New York 1969 è in questo anno che nasce la rivista destinata a rivoluzionare l’immagine mondiale dell’editoria.
Sto parlando di Interview, ideata e fortemente voluta da John Wilcok e Gerard Malanga e ovviamente Andy Warhol.
Un successo incredibile destinato a decadere dopo la morte di Andy nel 1987.
Interview era la rivista su cui tutti volevano comparire, musicisti, artisti, attori. Rigorosamente in copertina: nella sua epoca d’oro, perché esserci era l’equivalente di essere eletto personaggio più cool del momento.
A fare la storia di Interview sono state senza dubbio loro, le cover: coloratissime, psichedeliche, modificate in pieno stile Warhol quando nessuno alterava niente.
Il contrasto con le foto all’interno era netto: nessun colore, solo bianco e nero
Una vera e propria pietra miliare dell’editoria il cui successo ha contribuito a tessere con maggiore definizione la scena culturale underground della Grande Mela.
La caratteristiche volute da Warhol per le interviste hanno fatto nascere un nuovo stile perché si soffermavano sui dettagli delle vite dei personaggi piuttosto che su ciò che tutti conoscevano.
Dopo l’esordio dal successo fulminante, Interview la direzione del magazine passa a Bob Colacello e poi Ingrid Sischy, appiattendosi nei contenuti diventando di fatto simile e alle migliaia di altre riviste pop.
Dopo la scomparsa del suo fondatore nel 1987, nell’89 viene acquisita dal collezionista d’arte Peter Brant, miliardario e qui preferisco chiudere l’articolo, perché ogni cosa accaduta dopo la morte di Andy Warhol relativamente a questo magazine, per fortuna, non è attribuibile a lui.
Oggi di Interview restano i numeri da collezione le copertine e il genio di un artista come Warhol.
Foto copertina di Barbara Cardini
Opera ritratta presente a Villa Bertelli inserita nella mostra Andy Warhol e la New Pop
