Intervista a Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci (GEL) Curatrice e Critica d’Arte.

Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci
Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci

Abbiamo fatto qualche domanda a Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci Critica d’arte e curatrice per conoscerla meglio .

Primo incontro con l’arte

A tre anni, nello studio del mio nonno Andrea Nidiaci, pittore allievo di Giuseppe Tempestini (quest’ultimo era parte della conventicola di pittori toscani che gravitavano attorno all’ambiente del caffè de Le Giubbe Rosse a Firenze, composta da Soffici, Rosai, Capocchini e Conti): quel giorno volevo entrare in un quadro di nonno, un suo paesaggio.

I miei genitori poi, sin da giovani (sono stati genitori piuttosto giovani quindi sin già da quando ero piccola) collazionavano arte contemporanea, mi trascinavano alle mostre più belle della stagione e alle fiere di settore.

A 7 anni dopo la visita ad una mostra di Palazzo Grassi a Venezia, davanti alla granseola del ristorante La Madonna, chiesi ai miei genitori: “Qual è la differenza tra impressionismo ed espressionismo?” (true story!). 

Sono cresciuta con i cataloghi di Italian Factory sui tavoli di casa e con quella pittura appesa alle pareti. 

Che studi hai fatto? 

Studi classici, Liceo classico Niccolò Machiavelli di Lucca. La formazione classica mi ha lasciato tantissimo. Poi Scienze dei Beni Culturali all’Università di Pisa. 

Per parlare di arte è necessario averla studiata?

È necessario averla studiata e respirata se vuoi lavorare come operatore del settore culturale, se vuoi fare parte del sistema dell’arte. Ma bisogna ricordare che è importante anche l’opinione del pubblico (più o meno colto): la fruizione dell’arte scevra da condizionamenti è importantissima. 

Per vendere l’arte è necessario averla studiata? 

Dipende a chi la vendi. Se il collezionista è una persona attenta e sensibile è certamente molto importante essere preparati, ma quei collezionisti di solito sono i dealer di se stessi: a loro non puoi consigliare niente, sanno già cosa desiderano (tipo mio padre, ad esempio, ahahahahah). 

Un aneddoto che ricordi con il sorriso.

Qualche anno fa andai in studio da Giovanni Frangi, pittore di cui stimo il lavoro fin da piccola e che ho in collezione. Avevo scritto varie recensioni delle sue mostre su testate come Inside Art e Il Giornale, e per questo voleva omaggiarmi di una sua opera.

Aveva preparato sul tavolo 12 tecniche miste su carta tra le quali potessi scegliere il mio regalo, e mi disse che una di quelle era pubblicata, e che se avessi indovinato quale fosse sarebbe stato tanto meglio per me. “Quella!” dissi indicandone una delle 12, che ricordavo essere stata parte della mostra di Giovanni “Mollate le vele. Uno stendardo per Jonas” al MAXXI. Giovanni mi sorrise e rispose: “Beh, conosci veramente tutti i miei cataloghi a memoria!”

Come scegli gli artisti di cui parlare?

Per citare il mio amico gallerista Giampaolo Abbondio, direi che funziona come un innamoramento, un innamoramento per il lavoro dell’artista. 

Mi deve vibrare. Io non dico mai che un artista è bravo o non è bravo, dico che è forte o debole, a seconda del messaggio che le sue opere veicolano. 

Quanto conta il curatore per una mostra?

Il curatore conta molto, soprattutto se è un curatore capace, ma l’artista viene sempre prima di lui. Per me un curatore capace è come un bravo allenatore di calcio: tira fuori il meglio dai giocatori ma lascia che siano loro a fare la partita. 

Cos’è per te l’arte?

È praticamente impossibile riuscirne a riassumere l’importanza in poche frasi. L’arte è ciò che mi tiene viva e che m’invita ad una quotidiana lotta non violenta. L’arte è ciò che crea relazioni sociali come fossero ponti, che crea varchi che sono collegamenti disciplinari e umani. 

Se potessi andare indietro nel tempo, con quale artista di piacerebbe interagire e perché?

Potrei fare un lungo elenco degli artisti con cui mi sarebbe piaciuto confrontarmi. Certamente Pierre Bonnard, è il mio pittore preferito dal giorno 1.

E Vito Acconci, l’artista più artista di tutti, l’artista con la A maiuscola. Persino la sua forfora posata sul suo dolcevita nero era artistica. 

Cosa pensi dell’editoria di settore?

Penso che sia fondamentale a sostenere il sistema dell’arte, che debba focalizzare la sua attenzione sulla qualità del lavoro degli artisti più che sulla pubblicità, senza però risultare troppo esclusiva. 

Grazie Per il tuo tempo , e per le interessanti risposte

Alessio Musella

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