”Sequence Fibonacci” ( Ossessione ) di Tina Bellini

Tina Bellini
Tina Bellini

Il Girasole, uno dei fiori più solari e affascinanti che esistano, eppure pochi sanno che fa parte in natura della sequenza di Fibonacci, un algoritmo che si ottiene addizionando i numeri precedenti e che formano la sezione aurea; questa sequenza la troviamo in natura, in molti mammiferi, nell’apparato riproduttivo femminile, nella conchiglia nautilus, nella coda del camaleonte, nel micro e macro cosmo.


Le “Metamorfosi” di Ovidio, narrano che Apollo attraversava con il suo carro infuocato il cielo mentre l’innamorata ninfa Clizia lo seguiva incessantemente con lo sguardo, mentre lui bellissimo e altero sembrava immune al suo desiderio, ma in fine Apollo, lusingato da tanto amore cedette alla ragazza ma ben presto, la abbandonò.

Clizia disperata pianse per nove giorni e nove notti, cibandosi solo di rugiada e lacrime, fissando il cielo in cerca dell’amato.

Gli Dei, mossi a compassione, trasformarono Clizia in un bellissimo fiore, il girasole, affinchè potesse continuare a cercare per l’eternità con lo sguardo il suo amore….

Questo racconto ci porta ad una duplice interpretazione: da un lato un profondo attaccamento, dedizione e fedeltà assoluta verso un’altra persona, dall’altro  un amore non ricambiato che si trasforma in una vera e propria ossessione.

Ma la simbologia che spesso ritroviamo nella creatività dell’artista Tina Bellini ci riporta al desiderio.

Desiderio di seguire, di volere la persona amata per trascorrere insieme a lei del tempo, un solo giorno o un’intera vita…

Alessio Musella

“Mai più il Sole, signore della luce, volle avvicinarsi a Clizia e godersi con lei piaceri d’amore. Da allora, travolta dalla follia della sua passione, la ninfa, incapace di arrendersi, si strugge e notte e giorno sotto il cielo giace sulla nuda terra a capo nudo coi capelli scomposti.

Per nove giorni, senza toccar acqua o cibo, interrompe il digiuno solo con rugiada e lacrime; non si muove da terra: non faceva che fissare nel suo corso il volto del nume, seguendolo con gli occhi. Si dice che il suo corpo aderisse al suolo e che un livido pallore trasformasse parte del suo incarnato in quello esangue dell’erba; un’altra parte è rossa e un fiore simile alla viola le ricopre il volto.

Malgrado una radice la trattenga, sempre si volge lei verso il suo Sole e pur così mutata gli serba amore”. – cit. Ovidio

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