Roberta Fiamma Guiducci, Art Advisor

Roberta Fiamma Guiducci
Roberta Fiamma Guiducci

Consulente d’arte specializzata in arte moderna e contemporanea. I

Oggi grazie al suo Background accademico e le sue esperienze internazionali è una ricercata Art Advisor  e Founder di  “The Art Time” realtà consulenziale che si occupa a 360° del mondo dell’Arte.

Abbiamo fatto qualche domanda a Roberta Fiamma Guiducci per farci raccontare da lei il suo punto di vista sull’universo Arte e non solo.

Il tuo primo contatto con l’arte?

Il mio primo contatto con l’arte risale all’infanzia, quando mia madre mi mostrò dei libri illustrati con dipinti dall’antichità ad oggi; a 6 anni e mezzo incontrai Rinascimento e antichità al Louvre, nel primo viaggio all’estero con i miei genitori, e rimasi rapita dall’atmosfera.

Credo che il mio piacere nel vedere mostre risalga a quel ricordo di bambina, estatica, mano nella mano con mia  madre difronte a capolavori che scrutavo, a metà strada  fra l’intimorita e l’appassionata. Ho un ricordo preciso del mio incontro con la Gioconda, della conversazione, da bimba di sei anni, con mia madre poco dopo.

 L’Arte è la Madre, dice la psicanalisi, il diritto è il Padre.

Ecco, ero con mia madre e mio padre difronte a un mondo nuovo e per me misterioso, irresistibile.

Un altro incontro decisivo è stato alla scuole medie, con il libro di Arte che mostrava dei Klimt e Picasso di cui mi innamorai, letteralmente.

E credo che fu lì, in quel preciso momento, che ho avvertito che quel tipo di linguaggio, oltre che ad interessarmi intellettualmente, mi faceva stare bene, mi faceva sentire viva, leniva i primi disagi esistenziali dell’età.

Un altro e ultimo incontro decisivo, il libro L’arte contemporanea di Renato Barilli, che lessi al Liceo Classico su suggerimento della mia amata professoressa di arte.

Lì, ho deciso che non ne avrei mai più fatto a meno.

Che formazione hai avuto ?

Dopo il liceo classico, per anni mi son persa in studi giuridici, per poi laurearmi da molto grande, dopo anni di lavoro in gallerie d’arte locali,  in Arti Visive all’Università di Bologna, in Psicologia dell’arte, con una tesi sul Perturbante nel Doppio ritratto, con il professor Stefano Ferrari.

Subito dopo, sono partita per Londra, che era un po’ la mia idea originaria, dove mi son specializzata in Modern and contemporary art and art world market nel 2015, presso Christie’s Education, sotto l’egida della prestigiosa University of Glasgow.

Una laurea impegnativa ed avventurosa, di cui ho apprezzato il mix perfetto fra preparazione accademica, al mattino, e continui workshops pratici pomeridiani, divisa fra case d’asta, studi d’artista, musei, istituzioni, fondazioni ed esperti che venivano a tenere conferenze e lavorare su case studies.

Un’occasione unica di lavorare in modo teorico e pratico, in un ambiente internazionale con compagni da tutto il mondo e di tutte le età, dai 23 dai 56 anni. Davvero un’occasione speciale per perfezionarsi e stabilire contatti preziosi.

Secondo Federico Zeri questi masters di Christie’s e SOtheby’s erano dal punto di vista accademico formulati in modo pressochè unico e la mia impressione è assolutamente positiva e sono grata di quello che mi è stato offerto.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Seriamente, quando con passione e determinazione mi sono rimessa in gioco e sono tornata sui libri per dare uno scatto davvero professionale alla mia preparazione.

Sono una persona in costante desiderio di apprendimento, nel 2018 ho frequentato dei corsi di aggiornamento e preparazione per Art Advisors a Roma e sono sempre in cerca di miglioramenti e approfondimenti, nonostante io stessa , fra le mie varie attività,  insegni presso corsi di alta formazione post laurea.

Come scegli i progetti o gli artisti da seguire?

In realtà, spesso sono loro che trovano me o attraverso il passaparola o mediante Instagram o Google, avendo un sito professionale.

Collaboro con colleghi a Roma e Zurigo e in questo ultimo anno è stato tutto molto legato a canali virtuali, LinkedIN ha funizionato benissimo e con molti colleghi e artisti sono nate collaborazioni positive.

Mi occupo molto di transazioni e aste, negli ultimi anni, in un mix di contatti personali e anche web, dato il momento particolare che il mondo sta attraversando, a  causa di  questa pandemia problematica.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso ?

