Intervista a Maria Jole Serreli e Simona Campus, curatrice della mostra: A casa mia avevo tre sedie

Simona Campus
Simona Campus

È in corso All’EXMA di Cagliari, fino all’11 Ottobre 2020, la personale di Maria Jole Serreli “A casa mia avevo tre sedie”, una mostra site specific a cura di Simona Campus. La mostra ricostruisce minuziosamente le stanze della casa-atelier di Marrubiu (OR) che l’artista ha ereditato da una prozia e trasformato in luogo di sperimentazione e dialogo artistico. Abbiamo intervistato l’artista e la curatrice della mostra.

Erika Lacava: La mostra lega strettamente il concetto di casa a quello di creazione artistica, identificando la casa prima come rifugio, antro magico della produzione dell’artista, e poi come luogo di condivisione di questa esperienza. Simona Campus, cosa ti ha spinto a organizzare una tipologia di mostra così particolare, in questo momento?

Il momento in cui abbiamo realizzato la mostra è stato discriminante. Seguo da tempo Jole e provo per lei un’empatia e una “sorellanza” molto forte. Nutrivamo entrambe il desiderio di lavorare insieme a un progetto importante, e l’opportunità si è manifestata paradossalmente con il lockdown. Alla riapertura dell’EXMA volevamo segnare il passaggio con un progetto che ci aiutasse a metabolizzare sul fronte artistico quello che avevamo vissuto. La ricerca artistica che Jole ha portato avanti negli ultimi cinque anni riguarda la casa come microcosmo, come luogo degli affetti più cari, ma anche delle contraddizioni, delle solitudini e delle inquietudini, che costituiscono la nostra identità più vera. Nel momento in cui uscivamo dall’idea di casa come confino e luogo di coercizione, abbiamo provato con questo progetto a indagarne la portata, legando la casa al concetto della nostra stessa identità.

Simona, quanto c’è in questo progetto di altre tue riflessioni passate, sviluppate attraverso altri progetti curatoriali? 

Da tempo sto riflettendo e sto studiando cosa significhi il lavoro di cura: c’è un’accezione che esula dall’ambito propriamente artistico e abbraccia quello sociale e politico, di solidarietà umana. Intendo la cura artistica come un prendersi cura anche degli oggetti e delle persone. In quest’ottica ho sviluppato la mostra di Jole, per ritrovare attraverso l’arte il senso di un’empatia, di risonanza e comunità. Una sorta di resistenza.

Per quanto riguarda l’EXMA, questa mostra segna una rottura o è nata nel segno della continuità progettuale? Cosa lega questa mostra al territorio sardo?

Jole Serreli: In questa mostra c’è un legame fortissimo con il mio territorio, nel rapporto con la natura, nell’omaggio fatto alle piete del mio territorio, ma anche soprattutto c’è il recupero della memoria e della cultura del luogo, perché all’interno della casa c’è tutto il patrimonio culturale di Marrubiu, le usanze, le tradizioni, la vita familiare de territorio.

Simona Campus: Il legame con il territorio è stato un altro elemento fondamentale nella decisione di realizzare una mostra di Jole Serreli. L’EXMA dedica sempre una parte della sua programmazione all’arte in relazione al territorio, per ritrovare il senso della comunità artistica ed esprimere il sostegno della nostra Istituzione agli artisti che hanno un legame con esso.

Simona, puoi raccontarci da cosa nasce il titolo della mostra “A casa avevo tre sedie. Una per la solitudine, due per l’amicizia, tre per la società”?

Si tratta di una frase di Henry David Thoureau che comprende tutta la gamma dei sentimenti che si possono provare in una casa, e descrive perfettamente la ricostruzione che abbiamo fatto della casa-atelier di Jole. Abbiamo trasformato la sala espositiva dell’EXMA, rettangolare e lineare, in una casa, ricavando attraverso una pannellatura tre stanze, che corrispondono metaforicamente al titolo della mostra. La stanza delle tre sedie, cioè il living, che corrisponde alla stanza della socialità, per le relazioni più aperte, poi la cucina, con due sedie, che rappresentano idealmente l’amicizia, la maggiore intimità dei legami familiari, e la camera da letto, con una sedia, in cui si fanno i conti con la propria solitudine e le proprie inquietudini nel modo più forte. In questa macro-installazione, abbiamo operato una selezione di mobili e arredi, reinterpretando gli ambienti in chiave minimalista, per fugare la possibilità di una ricostruzione meramente didascalica. Per noi era importante ricostruire anche l’ambiente della casa-atelier di Jole perché la sua ricerca artistica recente è stata sviluppata in questa casa, e le tele sono state realizzate a partire da e lenzuola.

Jole, in mostra sono presenti anche dei lavori recenti, nati dall’unione della ceramica e dal tessuto cinese Ramié, che appartengono al ciclo di opere realizzate grazie allo scambio culturale con la Cina. In che modo per te questi lavori sono legati alla casa di Marrubiu?

