Dr. Giuseppe Capozzolo per chi ama la creatività e la tecnologia :“Joh”.

Giuseppe joh Capozzolo
Giuseppe joh Capozzolo

Il termine creativo multumediale racchiude molte sfaccettature, e per meglio comprenderne il significato, abbiamo scelto di fare qualche domanda a Giuseppe Capozzolo laureato in giurisprudenza speaker e doppiatore professionale, nonché videografo e fotografo e….

Un percorso decisamente “iNUSUALE” il suo, ma lasciamo che sia lui a raccontarsi attraverso le risposte alle nostre domande :

Benvenuto Joh, potresti dirci molto sinteticamente di cosa ti occupi?

Grazie!

Devo ammettere che non è facile definire la mia attività professionale attuale. Sono un compositore di musica applicata alle immagini,

Artista multimediale e consulente per la comunicazione dell’Arte: diciamo che mi occupo di aiutare gli artisti e i loro rappresentanti a comunicare produzioni e biografie artistiche sia online che offline attraverso adeguati supporti audiovisivi originali e, quando possibile, l’impiego di tecnologie multimediali.

Il tuo è un percorso professionale/artistico molto particolare, ci racconti come sei arrivato ad esprimerti dalla musica al video, dalla fotografia alla grafica, dall’organizzazione di eventi artistici alla creazione di siti web …?

Ho iniziato a suonare in gruppi musicali underground (punk, new wave) sin da ragazzino nei primi anni ’80 del secolo scorso.

All’epoca era veramente stimolante far parte di un sodalizio musicale alternativo, fatto di concerti strampalati, registrazioni di demo infiniti su registrazioni multitraccia a cassette, editori musicali che non chiamavano mai …, fino a quando è giunto poi il momento di mettere la testa a posto e trovarmi un lavoro serio.

Sono diventato così un poliziotto penitenziario verso la fine degli anni ’80 e nel corso dei quasi venticinque anni di carriera ho fatto esperienze di vita anche molto forti che, nel bene e nel male, hanno segnato indelebilmente la mia vita.

Ad ogni modo, oltre ad aver conseguito in corso d’opera una laurea magistrale in giurisprudenza, mi sono abituato in carcere a gestire situazioni anche estremamente stressanti e ad impiegare proficuamente le poche risorse a disposizione per organizzare eventi culturali per il trattamento rieducativo della popolazione detenuta, fronteggiando le diverse importanti difficoltà connesse al mantenimento delle condizioni sicurezza.

Ho dovuto rimboccarmi le maniche e, armato dei miei gradi e del mio eclettismo, ho imparato nel tempo a redigere un progetto culturale, a realizzare riprese audiovisive e fotografiche degli eventi, a montarle, a sonorizzarle autonomanente e valorizzarle e livello grafico e, quindi, a comunicarle digitalmente sfruttando le opportunità offerte dal World Wide Web, sempre più sofisticate e complete, dagli albori dei primi anni’90 sino ai giorni nostri.

Nel frattempo, grazie alle diverse esperienze fatte sul campo, mi ha colto la mia più grande passione: quella del suono, della musica e del sound design, applicati all’immagine.

Ho cominciato quindi, nei primi anni 2000, a sonorizzare cortometraggi indipendenti e a farmi conoscere condividendo le mie produzioni musicali attraverso i forum musicali presenti in Rete (i social network non esistevano ancora) e, attraverso questi, ad essere ingaggiato per comporre le musiche originali di un mediometraggio che avrebbe poi spopolato e vinto numerosi premi internazionali: Il Marito Perfetto (2010) del regista italo-argentino Lucas Pavetto.

Quando hai capito che la musica applicata alle immagini sarebbe diventata da passione a professione?

Quando sono iniziati i problemi con quel mondo che ho vissuto (amato e odiato) per quarantacinque anni senza soluzione di continuità.

Oltre ad essere stato a mia volta un dipendente penitenziario, sono stato anche figlio di un funzionario dell’amministrazione penitenziaria con residenza all’interno del perimetro carcerario. La scelta repentina, per motivi di necessità personale, di lasciare quell’ambiente professionale e di vita nel 2011, mi ha lasciato improvvisamente privo di quel fardello di esperienza e sicurezza acquisito nel tempo.

Troppo tardi per fare pratica legale e provare a superare l’esame di avvocato.

Un periodo abbastanza buio, per non dire altro. Fino a quando, forte del successo conseguito da “Il Marito Perfetto”, mi è giunta nel 2014 la chiamata da un’importate produzione cinematografica per comporre la colonna sonora della versione “lunga” del mediometraggio, con attori USA e distribuzione nel circuito cinematografico internazionale: “The Perfect Husband”.

Da quell’esperienza fondamentale ho recuperato la fiducia ed è seguita una nutrita serie di collaborazioni sia in ambito cinematografico che in ambito teatrale, tra le quali mi piace citare il film drammatico “Alcolista”, che mi ha dato l’opportunità di sperimentare sonorità inusuali per un lungometraggio veramente intenso, e “Antigone” , rappresentazione teatrale della celeberrima tragedia di Sofocle messa in scena nel 2018 dalla Compagnia Mondi Possibili in una delle splendide cave di marmo di Carrara, alla presenza di più di un migliaio di spettatori.

E il tuo rapporto con l’Arte, o meglio con la comunicazione dell’Arte?

Mio padre, Emidio Capozzolo, è stato un funzionario penitenziario, ma anche un validissimo artista. Lo chiamavano il “pittore del mare” proprio per le belle marine composte ad olio.

Quando ci ha lasciato nel 2009 a causa di un brutto male, ho dovuto occuparmi della conservazione e della catalogazione della sua produzione artistica. Non sapevo nulla di Arte.