Quando passeggiando per gallerie alla ricerca di spunti a Mayfair, ho intravisto entrare da David Zwirner Germano Celant, l ‘ho visto passeggiare davanti a me a pochi metri, io che avevo scritto una tesi di Master Literature a Londra sull’Arte Povera . Un’emozione e un sorriso che non scorderò, a maggior ragione oggi che è purtroppo mancato.

Se potessi incontrare un artista del passato , chi e cosa gli chiederesti?

Vorrei incontrare Matisse, che con Picasso formava la coppia di opposti dell’avanguardia di inizio Novecento, era un artista vitale e decorativo quanto Picasso era cerebrale e mentale; vorrei sedermi su una delle sue famose poltrone, alcune delle quali visibili al Museo Matisse di Nizza, e ascoltarlo senza fretta raccontare, con la sua nota pazienza, di come assemblava i suoi cut outs.

Credo resterei stregata dalla complessità di lavoro che c’era dietro, e dai colori stesi davanti a me.

Oltretutto, fu un uomo dalla lunga e travagliata vita, con molti problemi di salute che non gli impedirono di creare, questo lo trovo di una forza vitale unica e lo ammiro.

Slancio vitale, autentico e faticoso,  allo stato puro.

Quanto conta la comunicazione ?

Fra individui e sul lavoro, moltissimo, ma nel senso positivo e costruttivo del termine: parlare, dibattere, non avere paura di affrontare ostacoli e problematiche.

Ovviamente, sapere comunicare in un certo modo, ammiccante ed assertivo, è importante e aiuta moltissimo sul lavoro, nel presentare progetti, artisti, opere.  Non deve però essere il fine, deve essere un mezzo per realizzare progetti di valore, per rapporti di lavoro il più possibile costruttivi e proficui.

La comunicazione per la comunicazione mi lascia abbastanza indifferente!

Oggi consiglieresti l’acquisto di un emergente come investimento?

Il mercato degli artisti emergenti è quello in teoria più appassionante ma anche aberrante: vige la regola del nobody knows, nessuno sa se davvero l’investimento sarà proficuo o se l’artista resterà un po’ a margine.

Chi vuole speculare, punta su questo mercato, perché parte con una spesa iniziale relativamente contenuta e ha la possibilità negli anni, parecchi anni, di vedere salire vertiginosamente le quotazioni di un artista.

Deve però mettere in conto la possibilità che non avvenga, accettare il rischio e diversificare il più possibile il portafoglio.

L’occhio preparato di un consulente d’arte dovrebbe proprio servire come punto d’appoggio esperto per vagliare offerte, proposte, nomi e tipo di opere.

Questo è un momento in cui il secondary market ha avuto un incessante sviluppo, ma è una parentesi delicatissima di un mondo dell’arte ancora parzialmente sospeso ,con fiere quasi solo online ed eventi rimandati.

Ciò non toglie che valga sempre la pena, per lo speculatore e l’appassionato, mettersi alla ricerca di nuovi talenti su cui puntare i propri interessi e le proprie carte.

La passione è la molla principale con gli emergenti, concordo con la collezionista e mecenate di origini italiane Valeria Napoleone, che compra sì per interesse ma soprattutto per passione, con grande acume e selettività, avendo lei puntato su opere femminili di avanguardia contemporanea.

Il discorso però vale per tutti : la passione è la molla principale per questa fetta di mercato.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

Io credo che la passione per l’arte e l’interesse per l’arte sia uguale, ma è diverso il peso del volume d’affari, l’Italia pur essendo molto attiva sia nel mercato primario che secondario ha comunque una fetta molto piccola del mercato globale, in cui svettano Usa e Uk e attualmente anche i Paesi asiatici.

Poi, farei una premessa.

La consacrazione di un artista avveniva, molto tempo fa,  a opera del museo o della critica d’arte e, successivamente, del mercato; quest’ultimo, di fatto, si trovava a ratificare le scelte sugli artisti compiute ‘fuori’ di esso.

Così è accaduto per alcuni grandi nomi dei movimenti artistici storici italiani.

La consacrazione commerciale di un artista, quindi, avveniva – e in parte avviene tuttora – prima a livello istituzionale o, meglio, grazie allo storico dell’arte o del critico, e poi da parte degli operatori commerciali e dei collezionisti che, agendo sul prezzo di ciascuna opera, non incidevano sul riconoscimento del valore artistico intrinseco dell’opera stessa o del suo autore, ma solo sul valore d’acquisto.

 Oggi sta avvenendo un cambiamento di tendenza che è possibile definire epocale: le interrelazioni tra storia dell’arte e mercato dell’arte sono fortissime, e quasi sempre è il mercato a influenzare il mondo istituzionale o le valutazioni dello storico dell’arte; non esiste artista contemporaneo, riconosciuto come tale, che non sia stato prima consacrato dal mercato e dai collezionisti nel momento in cui decidono se acquistare o meno, e a quali prezzi, le sue opere.

