Intervista a Max Ferrigno.

Max Ferrigno
Max Ferrigno

Comincia a lavorare come decoratore subito dopo aver conseguito il diploma artistico.. il suo percorso è quanto meno singolare, se pensiamo che parte dall’amore per il Sud America delle sue prime creazioni, per arrivare nella terra del Sol Levante il Giappone.

Abbiamo fatto qualche domanda a Max Ferrigno, per lasciare all’Artista la possibilità di raccontarsi e raccontarci…

Il tuo primo contatto con l’arte?

In età infantile, con le opere surreali ed ansiogene che vedevo a casa di un amichetto. L’autore era lo zio, scenografo di Bertolucci. In quelle dimensioni spesso mi ci perdevo, le sognavo, mi angosciavano ma mi attraevano. In seguito, da ragazzo sono sempre stato circondato dall’ arte ma il primo incontro segnante e’ stato con l’ universo di Dalì.

La passione per il Giappone da dove arriva ?

Credo sia un’ attrazione generazionale cha ha sviluppato chi,  come me, e’ cresciuto tra la fine degli anni 70 e gli 80.

In alcuni ha attecchito più ed ad altri. Per me e’ stato un condizionamento totale.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Prima di dedicare ogni singolo giorno al mio percorso artistico, lavoravo come scenografo per interni e per parchi di divertimento, arrivavo da Liceo Artistico e da un breve periodo in Accademia, praticamente disegno e dipingo ogni giorno dall’ età di 14 anni.

Quindi credo fosse un percorso segnato. Sicuramente dopo aver presentato la mia prima collezione nel 2010, la chiamata di una galleria allora particolarmente influente, mi ha dato coscienza di una vita per l’ arte.

La tua prima opera?

Prima di essere folgorato dal Pop, “El Burro” del 2001. 

La prima opera di Max Ferrigno e’ Pollon del 2009.

Arrivavo da un esperianza artistica completamente diversa, opere di denuncia sociale che guardavano al sud del mondo, poi l’ incontro con Takashi Murakami e la decisione di rifiutare ogni formazione avuta fino al quel momento e tornare con lo spirito nella mia cameretta adolescenziale per non abbandonarla piu’.

Takashi Murakami

Il ricordo di quel mondo tocca un punto ben preciso nella psiche di ognuno di noi ed ho passato gli ultimi 15 anni per analizzare il mio e quello collettivo che, in particolar modo nella mia generazione, ha permesso di sviluppare una Mitologia nuova che per molti arriva a diventare idolatria.

Come scegli cosa ritrarre ?

La concretizzazione delle mie emozioni e dei miei pensieri avviene seguendo una metodica e giornaliera ricerca in rete. Immagini che poi vengono archiviate e gestite durante la progettazione dell’ opera. Il panorama di ricerca, ovviamente, si identifica nel mondo Anime, Manga e cinematografico, eco di un periodo adolescenziale che ancora emoziona.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso ?

Difficile trovarne uno in particolare perche’ sorridere nel mio mondo e’ una condizione essenziale. Un episodio divertente potrebbe essere quello dell’ opera realizzata assieme al Trio Medusa per CharityStar oppure il pupazzo Uan (originale) ospite tra il pubblico ad una mia mostra milanese.

Se potessi incontrare un artista del passato , chi e cosa gli chiederesti?

Gustav Klimt e vorrei discutere con lui di equilibrio della bellezza.

Gustav Klimt

Quanto conta la comunicazione ?

Nel concetto di Arte odierno, moltissimo. E per un artista non dico che sia essenziale ma e’ una delle chiavi per mantenere il livello.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

La percezione credo sia soggettiva e personale, più che altro credo sia la gestione del nostro ambiente che sia diversa. E trovo quella nazionale assai insufficiente. L’ indotto del mondo dell’ arte, in Italia, non e’ percepito come una risorsa mentre all’ estero si. Fino a che non ci sarà questa presa di coscienza da parte dello Stato il gap con i mercati esteri sarà difficilmente sanabile.

Cos’è per te l’arte?

Una cosa seria. La massima espressione dell’ essenza umana. Ed essendo una disciplina elevata e’ mia convinzione che non tutti possano fare Arte. Non e’ un hobby. Troppo facilmente e’ stato descritto come arte un pezzo di legno nell’ angolo di una stanza o un mucchio di stracci ammassati o una performer che se ne sta in silenzio su uno sgabello oppure croste senza un minimo di qualità. Possono esserci linguaggi diversi ma un’ opera d’arte deve essere qualcosa di eccezionalmente elevato che solo particolari persone, fuori dal comune, sono in grado di fare.

Per proporre arte e fotografia bisogna averle studiate?

Per proporre arte assolutamente si. Per fare Arte anche ma e’ possibile che talenti naturali possano crearsi un percorso artistico senza condizionamenti.

Cosa ti aspetti da un curatore ?

Che riesca a comunicare e decifrare per il pubblico il pensiero dell’ artista. Questo e’ possibile se da parte del curatore si manifesta la volontà di ascoltare davvero il racconto di un mondo parallelo.

Cosa chiedi ad un Gallerista ?

Di vendere.

Grazie per il tuo tempo Max

Alessio Musella

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