Potrà sembrare monotono, o scontato, ma a me , come uomo, come amante della fotografia e come editore , se devo capire il lavoro di un fotografo, la prima domanda che mi viene spontanea è proprio chiedere
Cos’è la Fotografia per te ?“
E proprio da qui inizia l’intervista a Elisabetta Valentini.
Ne è scaturita un intervista profonda , nella quale , rileggendola, esce l’anima di questa Donna, Modella di successo, scrittrice , fotografa che ha vissuto il mondo del Fashion System ai massimi livelli, sapendo scegliere…Buona lettura
Mi chiedi che cosa è la fotografia
una domanda complessa a cui cerco di dare la risposta più semplice la fotografia è scrivere con la luce.
Poi mi chiedi che cosa è per me la fotografia
io raccolgo la sfida e mi impegno a darti una risposta profonda e sincera ma soprattutto semplice :
la fotografia per me è gioia.
Ora mi chiedi di spiegare quella gioia.
Ascolta, la fotografia è come la scrittura, un mezzo per solitari.
Basta una macchina fotografica e la propria sensibilità, non serve altro.
Io sono una solitaria. Il miei mezzi di espressione sono la scrittura e la fotografia.
In fotografia si può affidare ad un solo scatto il racconto di una storia.
Ed è per questo che a me non basta una bella immagine, la struttura perfetta, la forma che diventa bellezza, quell’immagine deve anche emozionare, suggerire, deve essere capace di far entrare in un mondo, quel mondo che altro non è che il mondo di chi fotografa.
Qui c’è il profondo desiderio del solitario, direi il vizio del solitario; entrare in relazione con il mondo.
La cosa più difficile è esprimere questo nella maniera più semplice, immediata che si può risolvere in un attimo.
Un attimo che ha del sacro, basta pensare che in quell’attimo molte fotografie dei grandi hanno raggiunto l’eternità .
Siamo bombardati da immagini, la sfida è sempre più ardua, trovare un modo nuovo, diverso, qualcosa che puoi esprimere solo tu, perché oltre ad essere un fotografo sei un essere umano capace di guardare e di vedere qualcosa che per gli altri rimarrebbe non vista.
È un vizio fotografare, un vizio che mi appartiene, ho sempre qualcosa da fotografare, non passa giorno che non scatti una fotografia, è azione immediata, vitale, destinata alla mia meraviglia e spero all’ emozione di chi guarda. Senza fotografare ogni giorno, per me è come vivere bendata. Fotografare mi astrae dal tempo, dal mondo, mi impegna in profondità, una fusione di cuore mente corpo, per poi riconsegnarmi al tempo e al mondo.
Ora mi chiedi quando ho cominciato a fotografare e che tipo di fotografia prediligo.
Non c’erano in famiglia fotografi e nemmeno appassionati. Ma ora che mi ci fai pensare la mia storia con la fotografia è iniziata dall’assenza. L’ unica cosa che mio padre aveva lasciato prima di andarsene, avevo 6 mesi di vita, era una macchina fotografica tedesca, con una bella custodia in cuoio, mia madre la teneva come una reliquia. Non ha mai funzionato.
Il vizio della fotografia è venuto dopo, prima c’è stata la scrittura.
All’ inizio fu il viaggio. Una fotoreporter che ha passato anni fotografando luoghi e volti, dalla Cina all America, dall’Europa all’Africa. I volti, le case, i gesti, i costumi.
Ho consumato pellicole e passi, ho imparato l’attesa e il rispetto. La mia scuola sono stati i campi innevati, i deserti pietrificati, le strade del mondo. Ho Imparato a cogliere l attimo, a scegliere al volo il momento migliore, a scattare con rapidità e precisione.
Bastava una barretta di cioccolato in tasca a sostenere la fatica di un giorno. Guardavo al mondo con quella curiosità che è fame di avventura, di conoscenza.
Per me, davanti ai miei occhi accadeva qualcosa di vivo destinato a volar via. Ora che mi ci fai pensare, c’era quasi un imperativo, una specie di urgenza occulta che mi spingeva a documentare qualcosa che era comunque destinato a scomparire.
Poi c’era la magia della pubblicazione, le immagini prendevano luce e corpo e si spiegavano in doppie pagine o in invitanti copertine dei giornali specializzati.
Contribuivo così a rendere possibili i sogni di molti.
La bellezza dicevi non ti basta in una fotografia…
Bellezza è importante ma non senza contenuto.
Mi spiego meglio.
Amo fare i ritratti.
Quando faccio i ritratti tutti mi dicono che sono una ritrattista. La mia più grande soddisfazione è quando l altro tenta di sottrarsi dicendo: io vengo male .
Con me il ritratto diventa un esperienza, un atto liberatorio, si lasciano tutte le rigidità, si lascia che la bellezza che c è in ognuno di noi emerga. ed è cosa bellissima.
Accade ad ognuno, anche a chi pensava di venire male.
In una esposizione di qualche anno fa c erano più di 70 ritratti di donne, donne di ogni eta’.
Ah … credimi! quelle 70 fotografie gridavano bellezza.
Oh quanta bellezza c e in ognuno di no!
Non ha bisogno di essere controllata la bellezza, bisogna lasciarla fluire, non si ferma in nessun protocollo, non abita certo lo stereotipo, la bellezza è viva e cangiante, la bellezza è caratteristica dell’ anima.
Io sono molto interessata alla delicatezza della natura umana.
Si molto.
È la bellezza che amo fotografare.
Per una solitaria però …
Si è vero può sembrare un controsenso, ma vedi ci vuole molta dedizione affinché con l’ altro, l’ oggetto soggetto fotografato, accada l’ esperienza della bellezza.
La mia dedizione è tale che quasi scompaio, mi annullo, non dirigo, non esprimo potere, lascio che tutto fluisca nella più profonda fiducia.
Parlami della tua fotografia d’arte.
A parte i lavori commissionati, con il progetto “Alza gli occhi e guarda” e’ iniziato il mio percorso con la fotografia fine art. In quel reportage su Napoli la fotografia si e rivelata un mezzo importante per cambiare in meglio realtà difficili.
Si all inizio fu Napoli il quartiere Sanità. Un lavoro molto interessante ed estremamente contemporaneo, ottenne il riconoscimento del capo dello stato .
Una cosa simile l’ho vista molti anni dopo, realizzata da Agnes Varda nel suo ultimo film Facevillage.
Ridare orgoglio di appartenenza attraverso la fotografia a coloro che troppo spesso sono dimenticati.
Alza gli occhi e guarda ha rappresentato per me la fine del reportage e l inizio della fotografia d’autore.
Ora nelle mie fotografie non c’e’ quasi più traccia dell’anelito all’ altro.
Ora sono fotografati principalmente stati psicologici, dettagli del corpo, quasi esclusivamente fotografo il mio corpo, inserito in un quotidiano, in uno spazio interno o esterno immagini che vivono di sola luce naturale.
Ora il vizio del solitario è portato al suo estremo si è spogliato di tutto, viaggia in stanze allestiste che sono principalmente stati dell’anima.
Molto evidente nella serie My days.
Ma anche quando l’io si guarda intorno nel tentativo di uscire fuori da se stesso ritrova la stessa messa in scena: il suo interno, il suo buio e nel contempo il suo rovescio luminoso come nella serie
Point is you.
La fotografia vuole sfuggire alla morte, la fotografia è cosa viva, in continua evoluzione. Io come artista vivo con la fotografia, occhio amante, in uno stato perenne di sperimentazione.
Grazie Elisabetta , davvero non potevo ricevere migliori risposte …