Silvana Piatti e l’Autoritratto.

Silvana Piatti
Silvana Piatti

Quando parliamo di Autoritratto, una volta prendevamo in considerazione l’opera di  un pittore o uno scultore che ritrae sé stesso.

Paradossalmente, nonostante sia molto più semplice da realizzare, nel campo fotografico non sono molti i professionisti che si sono cimentati in questo settore, eccezion fatta per i Famosi “ Selfie”  termine derivato dalla lingua inglese che prende in considerazione fotocamere digitali, uno smartphone, un tablet o una webcam puntati verso sé stessi o verso uno specchio, e condiviso sui social network.

Che nulla hanno ha che fare con il vero  autoritratto Fotografico

Ph di Luca Castagno

Abbiamo intervistato con piacere Silvana Piatti che da sempre ha concentrato i suoi scatti proprio sull’autoritratto e non solo.

Il tuo primo contatto con la fotografia?

Ho iniziato abbastanza presto, poco più che adolescente, la fotografia come tutte le altre forme d’arte, mi ha attratta da sempre e la mia prima macchina fotografica fu una Yashica, ovviamente analogica, che utilizzai per molti anni e con molte soddisfazioni; il fascino del rullino, anche se non mi occupavo personalmente della stampa, resta per me insuperabile; certo, forse ti divertivi di meno perché non potevi scattare a più non posso, ma la scelta obbligava ad una attenzione maggiore, non potevi concederti di sbagliare e dietro ad ogni immagine c’era davvero una “storia”, un momento che restava ben impresso nella memoria.

Il tuo primo  scatto?

Impossibile da ricordare, è davvero passato troppo tempo …

La scelta di lavorare su te stessa attraverso l’autoscatto da dove nasce?

Nasce in tempi molto più recenti, circa dieci anni fa, quando mi sono sentita “matura” al punto giusto per iniziare un percorso tutt’altro che banale e semplice; lavorare su stessi richiede una certa confidenza con il proprio corpo, implica conoscenza profonda di sé, passa attraverso l’autoaccettazione e può rivelarsi piuttosto “scomodo”; c’è un confine sottile che separa il gioco dalla sfida, ti metti alla prova sia davanti che dietro l’obiettivo, sei il regista di tutto e quando guardi il risultato del tuo lavoro, scopri sempre una parte di te che non conoscevi ancora e che potrebbe anche non piacerti.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

Quando le condizioni metereologiche lo consentono amo molto scattare in esterno, tra la natura, nei boschi che ho la fortuna di avere non lontano da casa oppure in contesti urbani abbandonati; alla base c’è sempre un’idea, un progetto e quindi una scelta sulla location e sull’abbigliamento; parto con un trolley pieno di abiti, il cavalletto e vado … gli aneddoti più divertenti sono legati agli occhi incuriositi delle persone che incrocio e che non osano fermarsi a guardare cosa stia combinando ma sicuramente se lo chiedono vedendomi all’opera; in un paio di circostanze, invece  più che sorridere ho fatto i conti con la paura; i luoghi per me più interessanti sono anche quelli più isolati e questo aspetto può rivelarsi decisamente rischioso …

Se potessi incontrare un personaggio del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Credo che sceglierei la Regina Cleopatra, una donna vissuta più di 2000 anni fa ma che potrebbe perfettamente inserirsi nel nostro contesto contemporaneo; la sua vita ci è giunta tra verità e leggende e sicuramente mi incuriosirebbe conoscere il suo pensiero sulle donne di oggi, come le trova rispetto a quelle dei suoi tempi e poi le “strapperei” qualche ritratto.

Quanto conta la comunicazione?

La comunicazione è alla base di qualsiasi relazione umana e quindi è tutto! La fotografia è uno degli strumenti più potenti di comunicazione: è universale, “arriva” subito, suscita emozioni, provoca reazioni, ci mette in contatto con il nostro inconscio; saper comunicare presuppone sapere entrare in risonanza con gli altri, sviluppare le nostri capacità empatiche, affinare la difficile arte dell’ascolto.

Chi impara l’arte della comunicazione attraverso l’immagine, acquisisce secondo me, la padronanza della più sofisticata e forte “arma” ad oggi disponibile.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte e della fotografia tra Italia e estero?

