Intervista a Daniela Cavallo Di Chiara Canali.

Daniela Cavallo
Daniela Cavallo

Daniela Cavallo, nata a Ostuni (BR) nel 1982, è una fotografa e pittrice digitale che cattura elementi di persone e paesaggi esteriore per far emergere “ciò che vede dentro se stessa”, trasformando l’opera nel riflesso della propria sensibilità e interiorità.

Il linguaggio di Daniela Cavallo porta avanti una linea di rigore formale che si esprime attraverso una grammatica visiva di luce e colore.

Questa energia di colore e luce nasce dal processo di attraversamento e spostamento dell’uomo all’interno della natura, che imprime segni al paesaggio e al contempo si lascia plasmare e influenzare nel suo intimo.

Come nella serie “Happy Hours”, pittura digitale di immagini disegnate a mano e rielaborate poi con computer, nate dal bisogno di trovare nell’arte un rifugio dai dolori della vita.

“Ore felici” immerse nelle passioni preferite dell’artista: l’arte, il disegno e il colore.

1. Il tuo primo contatto con l’arte?

Avevo 10 anni, all’interno della sala delle Asse del Castello Sforzesco, mi commosse l’idea di “sapermi” nello spazio in cui  Leonardo aveva operato, esprimendo il suo genio artistico.

Fui immensamente scossa dallo spazio immutato nel tempo, testimonianza  presente del suo agire da artista. L’arte è un concetto indefinibile a mio parere, lo vivo come una qualità dell’anima.

2. Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Essere artista, seconde me, comprende sia la passione che la professione. A 10  anni sapevo

di essere un’artista o qualcosa del genere; a 25 anni, quando ho cominciato a vendere, ho capito  che poteva essere anche una professione.

3. La tua prima opera d’arte?

Ahahh… mi risulta difficile risponderti. Posso dirti che quando c’è un’intenzione nella creazione, l’artista diventa un ponte, un tramite  attraverso cui l’arte scorre. La mia prima opera d’arte è l’inizio di quel ponte.

4. Per fare arte bisogna averla studiata?

No, ma bisogna studiarla per essere consapevoli di esistere  innanzitutto come esseri umani e poi, come artisti, per non ripetere quello che è stato già creato.

5. Come scegli cosa rappresentare?

Amo i ritratti, i paesaggi… l’oggetto del desiderio cambia a seconda del mio sguardo, e io cambio ogni giorno.

6. Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

La mia prima esposizione fatta a Ostuni, a palazzo Tanzarella, con l’aiuto di mia cugina, mia zia e tutta la mia famiglia.

Nel laboratorio dettai la frase per la locandina, le stamparono tutte  con un errore: “innaugurazione” con due enne… Togliemmo quella in più, a mano, con una biro.

7. Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Francesca Woodman…le chiederei “Lo rifaresti?”

8. Se incontrassi te stessa a 18 anni cosa ti consiglieresti?

Non ti curar di loro, c’è troppa luce qui e fuori è notte.

9. Quanto conta la comunicazione?

Moltissimo, sogno una comunicazione più profonda e meno “catchy”, ma che possiamo fare?

The show must go on.

10. Cos’è per te l’arte?

Uno dei modi per realizzare la mia missione d’anima.

11. Cosa ti aspetti da un curatore?

Io sono fortunata, in passato ho collaborato con te e ora con Alessia Locatelli e ho sempre trovato tanta professionalità ed empatia, proprio quello che mi aspetto da un curatore. In particolar modo, in quest’ultimo periodo ho riscoperto la bellezza della collaborazione tra donne.

12. Cosa chiedi ad un gallerista?

La figura del gallerista per me è un po’ “passata”. Io amo i progetti, lavoro con il pubblico e il privato, sposando delle cause.

13. Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

A breve mi potrete trovare su Looking for art con la serie “Happy Hours” una serie di disegni che nascono su carta e che poi io rielaboro con i software.

È un e-commerce gestito da ragazzi in gamba che manifestano oltre all’aspetto imprenditoriale anche una, indispensabile per me, sensibilità etica.

Grazie per il tempo a noi dedicato

Chiara Canali

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