Mi chiamo Willow…

Willow
Willow

Filippo Bruno classe 1978 in arte Willow, dopo essersi diplomato alla Scuola del Fumetto nel 2000 in maniera costante ha collaborato con agenzie pubblicitarie, case editrici e grandi aziende, e col tempo sempre più con gallerie d’arte, che oggi lo rappresentano in buon numero sia in Italia che all’estero.

Lascio volentieri all’artista il piacere di raccontarsi rispondendo alle nostre domande.

Il tuo primo contatto con l’arte?

Il mio rapporto con l’arte è stato fin dalla nascita in quanto figlio di una professoressa di arte e pittrice che ha fatto diverse mostre a cavallo tra anni 70 e 90.

Da sempre mi hanno interessato il fumetto e l’illustrazione, dalla scuola Disney ai grandi maestri italiani come Jacovitti, Toppi e molti altri, e questo ha influito e ancora oggi è alla base nelle mie opere.

Ma poi ho sempre avuto una predilezione per alcuni maestri del 900  come Mirò, Keith Haring e Warhol per il loro modo di esprimersi in maniera unica e a forte impatto comunicativo.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Finito il liceo scientifico ho cercato subito un percorso di studi che mi portasse a specializzarmi nel mondo del disegno artistico professionale e ho frequentato la Scuola del Fumetto di Milano.

Dal 2000 quindi, da free lance ho collaborato con diverse casi editrici e studi pubblicitari e da lì, nel tempo ho cominciato a creare quella linea grafica a firma WILLOW che mi ha portato dal 2006 circa a creare qualcosa di mio, un tratto personale che poi dalla carta ho portato su tela, cominciando a dialogare con gallerie d’arte e specializzandomi così nella pittura, in uno stile neo pop.

La tua prima opera?

La mia prima opera su tela si intitola “PEU!”. E’ una folla di personaggi indefiniti, ad un solo colore, da cui esce un baloon che attira l’attenzione su un’unica forma, un solo personaggio che con questa sua esclamazione emerge fra tutti.

E’ stata la prima volta che sperimentavo questo tratto deciso e pulito, quasi un unico tratto che vede una folla intera come un organismo unico.

L’opera è ancora con me in studio e ovviamente ci sono molto affezionato.

Prima della tela, erano solo prove su carta, scarabocchi e studi.

Cercavo un tratto unico e leggero attraverso il quale, con minor dettaglio possibile, potessi descrivere movimento ed emozioni.

La scelta della tela poi come supporto, mi ha aiutato molto, permettendomi di lavorare con le tinte piatte degli smalti, la profondità degli spray e le dimensioni più grandi.

Per fare arte , bisogna averla studiata?

A mio parere si.

Come ci vuole una formazione per essere idraulico, designer, stilista o scrittore.

E’ una base di partenza fondamentale che ti permette con umiltà di imparare da chi c’è stato prima di te.

E’ indispensabile per conoscere e far proprie le tantissime tecniche grafiche, pittoriche e scultoree esistenti anche per trovare quella che più ti è più congeniale per raccontare al meglio il tuo talento.

Non meno importante poi è conoscere chi sono le figure importanti della critica e perchè, chi sono gli artisti contemporanei e i perché delle loro scelte. 

E’ importante avere nozioni su come funziona una galleria d’arte e come presentarsi ad un gallerista, al mercato, per conoscerne le dinamiche di base e per partire col piede giusto.

Conosco molte persone che si sono presentate nel mondo dell’arte visiva senza alcun percorso accademico e sono molto bravi.

Hanno una o più tecniche che sanno gestire bene e a volte riescono a far parlare di sé  il mercato e la critica.

Ma poi, nel tempo, quando la tecnica che ti va a genio non ti soddisfa più, quando vuoi raccontare qualcosa di diverso, ecco che la carenza nello studio delle tecniche o di cosa i grandi maestri hanno fatto prima di te, torna fuori e ti penalizza.

A quel punto sei molto bravo a fare una cosa, quella cosa, magari in quello sei il migliore, ma rimarrai sempre confinato a quella tecnica o a quel linguaggio.

Anche una conversazione durante una mostra o durante la presentazione della propria opera, acquista maggiore spessore e credibilità se si sa di cosa si sta parlando.

Ovviamente questo mio parere vale nel contesto di un mercato dell’arte e quindi per chi vuole vivere di questo e da professionista.

Per chi ha un dono, un talento e voglia esprimersi su tela, su carta, con la plastilina o con la creta allora che lo faccia al meglio e cercando di divertirsi perchè è pur sempre un bellissimo modo di comunicare le proprie emozioni.

