Conosciamo meglio Andrea Greco

Andrea Greco
Andrea Greco

Classe 1978, autodidatta , indagatore dell’anima.

Abbiamo fatto qualche domanda a Andrea Greco per comprendere il suo percorso e da dove tutto è iniziato:

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Nel 2010 quando iniziai a esporre all’estero, in collettive inizialmente, poi arrivarono le partecipazioni nelle fiere, le mostre personali. Ho preso coscienza della cosa rapidamente in realtà.

La tua prima opera?

I primi disegni furono legati più a richieste scolastiche: disegnai un magnifico Discobolo in prima superiore.

A parte gli scherzi, già in adolescenza dipingevo molto, tanti quadri che spesso regalavo, dipingevo più per hobby. Ero attratto dalla Pop Art.

Per fare arte, bisogna averla studiata?

Non ho studi accademici alla spalle, ho studiato storia dell’arte frequentando l’istituto magistrale e ho continuato a farlo, tra le mura di casa e del mio studio, grazie a libri, documentari, riviste di settore, visitando mostre… Credo ruoti tutto intorno alla curiosità e all’interesse. Ovviamente vado avanti a studiare ancora oggi, sembra una frase fatta, ma è una delle verità dell’arte, non si smette mai di imparare.

Come scegli cosa ritrarre?

Gli stimoli sono molteplici, la natura, un libro, una canzone, un aneddoto legato a una situazione che torna alla memoria.

Dalla fine del 2013 lavoro sulla serie Le Muse, opere astratte che indagano la relazione fra suono e segno/colore. Porto avanti due linee, le opere ispirate a vere composizioni musicali e in questo caso il punto di partenza è l’analisi dello spartito.

Dal 2018 porto avanti un’altra linea ispirata al suono della Terra, in questo caso vado a creare dei paesaggi astratti che si “muovono” su uno spartito immaginario. Esprimo il mio sentire nei confronti del pianeta.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

Ricordo con affetto la serata del vernissage della mostra Sentio, da Mario Giusti HQ a Milano, nel 2016.

Avevo presentato un’opera dedicata a Ludovico Einaudi. Oltre al quadro, scrissi sulla parete “Penso insieme lacrime e sospiri”, facendo un richiamo ad una delle versioni di Nuvole Bianche di Einaudi.

Mario Giusti ricevette telefonicamente, da Parigi, i complimenti del compositore.

Ecco il ricordo è legato al sorriso che feci quando Mario Giusti me lo comunicò, un misto tra l’incredulo e il raggiante.

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Avrei domande per parecchi artisti, ma credo sceglierei René Magritte.

Vorrei che mi “raccontasse” una delle sue opere, Gli amanti.

Quanto conta la comunicazione?

Il bisogno di relazionarsi è stato inserito ormai da anni nei bisogni fondamentali dell’uomo. Per relazionarsi è necessario comunicare. Oggi la comunicazione sta toccando il suo massimo storico, vi è una sovra-stimolazione comunicativa e per l’utente medio di internet, per esempio, sta diventando sempre più complesso scindere tra ciò che è reale e ciò che invece è fake.

Nella carriera di un artista contemporaneo comunque la comunicazione conta, contano le pubbliche relazioni, la creazione di legami e collaborazioni, conta essere presenti sui social, conta avere l’appoggio di agenzie. Molte delle mie collaborazioni, con brand o con gallerie d’arte si sono create grazie ai social, a Facebook inizialmente, poi a Instagram.

A settembre 2020 avrei dovuto esporre a New York alla CJ.One gallery. La mostra è stata rimandata per la pandemia. Anche questa mostra è nata grazie a Instagram.
Anche io inizierò a breve a collaborare con un’agenzia, ABG PR di Como.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

All’estero lavoro con alcuni art advisor e collaboro con alcune gallerie.
Non so quanto sia differente la percezione dell’arte, credo dipenda anche molto da un fatto generazionale questo.
Quello che noto di differente è una maggiore voglia di ascoltare da parte degli addetti ai lavori, più attenzione ai progetti presentati, ma anche più voglia di osare nelle proposte. Fra entità pubbliche e private c’è maggiore collaborazione.
È decisamente differente la percezione della figura dell’artista, questo sì, in alcune Paesi si è maggiormente considerati.

Cos’è per te l’arte?

Non credo di avere una vera e propria definizione. Se mi facessi questa domanda ogni giorno, probabilmente risponderei sempre in maniera diversa. Una delle parole più complesse da “etichettare”.

Cosa ti aspetti da un curatore?

Complicità nella “creazione”, visto che si andrà a costruire insieme un progetto espositivo.

Ho avuto il piacere di collaborare con ottimi curatori, fra tutti nomino Francesca Lucioni. Con lei abbiamo realizzato mostre importanti che hanno avuto sempre un ottimo seguito di pubblico e di vendite.

Cosa chiedi ad un Gallerista?

Tutti i galleristi con cui ho collaborato mi hanno sempre lasciato grande libertà e hanno creduto nel mio lavoro. Credo che la base sia questa.
Allo stesso tempo come artista ho cercato di mantenere con i galleristi un rapporto onesto.

Grazie Andrea

Alessio Musella

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