Un anno raccontato attraverso la fotografia rivolta a se stesso: una sua personale mission introspettiva
Molteplici sono le sue espressioni e posture che diventato protagoniste giorno dopo giorno e consegnate, di fatto, al fruitore delle immagini e alla sua capacità interpretativa.
In questo “esperimento” il corpo dell’artista da soggetto si trasforma in linguaggio, sfruttando il suo camaleontismo che attraverso posture, smorfie ed emozioni narra i mutamenti dell’animo umano.


Un progetto che abbiamo ampiamente approfondito sul mio Blog L’ArteCheMiPiace, in una sua recente intervista
Oggi vorrei raccontarvi qualcosa su Roberto.
Classe 1973, i suoi nonni erano fotografi, come lo era suo padre.
L’impresa di famiglia legata alla fotografia nasce nel 1942 quando suo nonno rileva l’attività di un fotografo specializzato in fototessere e foto di famiglia.
In quegli anni si usavano macchine fotografiche enormi in legno con delle lastre di vetro delicate e molto complicate da preparare, oltre che fotografo era necessario essere anche chimici ed alchimisti.
Le lastre e le fotografie una volta sviluppate venivano spesso ritoccate a mano per correggere difetti o imperfezioni di lavorazione…
Roberto fin da piccolo ha vissuto la magia della vera fotografia, prima del bianco e nero e poi del colore e, inutile da dire, fin da subito ne è rimasto affascinato.
Insieme al fratello ha collaborato con suo padre fino al 2013, sfruttando la possibilità di seguire l’evoluzione della fotografia dal bianco e nero fino al digitale .
In tutto questo è da poco tempo che ha trovato la consapevolezza nei suoi lavori e la voglia di condividerli.


La fotografia è da sempre stata per Roberto una passione celata, amava sperimentare con l’obiettivo, dalla macro, al ritratto, al reportage, alla fotografia di studio, Street, naturalistica, industriale, alla fotografia di famiglia, ma tutto poi veniva elaborato e stampato solo per se stesso.
La sua prima macchina fotografica è stata una Polaroid usata e mal funzionante, all’epoca il costo della pellicola era molto alto, ragione per la quale , Roberto non ha avuto molte possibilità per interagire, ama raccontare che su 1000 fotografie scattate solo poche decine erano realmente impresse sulla pellicola, le altre erano solo nella sua testa.
Durante le scuole medie ebbe la fortuna di avere un professore di tecnica appassionato di fotografia e grazie a lui ebbe modo di avvicinarsi accademicamente allo sviluppo e alla stampa della pellicola bianco e nero.
Ancora viva è la sua emozione ripensando alla magia del vedere nascere l’immagine dalla carta bianca immersa nella vaschetta dello sviluppo.


Una sensazione incredibile, un piccolo “miracolo“.
Quando fotografa il suo stato d’animo muta, si sente più in linea con se stesso e con ciò che lo circonda.
In un suo scatto è in grado di raccontare se stesso anche senza essere presente nell’immagine.
Consapevolmente o no, affiorano le sue memorie, le sue emozioni, sensazioni come anche le sue proiezioni, le sue intenzioni e i suoi timori…