Abbiamo voluto inserire anche questa mia produzione recente perché la casa è anche il mio studio, e anche questi lavori sono in qualche legati al progetto “Animas”. Ora lentamente mi sto staccando dal contesto materico legato alle memorie e sto portando avanti un’altra ricerca sul tessuto Ramiè, tipico cinese, che, essendo sempre tessuto, resta nell’ambito della fiber art.

Simona: Aggiungo che il decidere di inserire queste opere in mostra è stato oggetto di riflessione curatoriale. Ho deciso di inserirle per rafforzare l’idea che lo spazio delle memorie, dei legami e degli affetti è uno spazio vivo, dal quale la ricerca di Jole parte per aprirsi verso altri orizzonti.  La mostra non vuole quindi essere un’operazione nostalgica, ma vitale, e la produzione che riguarda la Cina va in quest’ottica.

Simona: nel piazzale dell’EXMA è presente un intervento site-specific che porta la mostra anche all’esterno, una specie di uscita dalla “casa” del museo, e metaforicamente dalla casa di Jole.

L’EXMA da sempre lavora sulla doppia dimensione della valorizzazione territorio e dell’apertura internazionale, ma anche della doppia dimensione spaziale. Dal 2015, quando abbiamo iniziato questa nuova missione dedicata ai linguaggi del contemporaneo, pensiamo a dei progetti che vadano anche fisicamente dalle mura del nostro spazio. Abbiamo anche una linea di interventi chiamata “Ex Out” per progetti fuori dall’EXMA in collaborazione con altre realtà territoriali. Il nostro piazzale è un’oasi felice, una piazza chiusa dove ci piace sottolineare la dimensione della collettività che si può vivere sotto diverse dimensioni. L’installazione del patio e delle sedie di Jole accoglie i visitatori avvicinandoli al racconto già dallo spazio esterno.  

L’ultima sezione della mostra contiene invece un invito rivolto al pubblico a esporre le fotografie dei propri cari accanto a quelle delle prozie di Jole. Come hanno reagito i visitatori?

Anche questa scelta va nella direzione di una mostra intesa come partecipazione, una scelta che contraddistingue l’EXMA ma che è anche un aspetto specifico che riguarda Jole e questo progetto. Lei stesso fin dall’inizio ci ha tenuto a sottolineare che la casa, ora sua, che è stata delle sue prozie, da quel momento avrebbe dovuto diventare la casa di chi la visitasse. Una casa quindi non solo piena degli oggetti, ma di vita messa in condivisione, quasi come un gesto catartico, attraverso cui l’artista ha fatto i conti con il proprio passato e con la propria identità, andando oltre. A partire dalle foto lasciate dai visitatori, Jole sta lavorando a questa installazione finale che si configura ora come un album di famiglia.

Jole: La cosa che mi ha fatto enorme piacere è che il pubblico ha compreso pienamente il senso del progetto, l’hanno condiviso come un viaggio dentro noi stessi, e non si sono sottratti. È stata una scoperta vedere come i visitatori si siano sentiti parte della casa, vedere le loro emozioni, e sapere che il mio lavoro ha permesso di far riaffiorare dei loro ricordi rimossi. Questa mostra per me è stata una rinascita, e ringrazio Simona per la possibilità che mi ha dato di ri-iniziare un novo percorso artistico.

NOTE BIOGRAFICHE: Maria Jole Serreli è pittrice, scultrice, fiber artist e performer. Nata Roma nel 1975, vive a lavora a Marrubiu (OR). La sua prima mostra personale risale al 1999. Nel 2010 vince una borsa di studio per una residenza artistica a San Sperate, presso la Scuola internazionale di scultura: qui conosce Pinuccio Sciola, alla cui memoria e al cui magistero rimane profondamente legata. Ha preso parte a numerose esposizioni in autorevoli sedi in Italia e all’estero, tra le quali l’Università di Pisa, il Macro Testaccio di Roma, l’Art Moore House di Londra. All’EXMA di Cagliari è già stata presente con un’opera nell’ambito della mostra collettiva “Pani e Madri, la forza generatrice dell’arte”, del 2015. In quello stesso anno è ospite della Residenza artistica Cosenza 2015 e fonda a Marrubiu “The Art House Space”, il progetto di casa-atelier cui è dedicata la mostra attuale.

Le opere di Maria Jole Serreli sono presenti in collezioni pubbliche (tra cui il Museo dinamico della seta di Mendicino, il Museo d’Arte contemporanea di Shenzhen – Cina, il Museo Del Bosco Della Silla, il Museo d’Arte Contemporanea Limen) e private. Maria Jole Serreli è trattata dalla MA-EC Art Gallery di Milano, da Mancaspazio di Nuoro e da Paolo Cortese di Roma.

Erika Lacava

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