Cosa unisce i tuoi dipinti e la musica ?

La musica è sempre presente mentre dipingo.

Spesso mi porta a livelli di emozione diversi e quindi agisco sulla tela influenzato da essa.

Dal Jazz al Rock ascolto spesso diversi autori proprio per lasciarmi trasportare ed esprimermi in maniera diversa.

All’interno dell’opera la musica si percepisce: il movimento delle folle e dei miei personaggi è spesso accompagnato da note musicali che accompagnano il brusio di fondo dato dalle esclamazioni nei balloon.

Come scegli cosa ritrarre?

Quando sono davanti alla tela penso a cosa voglio raccontare in quel momento e in base al linguaggio che uso scelgo il colore adatto.

Le mie non sono opere figurative e vorrei sempre portare chi guarda l’opera nel mio mondo, tra le mie forme e personaggi.

Per questo utilizzo anche lo stesso codice grafico perché credo che la riconoscibilità per un artista sia molto importante.

Spesso poi mentre dipingo cambia qualcosa o tutto rispetto al pensiero iniziale.

Gioco con le forme e i colori e spesso anche un errore segna una nuova strada per il pennello e mi porta a sperimentare nuovi tratti.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso ?

All’inizio della mia avventura come artista che cominciava ad esporre le proprie opere ho lavorato molto all’estero. Germania, Russia, Florida, Londra..

E grazie allo pseudonimo che utilizzo qualcuno ha pensato non fossi italiano.

Allora un giorno mi telefona una galleria d’arte di Milano che comincia a parlarmi in inglese offrendomi la possibilità di esporre da loro.

Appena comprendo ciò che mi stava chiedendo e da dove mi scrivessero ho risposto che abitavo anche io a Milano e che nel pomeriggio stesso ci saremmo potuti incontrare.

A quel punto poi hanno ammesso che pensavano fossi straniero per il numero di mostre all’estero e le mie comunicazioni sui social e a quel punto si sono tirati indietro. 

L’esterofilia è sempre un tema e l’artista straniero fa sempre un po’ ‘figo’ forse…

Se potessi incontrare un artista del passato , chi e cosa gli chiederesti?

Sono diversi gli artisti che vorrei incontrare, chi per una cosa o chi per l’altra.

Sicuramente Mirò e Picasso. Matisse, Amedeo Modigliani  ma anche uno dei più grandi autori dell’illustrazione italiana, Benito Jacovitti 

Gli chiederei senz’altro l’autografo!

Ma poi li riempirei di domande per imparare meglio la tecnica e l’approccio alla tela.

Sono sempre stato attratto dalla conversazione con altri autori e l’ho sempre cercata.

Durante il servizio militare, sapendo che abitava vicino alla caserma, mi presentai nello studio di Giorgio Cavazzano, maestro del fumetto Disney, che adoro da sempre, per fargli una mia personale intervista.

Fu davvero gentile anche perché mi presentai senza alcun preavviso!

Per questo trovo molto importante andare alle mostre, personali e collettive, degli autori preferiti, degli amici ma anche di coloro i quali seguono altri stili, diversi dal tuo, per imparare a comprendere altri linguaggi.

Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti ?

Se avessi l’opportunità di salire sulla macchina del tempo e ritrovarmi davanti al me diciottenne gli direi di andare avanti così.

Sono stati tanti i momenti difficili, soprattutto se si sceglie di seguire la strada dell’arte ma ho fatto quello che mi piace e che mi e’ sempre piaciuto fare.

Correggerei tanto, eviterei di perdere tempo con molti, approfondirei amicizie e contatti ormai persi ma nel bene o nel male è stato un bel percorso….

E poi gli passerei i numeri vincenti del Superenalotto!

Quanto conta la comunicazione ?

La comunicazione è fondamentale.

Oggi si è facilitati dai nuovi mezzi di comunicazione social in quanto facili da usare e gratuiti. Ma proprio per il carico di informazioni che ci arriva ogni giorno, spesso senza filtri e da ogni dove, occorre una seria strategia pensata giorno per giorno dove si esalti l’opera nei suoi dettagli e presentando l’autore ogni volta, considerando anche il target a cui ci si rivolge e chi tra i professionisti del settore vuoi che prenda in considerazione il tuo lavoro.

La comunicazione parte quando cominci l’opera e finisce quando sei riuscito a venderla.

E’ importantissima. Un’intervista, una foto, un commento, un tuo parere (sempre inerente al tema) un invito ad un evento, sono comunicazione.

