4 chiacchiere con: Chiara Canali, “Curatrice” ? Direi riduttivo!

chiara canali
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Chiara Canali nasce a Piacenza nel 1978 è critico d’arte, giornalista e curatore indipendente.
Dottore di ricerca (PhD) in “Scienze Umane” presso l’Università degli Studi di Perugia ,
Ideatrice e promotrice di eventi artistici e iniziative culturale e molto altro ancora, ma per noi il curatore è soprattutto una sorta di traghettatore, che porta lo spettatore nel mondo dell’artista, ed è per questo che abbiamo deciso di farle qualche domanda, per scoprire come , quando e perchè ha scoperto questa sua “Vocazione”:

Il tuo primo incontro con l’arte ?
Il primo, per me folgorante, incontro con l’arte contemporanea è stato in occasione di una gita scolastica al Museo Reina Sofia di Madrid ai tempi del liceo e vidi per la prima volta la grande tela della Guernica di Picasso e anche uno dei tagli di Fontana.

Queste opere mi incuriosirono molto. Ho percepito subito la complessità e il fascino dell’arte moderna e contemporanea.

Che studi hai fatto?
Ho una Laurea in Lettere Moderne indirizzo artistico all’Università degli Studi di Parma. Tuttavia, il momento formativo che mi ha indirizzato verso la professione di critico e curatore è stato senza dubbio il Master “Curator” in Organizzazione e comunicazione delle Arti Visive all’Accademia di Brera. Dopo il Master mi sono trasferita stabilmente a Milano e ho iniziato a frequentare il sistema delle gallerie, dei critici e delle mostre d’arte.
Questa è comunque una professione che necessita uno studio e aggiornamento continuo. Motivo per il quale qualche anno fa ho conseguito un Dottorato in Scienze Umane all’Università di Perugia che mi ha permesso di approfondire un progetto di ricerca su arte, partecipazione e nuove tecnologie (confluito nel saggio Tecno-socialità. Partecipazione e interattività nell’arte contemporanea edito per Postmediabooks).
Ma non è solo la formazione che conta, è indispensabile anche fare esperienza sul campo.

Per parlare di arte è necessario averla studiata?
Non credo sia necessario averla studiata a scuola o all’Università, ma senz’altro occorre conoscerne la storia, gli artisti, le opere, i movimenti, gli stili per comprenderne significati e motivazioni intrinseche e poi trasmetterle al proprio pubblico o interlocutore.

Per vendere l’arte è necessario averla studiata?
Anche in questo caso non occorre averla studiata in modo accademico, ma per indurre un acquirente ad acquistare un’opera d’arte bisogna essere in grado di raccontare la storia dell’artista e di descriverne la ricerca, contestualizzandola nel panorama storico-artistico dell’epoca.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso.
L’Arte è sempre stata principalmente “visiva” ma, nell’era contemporanea, l’opera d’arte può non essere solo guardata o contemplata, ma anche agita, vissuta, partecipata. L’opera d’arte, l’installazione, l’ambiente si percepiscono, oltre che con la vista, attraverso gli altri canali sensoriali: udito, tatto, olfatto, gusto.
È il caso, per esempio, della ricerca di Olfactory Art dell’artista belga Peter De Cupere che ho invitato a realizzare una mostra di arte olfattiva a Parma. I visitatori dovevano annusare, faccia in giù e naso attaccato alla superficie delle opere, gli “odori” di particolari situazioni o contesti espressivi. L’aspetto divertente era osservare le loro facce sbalordite, disgustate o rapite dagli odori del mare, della nascita, della guerra, del fiato, della “merda d’artista”.

Come scegli gli artisti di cui parlare?
Mi piace definirmi una “talent scout” di giovani artisti: visito continuamente i loro studi, frequento residenze e mostre, sono tutor e curatore di premi di arte emergente e, quindi, ho la possibilità di venire a contatto con molti artisti. Quando una ricerca mi colpisce per la qualità della proposta sia concettuale che stilistica e formale, approfondisco il rapporto con l’artista. Prima di intraprendere con lui una collaborazione, però, cerco di stabilire relazioni positive e di reciproca stima che la maggior parte delle volte sono durevoli negli anni. E devo dire che, guardando indietro alle mie “scoperte” e alle carriere intraprese poi da alcuni di loro, penso di avere avuto “fiuto”.
Non ho un filone o un genere preferito e credo che oggi sia anacronistico difendere un linguaggio piuttosto che un altro, anche se sono affascinata dalla Street Art e dalle ricerche che contemplano l’utilizzo delle nuove tecnologie e che stimolano la partecipazione dello spettatore.

Quanto conta il curatore per una mostra?
Il curatore è un promotore di cultura, un aggregatore di informazioni, un attivatore di processi, e opera a più livelli, dalla pianificazione di un evento alla sua ricezione. Sovrintende alla presentazione concettuale e teorica di un progetto ma si occupa anche degli aspetti organizzativi, manageriali e produttivi.
Il curatore è il punto di interconnessione tra tutti gli interlocutori di una mostra: artisti, gallerie e istituzioni. Il curatore è poi fondamentale nell’accompagnare il pubblico, il collezionista o il semplice appassionato, alla corretta fruizione di un artista o di un’opera.

Cos’è per te l’arte?
L’Arte è una passione, uno stile di vita e, anche e naturalmente, una professione.
Mi nutro di continuamente di Arte, sono bulimica nel visitare musei, gallerie e mostre. In strada sono sempre alla ricerca di Urban art mentre in casa mi piace circondarmi di opere d’arte e di artisti.
Occuparsi di Arte, nella mia professione, significa presentare al pubblico e rendere visibili i mondi visionari degli artisti, le loro idee esclusive e improbabili, con la scrittura dei testi, la realizzazione di mostre e l’organizzazione di festival culturali.

Se potessi andare indietro nel tempo, con quale artista di piacerebbe interagire e perché?
Mi sarebbe piaciuto vivere all’epoca dei “caffè degli artisti” milanesi come il Bar Craja e poi il Bar Jamaica, ritrovo di letterati, poeti, giornalisti, attori e musicisti.

Mi sarebbe piaciuto sedermi a un tavolino con Lucio Fontana, Piero Manzoni, Ugo Mulas ecc… Mi sarebbe piaciuto bere con loro un bicchiere di vino o un caffè e scambiare idee sull’arte e sulla cultura. Forse è proprio questo momento di incontro diretto e di scambio di convivialità che manca alla vita intellettuale di oggi, più individualista e concentrata sul digitale.

Cosa pensi dell’editoria di settore?
Penso che l’editoria di settore stia attraversando un momento di crisi che è generale della stampa e del giornalismo, ma in qualche modo è acuita dal rivolgersi a una nicchia di appassionati.
Il pubblico di riferimento però si è allargato, c’è un crescente interesse sull’arte e sui suoi contenuti. Quindi credo che sia comunque compito dell’editoria di settore di continuare a produrre informazioni, approfondimenti critici, contenuti profondi e chiavi di lettura complesse per il sistema dell’arte. Il tutto però cercando di allargare il più possibile il pubblico interessato.

Grazie Chiara, è stato un piacere intervistarti, e molto interessante , non si finisce mai di imparare.

Alessio Musella

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