“Se potessi esprimerlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo”. Edward Hopper

Edward Hopper
Edward Hopper

In ogni suo dipinto, Edward Hopper, esplora la vita della città moderna.
Rappresenta tavole calde, vetrine di negozi, paesaggi e caffè.
Stati di turbamento e alienazione ne pervadono l’opera.
Secondo critici d’arte europei  è un’artista che avvalora l’immagine che loro stessi hanno dell’America.
Le mostre con le quali sul finire degli anni Settanta conquista non solo un pubblico tedesco, ma anche europeo, sempre più vasto, pongono in evidenza come la sua arte non è riconducibile a un particolare stile pittorico o a una determinata scuola americana.

Fondamentali sono i soggetti, mentre le svariate “scene” offrono una doppia codificazione.
Tanto la raffigurazione dell’ambiente, quanto la precisione realistica dei dettagli, sono affrancate al principio di “straniamento” che evidenzia le spaccature insite negli aspetti della vita delineati.
I tratti realisti, spesso, sono esasperati al punto da permettere l’insinuarsi di ciò che non è effettivamente raffigurato o assegnano al reale un effetto fantastico.

Gli sguardi dalle finestre e i paesaggi dipinti da Hopper sono raffrontati (con l’esatto spostamento temporaneo che funge da palo tra pittura moderna europea e quella americana) a immagini di finestre che, nel romanticismo europeo, indicano l’arrestarsi del processo di civilizzazione e un distacco dell’individuo dalla natura.

Mara Cozzoli
Caporedattore Milano Più Sociale.

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Catinca Tabacaru, Gallerista Glob-Trotter.

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