Intervista a Carlo Micheli.

Carlo Micheli
Carlo Micheli

Abbiamo scelto di intervistare Carlo Micheli, critico d’arte e curatore, responsabile per oltre trent’anni dell’ufficio mostre del comune di Mantova per conoscere meglio uno dei professionisti più preparati nel “Sistema Arte” Italiano.

Lasciamo a lui il compito di raccontarsi attraverso le risposte alle nostre domande:

Il tuo primo contatto con l’arte?

Chi per fortuna (o gucciniana sventura) è nato in una città come Mantova, l’arte la respira da subito, come l’odore del lago o il tanfo dei maiali.

Ma tornando indietro nel tempo, giusto per non apparire reticente, ricordo la mia prima visita al Santuario delle Grazie, un suggestivo intrico di fede e superstizione, una wunderkammer con tanto di coccodrillo appeso al soffitto, carica di ex voto e parti anatomiche offerte alla divinità.

Credo che quella visione apocalittica e sfacciatamente ridondante abbia segnato indelebilmente il mio senso estetico…


Che formazione hai avuto?

Liceo Classico, Lettere…DAMS, inteso come Musica e Spettacolo.

L’Arte come passione profonda, quasi clandestina.

Poi l’avventura di Palazzo Te, la mostra di Giulio Romano, la creazione dell’Ufficio Mostre, la gestione contemporanea di vari spazi, le centinaia di mostre “chiavi in mano” Realizzate per conto del Comune di Mantova.


Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Diciamo che ho gestito con professionalità il mio amore per l’arte, che non ha mai cessato di essere passione e mai è divenuta una professione nel senso routinario della parola.

Nel tempo mi sono formato interfacciandomi con gli artisti e approfondendone la conoscenza, perché, come direbbe Gombrich, “l’arte non esiste, esistono gli artisti” ed è per loro tramite che diamo senso alla nostra passione.


Come scegli i progetti o gli artisti da seguire?

Nei modi più svariati.

Talvolta perché rientrano in un progetto in elaborazione, talvolta perché ne sono gli ispiratori.

Succede pure di essere scelti…

Non avendo preclusioni di alcun tipo, seguo decine di artisti, semplicemente perché ne apprezzo il lavoro e ne condivido le scelte.


Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

Stavo curando un lavoro di Dario Fo riguardante i Trionfi del Mantegna.

Un giorno lo condussi, su sua richiesta, in un quartiere degradato di Mantova di cui aveva letto sul giornale locale.

Rimase in silenzio mentre percorrevamo quelle strade affossate tra case anonime e sovraffollate.

Poi imboccammo il ponte di San Giorgio, l’ingresso principale della città, col castello di Bartolino da Novara e lo straordinario skyline della Mantova antica.

Lo sentii borbottare: “Quattrocento anni di tirannia hanno prodotto questo capolavoro, pochi decenni di democrazia quell’obbrobrio…

Forse dobbiamo pensare di riformulare alcuni concetti!”. …Detto da lui!


Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Vorrei incontrare Michelangelo e visitare con lui la Cappella Sistina, per vedere le sue reazioni dopo il restauro…


Quanto conta la comunicazione?

Da uno a dieci… Mille.

Purtroppo però conta altrettanto per gli ignoranti, i beceri, gli incapaci, che bombardano i social con pastasciutte, mici, frasi fatte, banalità insostenibili, diluendo non poco l’efficacia dell’informazione.


Oggi consiglieresti l’acquisto di un emergente come investimento?

photo by DUZ – David Umberto Zappa.

Assolutamente sì!

Non mi sono mai occupato degli aspetti commerciali legati all’arte, che ritengo essere appannaggio degli artisti stessi e dei galleristi.

Dunque non riesco a percepire l’arte come un investimento economico.

Un’opera d’arte, a mio avviso, va scelta rispettando il nostro gusto personale, la nostra cultura.

La sua fruizione deve procurarci piacere, meraviglia, curiosità, qualità che spesso si trovano negli artisti in ascesa, più che in chi si è ormai “adagiato” sul guanciale del successo.


Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

La differenza sta nel fatto che in Italia siamo circondati dall’arte del passato, la qual cosa crea dei pregiudizi, soprattutto nel nostro modo di percepire l’arte contemporanea.

In altri paesi di cultura più “recente” Il rapporto con la contemporaneità è più libero, più aperto, meno soggetto a condizionamenti.


Cos’è per te l’arte?

È il frutto dell’ingegno umano.

Esiste l’arte del ricamo, l’arte della panificazione, quella della guerra…

Per questo tengo separato il concetto di arte da quello di artista.

Non tutti coloro che abbracciano un’arte sono da considerarsi artisti, anzi…


Per proporre arte bisogna averla studiata?

Certo che sì.

L’arte è ricerca, intuizione, preveggenza.

È espressione del proprio tempo quando non anticipazione del futuro.

Se non c’è innovazione, superamento costante delle norme estetiche consolidate, non esiste una dimensione artistica culturalmente apprezzabile e tutto ciò si ottiene attraverso lo studio e la conoscenza.

Cosa chiedi ad un Gallerista?

Di essere mosso dalla passione, dall’entusiasmo, dall’onestà intellettuale.

Solo così il suo ruolo si può evolvere, passando dal piano meramente commerciale a quello culturale.


Cosa pensi dell’editoria di settore?

Con l’avvento della stampa digitale un catalogo costa come una cena al ristorante anzi, in trattoria. I grandi editori si rifugiano sul rifacimento dei classici o sulla documentazione di quelle mega-mostre collettive dove gli artisti (o per meglio dire i partecipanti) pagano per essere presenti in catalogo.

Che differenza c’è tra curatore e critico d’arte?

Spesso i due ruoli, ormai, si sovrappongono. In teoria dovrebbe esserci la stessa differenza che intercorre tra chi cura la regia di uno spettacolo e chi ne giudica la qualità, ma quello dell’arte è un mondo molto chiuso, in cui solo certi artisti, galleristi, critici e curatori costituiscono una realtà parallela, un nucleo di potere impenetrabile.

Va da sé che il critico diventa uno scrittore a pagamento che non può esprimersi se non in termini elogiativi…

Grazie per il tempo a noi dedicato e per la piacevole chiacchierata.

Alessio Musella

Intervista in collaborazione con Figurabilia

Foto in copertina di DUZ – David Umberto Zappa.

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