4 CHIACCHIERE CON l’ EDITORE DI FRATTURA SCOMPOSTA CONTEMPORARY ART MAGAZINE

Frattura Scomposta
Frattura Scomposta

Frattura Scomposta Contemporary Art nasce nel dicembre del 2004 con l’intento di portare alla luce artisti emergenti considerati di qualità, attraverso una selezione estremamente accurata, realizzata da un comitato scientifico formato da esperti d’arte di fama internazionale.

Ciao Sergio puoi brevemente presentarti al pubblico?

Vorrei innanzitutto ringraziare la redazione per avermi dedicato uno spazio all’interno di questa prestigiosa pagina.
Sempre difficile parlare di sé stessi senza cadere nell’auto celebrazione, andrò in modo schematico e sintetico, sperando in questo modo di non far torto a nessuno…
Ho 61 anni dicono ben portati e già questo è motivo di grande orgoglio per il sottoscritto… Sono laureato in Ingegneria Informatica e mi occupo di tutto ciò che riguardi questa immensa ed affascinante materia, con un occhio di riguardo ad un settore specifico quello dell’editoria digitale o elettronica che amo in modo viscerale dal lontano 1989.
Dal 1998 ho cominciato ad occuparmi anche di arte, l’incontro è stato quasi casuale ma è stato amore a prima vista.

Da quel momento ho cercato di legare la mia attività di informatico con l’affascinante mondo dell’arte visiva dando vita ad una serie di attività soprattutto online.
Attualmente alterno le mie attività editoriali con la progettazione e realizzazione di mostre istituzionali, all’insegnamento informatico a livello universitario in ambito comunicazione visiva.

Quando hai deciso di creare Frattura Scomposta?

Nel dicembre del 2004 durante le vacanze natalizie. Ad un certo punto ho ritenuto fosse arrivato il momento di realizzare qualcosa che unisse la mia passione smisurata per l’arte con le conoscenze tecniche e tecnologiche in ambito editoriale. In quel periodo che coincideva con il mio “irregolare coinvolgimento” presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, presi atto di due realtà piuttosto fastidiose che stavano sempre più prendendo piede all’interno dei meccanismi dell’arte contemporanea italiana:

1) l’estrema esterofilia del panorama artistico nazionale;

2) la quasi totale mancanza di supporto all’arte emergente nostrana, come se i nostri giovani artisti non fossero più in grado di fare buona arte e pertanto da non considerare.
Da questo mix di passione, sensazioni e una buona dose di scelleratezza, è nato il magazine digitale Frattura Scomposta che nel corso degli anni ha saputo trasformarsi, la duttilità del magazine ha portato alla realizzazione di mostre in spazi istituzionali e alla collaborazione con grandi strutture artistiche nazionali come ad esempio: Biennale Arti Visive di Venezia; MACRO Testaccio Roma; PAC Padiglione di Arte Contemporanea Milano; EXPO 2015; ecc. ecc.
Da queste prestigiose collaborazioni nazionali si è passati alla cooperazione con alcuni dei più importanti musei del mondo quali: Metropolitan Museum of Art di New York; Tate Modern di Londra e Centre Pompidou di Parigi.
L’ultima grande soddisfazione, in ordine di tempo, che si è potuto togliere il magazine Frattura Scomposta, è essere stato inserito all’interno del prestigioso progetto artistico online di Google, cioè Google Arts & Culture. Una vetrina d’importanza planetaria, all’interno della quale solo le più grandi e prestigiose istituzioni artistiche mondiali possono essere presenti ed in questo meraviglioso contesto è stata inserita “pollicino” Frattura Scomposta che in tale contesto è stata annoverata fra i musei mondiali… Ora FS, per Google ovviamente, è anche MUSEO (!!)
Naturalmente Frattura Scomposta propone, a queste importanti realtà, solo artisti che siano stati pubblicati, nel corso degli anni, all’interno dei vari numeri della rivista.

Quale dovrebbe essere il compito del curatore?

Potrei rispondere con un’altra domanda: siamo proprio sicuri che l’arte contemporanea abbia bisogno di questa controversa e alle volte sopravvalutata figura professionale?

