Sara Cozzi: tecnica, talento e intuito.

Sara Cozzi
Sara Cozzi

Sara Cozzi, classe 1982.

Il suo stile abbraccia la Pop Art, la Street Art con uno sguardo di intesa agli strappi Rotelliani…

Ottima tecnica, creatività e voglia di sperimentare contraddistinguono la sua idea di arte contemporanea.

Apriamo questa intervista ricordando che spesso l’amore per i tatuaggi si trasforma in arte allo stato puro, e questo è quello che è accaduto a Sara.

Lasciamo a lei il piacere di raccontarsi.

Il tuo primo contatto con l’arte?

Il mio primo incontro con l’arte è praticamente dalla nascita.

Sono cresciuta in mezzo all’arte in quanto mio padre collaborava con molti artisti ( vendendo litografia ed opere originali ) di artisti del calibro di Sebastian Matta o di Salvatore Fiume e molti altri.

Ho dunque sempre respirato arte in casa.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Ho conseguito studi artistici dal liceo fino all’accademia di belle arti, affascinata dal mondo del tatuaggio mi sono specializzata ed ho lavorato per 15 anni nel panorama europeo del tattoo.

L’idea che le mie opere fossero indelebili e soprattutto in movimento, mi elettrizzava. Fino a che ho sentito il bisogno di voler tornare alle tele, alle tavole a sperimentare nuovi materiali e nuovi linguaggi artistici.

Nel 2020 ho scelto di abbandonare il tatuaggio e dedicarmi solo all’ arte.

La tua prima opera?

La mia prima opera risale ai tempi del liceo, mi fa sorridere quando la guardò perché c’è dentro tutta l’irrequietezza di un adolescente degli anni novanta.

Per fare arte , bisogna averla studiata?


Nonostante io abbia un’idea molto ampia dell’arte, credo che, fatta eccezione per l’arte concettuale, si, bisogna studiare per creare qualcosa di bello che la gente sia disposta ad acquistare.

Anche un dipinto astratto che può sembrare casuale, per essere valido a mio avviso, ha bisogno di certi pesi visivi e di una conoscenza di materiali e tecniche artistiche, altrimenti tutto diventa arte così a caso.

Cosa unisce i tuoi dipinti e la musica ?

Spesso scelgo come soggetto principale delle icone musicali perché credo che la musica sia per eccellenza l’arte più diretta ed accessibile a chiunque.

Penso sia la più potente.

Scelgo con molta cura le tracce da ascoltare nel mio processo artistico prima e durante la sua realizzazione.

C’è un profondo filo diretto tra le mie opere e la musica che amo.

Come scegli cosa ritrarre ?

In genere ritraggo le icone del passato che più stimo per la loro storia o per il contributo che hanno dato al mondo.

Dipingo anche volti o situazioni che mi colpiscono di impatto, non necessariamente famosi.


Un aneddoto che ricordi con il sorriso ?

Un aneddoto divertente é sicuramente recente, stavo recandomi di fronte al muro che la città di Tarquinia mi ha commissionato per un murales.

Il pezzo era già iniziato da qualche giorno, davanti a me 3/4 ragazzi che camminando davanti al murales esclamano: “ questo lo sapevo fare pure io “. Io dietro di getto: “ Ok, lo finisci tu allora? “
É stato davvero esilarante.

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Sicuramente vorrei incontrare Andy Warhol, ma vedendo i miei lavori credo sia quasi scontato capire che è tra i miei più grandi idoli artistici.

Probabilmente gli chiederei di poter lavorare per lui, così da respirare il genio creativo che lo contraddistingueva.

Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti ?

Alla me di 18 anni sicuramente consiglierei di dedicarsi con maggiore serietà a ciò che fá. Sono stata un adolescente molto irrequieta.

Quanto conta la comunicazione ?

Oggi la comunicazione aimè, conta più della bravura dell’artista.

Non ti farò dei nomi ovviamente, ma ho visto con i miei occhi arte di merda venduta e valutata oro grazie ad un’ottima comunicazione.

Fá sicuramente parte del mercato ed é purtroppo una di quelle cose che mi riesce difficile fare.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

Credo che l’Italia sia un paese talmente conservatore di nascita, che sia difficile stare al passo per esempio con l’America.

L’arte é concepita ancora come 50 anni fa.

Gli artisti emergenti faticano perché non sono in molti a crederci.

L’estero lo trovo più dinamico, pronto al nuovo e sicuramente più propositivo.

Anche gli stessi artisti sono meno patinati e più Smart. In molti ( di quelli bravi )

li vedi a proporre le loro opere per strada, te lo immagini in Italia?

Saresti subito etichettato come lo sfigato di turno che fa arte da due soldi.

Cos’è per te l’arte?

Per me l’arte é prima di tutto creare qualcosa di bello, che funzioni al livello estetico, che sia pulita l’esecuzione e che nell’insieme, trasmetta la mia idea, che cambia in base all’opera che scelgo di rappresentare.

Cosa ti aspetti da un curatore ?

Da un curatore mi aspetto sicuramente che valorizzi al meglio il mio lavoro, che gli dia il giusto spazio in linea con il mio pensiero.

Conosco bene la forza delle mie opere e mi aspetto che lui o lei né colga il valore.

Cosa chiedi ad un Gallerista ?

Ad un gallerista chiedo prima di tutto sincerità reciproca, se non crede nel mio lavoro, difficilmente si potranno ottenere dei risultati.

A me piacciono quei galleristi pionieri, che riescono a vedere il potenziale e che piano piano raggiungono le vette insieme all’artista.

Sono tutti bravi a rappresentare gli artisti già affermati! I veri galleristi sono quelli che sanno osare ovviamente con cognizione di causa.

Quanto contano per te la luce e il colore?

La luce ed il colore fanno parte degli strumenti che sapientemente un artista dovrebbe saper usare.

Per me sono molto importanti perché spingono un’opera esattamente verso l’emozione che voglio suscitare nell’ osservatore.

Grazie Sara per la tua disponibilità e il tempo a noi dedicato

Alessio Musella

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