Venezia, scatto di Rosario Maria Assuero Pomarico.

Rosario Maria Assuero Pomarico
Rosario Maria Assuero Pomarico

Fotografia di Rosario Maria Assuero Pomarico

Tecnica: fotografia su carta di seta satinata Fuji Professional

Dimensioni: 70×45

Data: 2019

Nell’arte vi sono luoghi che divengo loro malgrado soggetti abusati, talvolta al punto che risulta davvero difficile non essere obsoleti o scadere nel kitsch al solo nominarli, e Venezia, complice involontario il fascino che la città lagunare da sempre e meritatamente esercita su chicchessia per la sua peculiare conformazione, può annoverare tanti e tali di quei riproduttori dei suoi canali, delle sue vedute e dei suoi scorci, da Tintoretto  giù giù fino all’ultimo dei turisti che scattano a rotta di collo con la fotocamera dello smartphone, che solo al pensiero l’istinto consiglierebbe di girare gli occhi altrove.

Eppure c’è chi come Rosario Maria Assuero Pomarico riesce ancora a conferire un inedito riverbero a questi luoghi tanto consumati, non solo perché prima di effettuare lo scatto decide di “vivere” lo spazio che sceglie di ritrarre per sondarne la cangianza, mirandone le molteplici sfumature e così coglierne gli aspetti più sfuggenti e reconditi, ma perché la sagacia tecnica che da sempre lo contraddistingue gli consente di estrarre dall’elemento inquadrato qualità e valori che sono preclusi al semplice occhio umano, squadernando per quest’ultimo una gamma di potenzialità mediate dalla sola macchina fotografica, in quanto l’artista rifugge ancora oggi dall’ausilio digitale.

Come nel caso di questo scatto dell’isola di San Giorgio Maggiore ripresa da Piazza San Marco, trita immagine da cartolina se non fosse per quei tempi d’esposizione lunghissimi, durati per buona parte della notte fino alle prime ore del mattino, che consentono a Pomarico di ottenere quest’aurea spettrale, insieme inquietante e affascinante, con colori vampirizzati, desaturati all’inverosimile, tanto da eludere il trapasso tra la notte e il giorno e creare quest’impressione di sospensione irreale e così ottenere  un immagine visionaria, dal sapore felliniano.

Andrea Grieco

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