Credo che il nostro Paese sia ancora troppo “soffocato” da pregiudizi e convenzioni per riuscire a sviluppare forme d’arte completamente scevre da qualsiasi tipo di condizionamento. Un piccolo esperimento lo feci a Londra anni fa, una città aperta in tutti i sensi, puoi “puntare” l’obbiettivo addosso a chi incroci senza suscitare fastidi o sospetti; un approccio completamente diverso, molto molto più libero.

Cos’è per te la fotografia?

E’ diventata pian piano una parte fondamentale della mia vita, anche parchè l’ho integrata alla mia professione di grafoanalista, che prevede un occhio sempre molto ben allenato nel cogliere l’essenza armonica in un insieme di elementi. Considero la fotografia anche un potente strumento terapeutico; veicolare immagini sotto la guida di chi sappia indirizzarle al fruitore in modo adeguato e corretto, può aiutare molto, ma questo è una argomento piuttosto complesso che richiederebbe un approfondimento a sé.

Per proporre fotografia, bisogna averle studiate?

Lo studio, qualsiasi sia la materia in questione, è sempre utile e non andrebbe mai abbandonato; per quanto riguarda la fotografia penso che se non si desideri raggiungere uno standard elevato da un punto di vista tecnico, come nel mio caso, possano bastare tanta passione, costanza e molta molta voglia di sperimentare.

Cosa vuoi che arrivi attraverso i tuoi scatti?

Premesso che scatto prima di tutto per me stessa, quando invece utilizzo le immagini nella mia professione, mi propongo sempre di  fornire  spunti che  inducano alla riflessione introspettiva; l’arte, perché “funzioni” in questo senso, deve operare a livello profondo, lavorare sul paradosso, smuovere emozioni; uno scatto tecnicamente perfetto, realizzato in uno studio o in esterno e finalizzato alla commercializzazione o alla pubblicità, non ha bisogno di contenere messaggi di natura diversa, se non quelli utili a catturare l’attenzione su qualcosa o qualcuno.

Una domanda che può sembrare fuori contesto, ma non è così, ci racconti il connubio Grafologia immagine?

Foto-Grafia: sono due atmosfere complementari frutto di due realtà coerenti  ed affini tra loro; il mondo dell’immagine fotografica e quello della scrittura sono due universi paralleli che danno rilievo alla parte più profonda di informazioni legate all’utilizzo del simbolo come espressione dell’evoluzione degli archetipi conservati nelle nostre antiche memorie.

Il linguaggio simbolico espresso attraverso un’immagine e quello esercitato sul foglio bianco con la scrittura, procedono nella stessa direzione, partendo da presupposti identici, orientati verso uno stesso identico obiettivo: proiettare all’esterno una visione interiore della realtà, guidata da percezioni, sensazioni ed emozioni personali che non saranno mai identiche e ripetibili.

Da tempo opero e sperimento su questa integrazione con l’intento di fondere arte fotografica e grafo analisi, utilizzarne l’essenza per veicolare i messaggi provenienti dalla parte più nascosta ed inconscia del nostro essere e mettendo di evidenza come due strumenti di comunicazione universali, nascano dalla stessa fonte: il nostro “sentire”.

Ph di Luca Castagno

L’autoritratto fotografico è una sfida che conduce l’individuo attraverso una ricerca estetica in dialogo continuo con la dimensione più complessa e profonda delle sue dinamiche psicoaffettive; l’utilizzo in sinergia di questi due canali: autoritratto e scrittura, mi ha offerto una nuova innovativa opportunità di approccio al linguaggio artistico fotografico, non soltanto come forma di espressione personale, ma anche come condizione di ricerca intima, di un processo di crescita e potenziamento dei miei talenti. Il foglio bianco su cui scriviamo è uno spazio in cui collochiamo dei simboli e la stessa cosa accade con la fotografia: il nostro “occhio interiore” posiziona elementi esterni ed interni a noi, fissando oggetti, idee, concetti, pensieri, in modo tutt’altro che casuale e mai solamente legati a vincoli convenzionali o di tipo estetico.

Esistono emozioni che sfuggono al nostro controllo cognitivo, io ho scelto di dare luce e tratto soprattutto a quelle.

Grazie per il tempo a noi dedicato

Alessio Musella

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