(Legno, ferro, vetro 100×70)
“La magia è un ponte che ti permette di passare dal mondo visibile in quello invisibile. E imparare le lezioni di entrambi i mondi.
Paulo Coelho
Una figura si muove, tra la folla, con il proprio strumento: tocca, deciso, le corde del contrabbasso… le pizzica, graffia, carezza, fa scorrere dita e palmi lungo le sottili levità, perché esse rispondano.
Nascono, da quella giocosa ridda, umori musicali, che seducono l’aria, riempiendola di una viva malía.
Come un vinoso nettare, essa ubriaca la folla, annichilendone la volontà. Luigi Arpaia preserva vivo, bruciante, il ricordo di quest’intensa esperienza; la memoria di quest’ultima attraversa, però, una catarsi, passando tra le trame del suo talento.
Così, l’autore Pugliese separa “orditi e trame” di questo tessuto esperienziale, complesso per implicazioni fisiche, emotive e psicologiche, personali e sociali: indova nella fermezza del ferro la capacità di suggellare la pienezza dell’istante, e forgia, uno alla volta, quei millesimati fili, componendo l’assurdo di un reale immaginario.
Realizza allora l’architettura onirica di quel sortilegio: tra sinuosità e severi tratti ferrei, egli ama una presenza irreale e senza tempo.
L’autore chiama a ruolo, poi, vitree note colorate, che riempiono i righi di quel pentagramma magico.
Le note tonali vivificano la sensatezza del risveglio dell’anima e dell’atmosfera, suscitato dal concertistica: microcosmi molecolari fioriscono, come voce di inusuali suoli o realtà umane. Questa sinossi così peculiare appare su un ligneo foglio bianco: Luigi Arpaia si esprime, in questo senso, come poeta delirante, di una novella pagina favolistica.
Questa opera è presente Wow collettive d’arte presso Villa Bertelli a Forte dei Marmi
