Il Mondo Surreale di Riccardo Fissore

Riccardo Fissore
Riccardo Fissore

Dalì, Serafini, De Chirico sembrano vagare sulle tele di Riccardo Fissore, in un mondo che a tratti ricorda il romanzo di Lewis Carroll, Alice nel Paese delle meraviglie, di certo ha un suo modo per raccontare il quotidiano e l’epoca in cui stiamo vivendo.

Abbiamo fatto poche domande all’artista Torinese, per conoscerlo meglio, non solo artisticamente parlando :

Il tuo primo contatto con l’arte?

Il mio primo contatto è avvenuto da bambino. Avevo 4 anni ed avevo la fortuna di abitare a Rivoli, in provincia di Torino, cittadina sede di uno dei più importanti musei d’arte contemporanea d’Italia, appunto il Castello di Rivoli. Lì mi portarono i miei genitori a vedere una mostra dedicata all’astrattismo. Non ricordo esattamente gli artisti presenti, ma solo masse di colori informi su tele gigantesche, oltre a credere che una mostra fosse la moglie di un mostro!

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

L’ho capito proprio nel momento in cui mi sono bloccato e per un lungo periodo non ho più toccato un pennello. Fosse stato un semplice hobby, questa mancanza non mi avrebbe portato ad una sorta di senso di colpa, quasi come vi fosse una parte di me a cui non consentivo di esprimersi e che tenevo relegata in un cantuccio buio. Nel momento in cui l’ispirazione è tornata, ho compreso di essere legato a filo diretto con la mia parte creativa, che essa fa proprio parte della mia visione del mondo e del mio futuro anche professionale.

La tua prima opera?

Se vogliamo considerare la mia prima “vera” opera (escludiamo i classici paesaggi che non mostrerò mai a nessuno), si tratta di una mela pianeta Terra rosicchiata, alla cui sommità vi è una sorta di souvenir, una boccia di vetro con la neve. Al posto del classico monumento, vi è una normalissima villetta. Il tutto è ambientato sulla Luna… Il titolo è “Tutto subito”.

Per fare arte bisogna averla studiata?

Non viviamo più nel periodo delle accademie e della tecnica perfetta a tutti i costi. Molti dogmi sono stati infranti nel tempo. Vi sono artisti con una tecnica eccellente a cui peró manca una propria visione e personalità, cosí come artisti autodidatti con una creatività e originalità incredibili. Penso che gli stimoli possano venire dagli ambiti più disparati, non soltanto dal classico studio scolastico.

Come scegli cosa ritrarre?

Diciamo che ho due modalità opposte. La prima è partire da un’immagine che di solito scaturisce inconsciamente e all’improvviso, a cui solo in un secondo momento attribuisco un messaggio. La seconda è invece prendere come spunto un argomento ben preciso e ragionare sul simbolismo migliore per trattarlo.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

In un’esposizione che feci anni addietro, inserii alcuni miei dipinti all’interno di un ex carcere di Torino. Lì creammo una sorta di installazione all’interno di una cella.

“L’impero dei Furbi” 2010

Dallo sportello della porta chiusa di una cella, si poteva osservare un dito medio incoronato dritto negli occhi dello spettatore. Ricordo ancora con una sorta di soddisfazione i volti stupefatti dei visitatori una volta scoperto il contenuto della cella!

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Incontrerei sicuramente René Magritte, al quale farei una semplicissima domanda: Maestro, come fa ad ottenere quel maledetto e splendido blu crepuscolare dei suoi dipinti??

Quanto conta la comunicazione?

Detto da un timido imbranato nel settore, penso sia comunque fondamentale. Le opere non penso siano fatte per ammuffire in una cantina, sono in un certo senso create per essere esposte, avendo esse una funzione comunicativa, qualsiasi sia il messaggio che si vuole trasmettere. Il sapere comunicare e trasmetterle è quindi una questione fondamentale perché esse arrivino al pubblico. Insomma, bene o male, l’importante è che se ne parli!

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra l’Italia e estero?

Viviamo in un paese paradossale: trabocchiamo di arte, abbiamo avuto tra i più grandi geni artistici della storia, potremmo quasi vivere della sola arte che abbiamo da offrire, ma nonostante ciò la deleghiamo ad un ambito di pochi appassionati e non la valorizziamo come dovremmo, cioè come un pilastro del nostro paese. All’estero molto spesso hanno un patrimonio artistico nettamente inferiore, ma lo sfruttano appieno, poiché la cultura è vista come base per la crescita delle persone e come grande fonte economica. Credo che da noi vi sia lo stereotipo, ormai solido, dell’arte che “non fa mangiare”…

Cos’è per te l’arte?

Una necessità, una possibilità di dare voce a parti di me che altrimenti rimarrebbero mute.

Cosa ti aspetti da un curatore?

Che rispetti il mio non sapermi vendere! Lascerei a lui questo ingrato compito

Cosa chiedi ad un gallerista?

Che sia critico e onesto. Che investa sulla mia arte perché ci crede, la apprezza e ne coglie il suo valore.

Grazie per il tempo che ci hai dedicato Riccardo

Alessio Musella

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