Dicono non sia eticamente elegante rispondere ad una domanda con un’altra domanda, pertanto cercherò di fornire una risposta adeguata.
Intanto cosa si intende per curatore o curatore di mostre, in breve… Il curatore di mostre è una figura professionale che si occupa di ideare, progettare ed organizzare mostre, esposizioni e allestimenti prevalentemente temporanei; solitamente si occupa anche di scrivere testi e realizzare adeguate presentazioni.
Wikipedia sostanzialmente ci dice questo.
Rifacendomi alla prima parte della mia risposta, nella stragrande maggioranza dei casi, il curatore è una figura professionale del tutto inutile, una sorta di “macchina mangia soldi” che non porta arricchimento culturale dal punto vista del lavoro di ricerca, è una figura spesso autoreferenziale, con una cultura prettamente accademica o peggio ancora scolastica, slegata dalla realtà nella quale è immersa. Si sveglia e improvvisamente si accorge di tale realtà, solo quando deve stringere amicizie “interessate” che gli permettano di aumentare il proprio egocentrismo e soprattutto il proprio cachet.
Pertanto il compito del curatore (certamente non riguarda tutti ma la maggior parte di loro) dovrebbe essere quello di… Occuparsi d’altro…

Cosa preferisci dell’arte contemporanea e cosa odi

Dell’arte contemporanea adoro gli artisti, ovviamente quelli che lavorano con talento, grande umiltà e passione, sempre pronti a mettersi in gioco e aiutarsi l’un con l’altro; gli artisti che nonostante le difficoltà ed i sacrifici, continuano imperterriti a percorrere questa difficile, impervia ma affascinante strada … Si amo gli artisti anche perché senza loro Frattura Scomposta non esisterebbe (!!).
Odio i parrucconi, tutti coloro che parlano parlano ma in realtà non dicono nulla, coloro che fanno sfoggio di immensa cultura artistica ma che in realtà, andando un minimo a fondo, si potrebbe tranquillamente scoprire che trattasi di mero nozionismo, utilizzato, sostanzialmente, per stupire gli inscienti. Odio tutti coloro che nascondendosi dietro il termine arte, portano avanti i loro squallidi “traffici” che con l’arte, ovviamente, non hanno nulla a che spartire.

Cosa determina il successo di un artista?

Dipende cosa si intende per successo, se parliamo di successo prettamente economico che sfoci nel far parte di un certo star system la cui funzione è far lievitare i prezzi delle opere e portare schiere di collezionisti ad investire ingenti capitali…
Se intendiamo questo tipo di successo, allora servono… LE GIUSTE CONOSCENZE!!
È inutile che ce la meniamo o che si cerchi di essere i puristi del caso…
Se l’artista più scarso del mondo ma veramente tanto scarso, avesse coltivato, nel tempo, amicizie influenti fra galleristi, critici e curatori di fama internazionale, sicuramente quell’artista potrebbe, nonostante la sua pochezza intellettuale, aspirare ad un successo planetario.

Poi provate ad affermare che quell’artista non vale una cippa, sareste immediatamente additati come incompetenti e successivamente emarginati…
Sono rarissimi i casi in cui artisti dotati di grande talento e capacità, siano arrivati al successo senza alcuna conoscenza e/o senza la classica “spintarella”, molti di quest’ultimi vi sono giunti solo dopo la loro dipartita…
Artisti volete avere successo in questo variegato e sfavillante mondo soprattutto in vita? Lasciate da parte i pennelli e dedicatevi alle public relations, cominciate ad ingozzarvi di tramezzini ai vernissage (ammesso e non concesso esistano ancora i buffet) e abituatevi a stringere mani sudaticce, indossando un bel mollettone sul naso e alti stivali di gomma ai piedi…

Meglio un artista che vende o un artista che si riconosca per il suo stile in tutto il mondo ?

Diciamo, per ciò che mi riguarda, nessuna delle due situazioni, certo sarei il primo ad essere felice se un artista riuscisse ad emergere con le proprie forze e far conoscere al mondo le proprie indubbie capacità ma sarei ancora più contento, nel sapere che gli artisti, nella loro quasi totalità, siano in grado di vivere dignitosamente della propria grande passione.

Qual è il compito delle gallerie moderne?