Per questo sono fondamentali le mostre, è importante non stare chiuso in studio ma andare alle inaugurazioni degli altri artisti e insomma farsi conoscere in ogni modo, seriamente e con la giusta umiltà.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

Ho avuto esperienze di mostre personali e collettive all’estero, in Europa e più lontano.

A volte ti sembra piu’ facile il dialogo e l’accordarsi per un evento, sia esso una mostra o un evento particolare. 

Altre volte ti senti bloccato per la burocrazia, per la spedizione delle opere o per i vari documenti, ma superato questo una volta all’estero l’arte diventa anche una lingua, un codice per comunicare con chi la sa leggere.

L’Italia è un paese meraviglioso.

E questo si riflette sulla qualità delle persone, quindi dei suoi artisti e in ciò che producono.

Ancora oggi abbiamo una corsia preferenziale per il nostro gusto e per la qualità della nostra produzione artistica ma anche la grande responsabilità di portare e rappresentare un made in Italy eccezionale.

E questo all’estero lo sanno e continuano a volerci nelle loro collezioni.

Tutto sta sempre nel sapersi presentare bene, senza arroganza, conoscendo prima la realta’ dove andremo  e, non mi stancherò mai di ripeterlo, con umiltà. 

Qui in Italia abbiamo ottime gallerie, professionisti di alto livello che si occupano di arte a 360° ma siamo anche un paese vecchio anagraficamente, che assimila con molta calma le novità e sempre un po’ invidioso dell’erba del vicino.

Cos’è per te l’arte?

E’ comunicazione.

Non riuscirei a farne a meno perchè è per me un modo di esprimermi.

Possono cambiare la tecnica e i dettagli ma mi esalta ancora oggi iniziare una nuova opera e spero che questo carico di emozioni non venga mai a mancare. 

Fare arte è distensivo, emozionante, terapeutico.

E’ amore e odio; è estetica, è ciò che è bello e ciò che è brutto. 

Arte è nel disegno di un bambino e in questa semplicità assoluta troviamo il punto di arrivo di tanti maestri.

Cosa ti aspetti da un curatore ?

Negli ultimi anni sono rimasto un po’ deluso dal comportamento di tanti che lavorano nel settore perchè si pensa che una mostra sia un appendere quadri e fare uno spiegone e spesso nemmeno quello.

Moltissime volte non c’e’ un curatore ma è il gallerista, il proprietario dei muri che scegli chi, come e quando esporre.

Tocca tornare a qualche anno fa, quando il ruolo del curatore era fondamentale in una galleria.

E’ l’anello che lega l’artista alla galleria, è colui il quale ti racconta l’artista e ti spiega perchè ti piace, perchè lo devi comprare, perchè e’ lì in mostra e in quel periodo.

E’ la parte culturale di una galleria d’arte. Senza un curatore ci si ferma all’estetica e senza chi te lo racconta stai guardando solo un bel quadro.

Fondamentale è il legame tra il curatore e l’artista perchè il primo deve conoscere bene il secondo e viceversa.

Cosa chiedi ad un Gallerista ?

Il legame tra artista e  gallerista è spesso poggiato solo ad un mero accordo economico ma non dovrebbe essere solo questo.

Il titolare della galleria è colui il quale, assieme ad un bravo curatore, dà l’impronta di stile alla galleria.

Se sarà una galleria specializzata in arte digitale,  pop art, urban art o arte moderna questo va deciso e supportato con forza.

Non si cambia gusto come cambia il vento o la moda.

La galleria FA moda.

Ed ora di finirla di vedere questi mercatoni con centinaia di opere mischiate alla rinfusa senza un tema o uno stile simile.

Il gallerista fa tendenza, fa arredamento e stile.

Un bravo gallerista troverà per forza un bravo artista.

Lo supporta, lo fa crescere, lo difende e lo presenta al momento giusto.

Il bravo gallerista non chiede soldi all’artista, se no e’ solo un affitta muri, ma cerca sempre l’alta qualità, la esige! 

Solo così il bravo gallerista viene seguito e crea in poco tempo anche il collezionista e tutti si cresce assieme.

E si guadagna assieme.

Quanto contano per te la luce e il colore?

La luce e il colore sono sempre presenti nelle mie opere, come l’ombra e il bianco e nero.

E’ proprio un gioco di luce e ombra, colore e assenza di toni che creano movimento. 

Spesso nelle mie opere descrivo delle folle e non possono non essere colorate e multiformi.

La luce è il punto in cui si sofferma lo sguardo e il colore accentua il messaggio e crea emozione.

Grazie Filippo per la piacevole chiacchierata.

Alessio Musella

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