Ho iniziato quindi, forse anche per sfogo, a “divorare” tutto ciò che riguardasse l’argomento, riviste, libri, convegni, esposizioni, fino a farmi rapire completamente da questo mondo “libero”, creativo, profondo, non privo di insidie, ma sicuramente meno ostico e contraddittorio di quello che avevo vissuto per una vita intera.

Di conseguenza, parallelamente all’attività di compositore e sound designer per il cinema e il teatro, mi sono via via concentrato sulla possibilità di creare una nicchia professionale proprio sul fronte della comunicazione dell’Arte attraverso le abilità multidisciplinari conseguite sul campo, affinandole attraverso la partecipazione a corsi specifici che mi hanno permesso di conoscere più da vicino l’universo della comunicazione multimediale e cross-mediale applicati all’Arte.

Come hai iniziato ad interessarti anche all’organizzazione di eventi espositivi?

Da questa esperienza ho avuto conferma del fatto che l’Arte, per continuare ad esercitare oggi la sua influenza, ha l’imprescindibile bisogno di assicurare la sua presenza nel dominio digitale, non soltanto online ma anche offline, con riferimento particolare alle esposizioni fisiche supportate da tecnologie multimediali. Internet ha il grandissimo merito di aver reso fruibile a chiunque l’Arte, dai capolavori della storia alle più recenti tendenze espressive, ma ha reso altrettanto imprescindibile la necessità di realizzare contenuti digitali di qualità sempre più elevata, di pari passo con il progresso tecnologico e della capacità di veicolare file di dimensioni sempre più grandi.

Sono laureato in legge, ma diplomato in elettronica industriale.

Una formazione complessiva effettivamente “strana”, che tuttavia mi ha indotto a sperimentare, a livello professionale, commistioni di discipline diverse che ho cercato di riassumere, sia online, con la creazione di siti web e la gestione di contenuti originali per le pagine social di artisti, sia offline, con l’organizzazione di eventi espositivi che hanno sempre previsto l’impiego di strumenti di comunicazione audiovisiva e supporti multimediali.

Un evento che ricordi con particolare emozione? Sicuramente il primo della serie, ovvero “L’Arte del Sognare – Viaggio nel mondo artistico di Joanna Brzescinska-Riccio” allestito a Forte dei Marmi nel 2017 con la collaborazione del Museo Ugo Guidi, focalizzato sull’esposizione di alcune opere fisiche e la proiezione su grande schermo dell’audiovisivo che ho realizzato sulle grafiche realizzate dall’Artista, delle quali il video, sostenuto da musiche originali e dalla mia narrazione vocale, ha contribuito ad evidenziarne la pregevole fattura manuale ad inchiostro di china e punta finissima, senza alcun ausilio meccanico, altrimenti difficilmente apprezzabile.

Altro evento importante è stato “ Quando la voce dell’anima lascia la parola alla pietra“, dedicato alla scultrice apuana Sarah Atzeni, allestita in due differenti sedi: la hall del Logos Hotel di Forte dei Marmi e  la galleria d’Arte La Musa de Adeje di Santa Cruz de Tenerife, località ove risiede attualmente l’Artista, entrambe messe in collegamento remoto audiovisivo in modo che dalla sala del Logos Hotel potesse essere visto su grande schermo l’interno della galleria di Tenerife e viceversa.

Ci racconti il tuo approccio per la comunicazione audiovisiva di opere e biografie d’Arte?

Per quanto concerne le trasposizione audiovisive di opere d’Arte, ossia la possibilità di rendere nel dominio del tempo, a livello filmico, la fruizione di opere naturalmente statiche, come un dipinto o una scultura, si tratta di pensare l’opera d’arte in sé come un’insieme di elementi da collocare a livello temporale, attraverso un montaggio in grado di restituire, grazie all’inserimento di ulteriori elementi grafici, testuali e, naturalmente, il suono, la musica, una narrazione, una storia che abbia un senso razionale, emotivo ed autonomamente estetico.

Per quanto concerne invece gli audiovisivi realizzati per un insieme di opere, come un video catalogo, per essi presto molta attenzione alla ripresa dei dettagli e del contesto in cui le opere sono inserite.

Mi piace molto restituire con il montaggio e la post-produzione, oltre che con la creazione di ambientazioni sonore adeguate, atmosfere in grado di enfatizzare al massimo grado l’approccio emotivo nella fruizione dell’opera d’Arte.

Allo stesso modo, per le videobiografie di autori prediligo sempre fare leva sull’aspetto emotivo, oltre che, ovviamente, garantire la ricostruzione filologica e testimoniale delle biografie dei protagonisti.

Sistemare adeguatamente gli ambienti di ripresa, le luci, l’ambientazione sonora, mi aiuta a restituire il contesto abituale di vita dell’artista che riflette immancabilmente il suo essere più profondo.

Sono convinto che l’opera e il suo autore debbano essere considerati nella loro inscindibile interezza per qualificare un qualsivoglia manufatto come opera d’Arte.

Se potessi incontrare un personaggio del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Per raccontare una storia da un soggetto artistico statico, devo creare un film, ossia una serie di fotogrammi (normalmente cinquanta fotografie al secondo). Henri Cartier-Bresson riusciva a raccontare una storia da un soggetto non artistico, facendolo diventare artistico con un solo fotogramma.

Quello dell’Istate irripetibile.

E senza post produzione.

Mi piacerebbe poter abbracciare questo grande Artista, quando sarà il momento.

Giuseppe Joh Capozzolo www.giuseppejohcapozzolo.com

Grazie per l’interessantissima chiacchierata

Alessio Musella

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