Milano street e nei festival: ecco quindi la comparsa di insoliti supporti, dell’iridescenza del PVC o di sgargianti grafiche di digital art, ma ecco anche far capolino la scultura, le rotonde ceramiche smaltate e riflettenti tanto da potercisi specchiare a tutto tondo. Perché la donna di oggi vive attraverso i suoi mille volti, più veloce dei mille mondi che le girano attorno.

Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci

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