Domanda difficile ed estremamente delicata. Dal mio punto di vista la stragrande maggioranza delle gallerie, non solo italiane, nel tempo hanno perso una delle loro funzioni primarie cioè, per esempio, far conoscere al pubblico ed ai collezionisti, artisti di indubbio talento ma pressoché sconosciuti (Leo Castelli forse l’ultimo di questi galleristi illuminati?), ciò in parte dovuto al fatto che non sono molti coloro, fra i galleristi ovviamente, che siano dotati di buona cultura artistica soprattutto legata al contemporaneo ed in parte perché non hanno dimostrato, soprattutto negli ultimi anni, di avere indubbie capacità manageriali, questo ovviamente vale per tutte le realtà imprenditoriali, un manager preparato, oculato e dotato di capacità dirigenziali, dimostra tali doti non quando le cose vanno bene, in questo caso tutti sono bravi ma quando le cose, soprattutto dal punto di vista economico, non sono del tutto positive. In questo caso i galleristi meno preparati, trasformano la galleria cambiandone la ragione sociale, trasformandola in associazione culturale per poter risparmiare e/o, se ciò non fosse sufficiente, trasformano la propria galleria in una sorta di “affitta muri”; licenziano i propri collaboratori e si avvalgono dell’operato di STAGISTI, a tutto ciò aggiungerei una scarsa conoscenza delle nuove tecnologie che invece potrebbero, se ben utilizzate, portare a risultati del tutto inaspettati (ovviamente in senso positivo).
Molte delle gallerie che attualmente “sopravvivono” sono dirette da persone che possiedono, a monte, uno status economico rilevante e che pertanto non dipendono direttamente dai proventi derivanti dalla vendita delle opere, infatti non si capisce come queste gallerie possano rimanere aperte con tutte le spese che sono costrette a sostenere, a fronte di entrate quasi del tutto inesistenti se dietro non vi sia uno stato economico di una certa rilevanza, se si va a leggere attentamente si potrebbe scoprire che molti di questi galleristi che si occupano di arte contemporanea (precisazione assolutamente necessaria) sono industriali di successo o figli e nipoti di tali industriali, pertanto con spalle assolutamente coperte.
Non è ammissibile, attualmente, intraprendere il mestiere di gallerista, mio pensiero personale, senza possedere un’ottima cultura artistica; spiccate doti manageriali ed imprenditoriali, una preparazione tecnologica adeguata e soprattutto adeguate risorse economiche da investire nell’attività. In conclusione mi pongo un paio di domande, probabilmente la prima legata alla seconda:

1) esistono ancora galleristi che visitano personalmente gli atelier degli artisti e che instaurino un dialogo costruttivo con gli stessi?

2) Esistono galleristi in grado di investire, tempo ma soprattutto danaro, sugli artisti che intendono promuovere?
Meditate gente meditate…


Ritieni fosse meglio in passato, tutelare la privacy dell’artista, o oggi che tutto è dato in pasto ai social?

Mi sono trovato spesso a parlare di questo problema ed altri similari con artisti e addetti ai lavori in generale, molti di essi non riescono ad uscire dalla loro “ristrettezza mentale”, ritengono ancora di doversi esclusivamente dedicare al loro lavoro, rimanendo rintanati nei loro studi o rinchiusi nel retro della propria galleria, non curandosi di tutto ciò che accade attorno.

Ribadisco un concetto già espresso in precedenza, bisogna che tutti, nessuno escluso, di coloro che lavorano in questo ambiente, acquisiscano adeguate conoscenze informatiche, solo coloro che sanno poco o nulla di nuove tecnologie, vivono questa realtà con grande timore che poi spesso si traduce in scarsi risultati economici.

Il problema non è la privacy o l’essere sempre sotto l’occhio mediatico dei social ma la grande e diffusa ignoranza in materia… Che ci piaccia o meno, tutto nel tempo cambia e si trasforma, ognuno di noi deve essere pronto a vivere i cambiamenti ma soprattutto saperli sfruttare adeguatamente.

Siamo entrati nell’era dell’arte 3.0, abbiamo addirittura superato la fase 2.0 ma molti non si sono adeguati, questa mancanza di visione del presente e del prossimo futuro, porta inevitabilmente, gli addetti ai lavori, ad operare ai margini o, ancor peggio, commettere gravi errori di valutazione, in molti casi determinanti per il proseguo della propria attività.
Il problema non risiede nel mezzo tecnologico ma come lo si utilizza.

Cos’è per te l’arte?

Domanda da 10 milioni di dollari… In parte ho già risposto all’inizio di questa intervista… L’arte per me rappresenta una delle più grandi passioni, forse la più grande. Senza questa smisurata passione che nutro da oltre 20 anni, probabilmente non avrei realizzato il progetto editoriale Frattura Scomposta e probabilmente avrei anche abbandonato questo “particolare” ambiente, già da tempo…
Volendo essere più dotti e tirandocela un poco…
Aristotele ha scritto: “l’arte è un classico esempio di imitazione della natura, che porta conforto, gioia e nello stesso tempo trasmette nuove conoscenze, che di norma sono nascoste entro l’animo umano”.
Ogni tipo di attività artistica infatti, rivela un “atto creativo”, dove entrano in gioco, oltre alle emozioni, l’immaginazione e un linguaggio che si esprime in forme, colori, espressioni, concetti o parole.
Vi lascio con questa sorta di aforisma:
Arte è ciò di cui non si capisce il significato, ma si intuisce che un significato debba esserci.

Grazie per la tua trasparenza nelle tue risposte e per il tuo tempo 

Alessio Musella

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