Diventato l’artista un ‘fatto’ di mercato sufficientemente forte o rilevante, che in genere significa internazionalmente affermato, consegue il riconoscimento del suo valore da parte del museo.

Penso ai casi di Hirst e Koons, che sono i più eclatanti, ma vale in generale per i grandi attori del sistema.

Oggi, all’estero, ci sono sinergie particolari che ancora in Italia non sono così spiccate.

Esiste una sinergia fattiva e lungimirante tra il museo, dove avviene la consacrazione istituzionale di un artista, la casa d’asta, dove negli ultimi anni si sono avute le più alte aggiudicazioni degli stessi, e il collezionista, anello fondamentale di connessione del sistema; si è innescato un sistema virtuoso, che ha portato alla valorizzazione nazionale e non solo di questi artisti, i quali – benché rappresentino temi, stili e problematiche distinti – sono stati sostenuti a tal punto da essere attualmente tra i più apprezzati e ricercati.

Questo meccanismo di condivisione sinergica degli sforzi, finalizzata alla propositiva valorizzazione sistemica degli artisti, si è verificato all’estero anche per autori già storicizzati come, per es., gli statunitensi Cy (Edwin Parker) Twombly (n. 1928) e Mark Rothko (1903-1970) o l’inglese Francis Bacon (1909- 1992), le cui esposizioni di livello internazionale in diversi musei del mondo vengono organizzate parallelamente alla vendita delle loro opere presso le più accreditate case d’asta del mondo.

In Italia, purtroppo, si assiste assai meno a un tale rapporto sinergico tra i diversi esponenti del mondo dell’arte: è questa forse una delle principali cause per cui gli artisti italiani partono svantaggiati rispetto a quelli stranieri, in termini di riconoscimento pubblico e di prezzo.

Un notevole passo avanti è stato compiuto, nell’ultimo decennio, da alcune iniziative di tipo commerciale: le fiere-mercato nazionali e internazionali, caratterizzate da una forte presenza di artisti italiani anche all’estero e le aste esclusivamente dedicate all’arte italiana.

Cos’è per te l’arte?

Concordo con Goethe : l’arte è il modo migliore per uscire dal mondo ed il sistema migliore per entrare nel mondo. Vale come creatività che sorvola sulle brutture della vita ma vale come mezzo di comprensione del mondo e della realtà tout court.

E’ una branca perfetta!

Per proporre arte  bisogna averla studiata?

Personalmente credo molto all’intuito e all’istinto, ma che devono poggiare su solide basi storico critiche. Non posso pensare a un esperto che ignori la storia dell’arte e non conosca le dinamiche complesse di questo mercato. Credo a un mix di preparazione, intuito personale e determinazione.

Cosa chiedi ad un Gallerista ?

Ci sono gallerie diverse, specializzate in ambiti diversi.

Chiedo a tutti i galleristi però che abbiano e mantengano la passione per ciò che fanno e che non lo considerino solo un mezzo di scambio commerciale, viceversa si toglie all’arte tutto il suo potere di creare divergenza, spunti, visioni, si toglie quindi tutto ciò che di vitale ed essenziale l’arte è. La si snatura, togliendole l’Aura e lasciandole solo il valore di scambio.

Suona idealistico? Forse, ma non credo che senza passione sia possibile essere davvero un gallerista.

Cosa pensi dell’editoria di settore ?

E’ molto ricca, molto variegata, si va dal cartaceo al web, dalle riviste d’avanguardia  più per addetti ai lavori a quelle più divulgative per soli appassionati . Ritengo ci sia molta offerta obiettivamente.

Amo consultare The Art Newspaper ma anche riviste  più estetico-filosofiche, molto più intellettuali, stimolanti per approfondire.

Un’eredità di Londra!

L’arte in Tv, meglio raccontarla  o proporla commercialmente ?

Penso ci sia spazio per entrambe le cose.

Commercialmente in tv però l’arte soffre un po’, temo venga un po’ banalizzata, la democrazia del gusto non so quanto bene faccia alla qualità.

Detto questo, personalmente preferirei raccontarla, perché l’Arte ha bisogno di avere un dibattito vitale attorno a sé, c’è bisogno di idee, provocatorie o meno, ma c’è bisogno di fermento creativo e critico, per mantenerla viva e sì, anche farla circolare, commercialmente parlando.

Grazie Roberta, davvero una piacevolissima e interessante chiacchierata

Alessio Musella

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