Mario Stefano e i suoi collage creativi.

Mario Stefano
Mario Stefano

Le sue opere si basano su collage pittorici sospesi e su una rete di collegamenti e citazioni.  presi dalla letteratura, dalla fotografia, dalla musica, dal cinema, dalla storia dell’arte. Conosciamo meglio l’artista Mario Stefano lasciando a lui il piacere di raccontarsi attraverso le risposte alle nostre domande :

Il tuo primo contatto con l’arte?

Ad una mostra, toccai con mano, nel vero senso della parola, le tavole originali di Corrado Roi, celeberrimo disegnatore contemporaneo di Dylan Dog.

Avevo circa tredici anni.

È tutt’ora mio idolo e mia fonte di ispirazione.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventato un aspetto così predominante della tua vita?

Con il primo contratto che mi ha aperto le porte del professionismo, lasciandomi alle spalle la pittura intesa come attività ricreativa da tempo libero.

Quando e perché hai deciso di intraprendere un tuo percorso artistico?

Con il confinamento forzato della pandemia ho deciso di rispolverare vecchi studi e disegni dando il via ad un percorso di approfondimenti teorici ed esperimenti pratici.

Per fare arte, bisogna averla studiata?

Si, decisamente.

Sono rari i colpi di genio.

Infatti li studiamo sui libri di storia dell’arte.

L’arte è sempre guidata dal ragionamento e dalla teoria.

Espandendo il suo punto di vista, si può dire che è artista chi è in grado di spiegare ciò che fa e perché lo fa, è in grado di formulare una poetica, si pone in un campo, conosce il lavoro di coloro che lo hanno preceduto e si confronta con loro.

Non è un pazzo né un dilettante: è insomma una persona colta.

Che sia riconosciuto dalla critica, dalle istituzioni o dal pubblico non è un elemento importante.

Quali sono le contaminazioni inedite che stai indagando nello sviluppo della tua personale interpretazione e narrazione della Pop Art ?

Contaminazioni inedite non possono esserci.

Ho la lucida consapevolezza di essere arrivato tardi: è venuto meno il concetto di originalità, perchè tutto è già stato fatto.

La mia pittura diventa quindi un lavoro di rilettura e revisione di un patrimonio collettivo da rimontare liberamente.

Il colore è la tua grande passione.

Cosa provi nell’imprimere su tela queste moltitudini di differenze cromatiche?

L’atto del colorare, campire spazi più o meno estesi con colori caldi e freddi, esercita su di me un’azione distensiva e rilassante, ma al contempo avvverto un’euforia ed una esaltazione, un mix di sensazioni contrastanti che solo la pittura riesce a darmi.

Ripensando alla tua produzione, quali influenze hanno maggiormente contribuito ad associare il tuo nome alla corrente artistica della Pop Art? 

Se per Pop vogliamo intendere un’immagine popolare e che cioè proviene dalla cultura popolare e al popolo ritorna, beh, qualche riscontro possiamo averlo, se non altro perché ci troviamo di fronte a immagini parlanti e molto immediate, ma di certo con la Pop Art storica (con i suoi intenti programmatici) ritengo non abbia proprio nulla in comune.

Piuttosto assocerei la mia pittura alla corrente neo pop, una pop art post moderna, un melting pot di universi visivi eterogenei.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso ?

Con sorriso, e con indignazione aggiungerei…un aneddoto accaduto ad una mostra di opere concettuali in un museo di arte contemporanea: un giovane 17 enne poggia i suoi occhiali a terra; immediatamente tutti i visitatori iniziano a fotografarli scambiandoli per un’opera d’arte.

Nel candore delle pareti bianche, nell’algida atmosfera del cubo bianco, anche il manicotto antincendio rischia di diventare un’opera d’arte.

Grazie Duchamp per il tuo contributo.

Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti ?

Non dipingere per imitazione, dipingi con interpretazione.

Non mimesi, ma trasfigurazione.

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Del passato prossimo o del passato remoto?

Del passato prossimo mi piacerebbe incontrare Marcel Duchamp, per fargli una tiratina di orecchi e dirgli: “Hai visto che scempio hai creato con il tuo orinatoio?”

Del passato remoto desidererei incontrare Hieronymus Bosch, un visionario senza rivali.

Un vero genio.

Quanto conta la comunicazione per te?

È parte integrante del fare arte. Ritengo sia un aspetto fondamentale.

Cos’è per te l’arte?

Per me l’arte è un’attività libera, fonte di diletto, gratificazione guadagno, con conseguente crescita personale.

Cosa ti aspetti da un curatore ?

Questo termine non mi piace.

Curatore, una parola dal retrogusto ospedaliero per descrivere chi si dovrebbe occupare di artisti, si presuppone malati.

Preferisco il critico.

Cosa chiedi ad un Gallerista ?

Ci sono gallerie…e gallerie, galleristi…e galleristi.

Preferisco astenermi dal rispondere.

Grazie.

Per concludere vorrei chiederti se, dopo tanti successi, custodisci ancora un sogno nel cassetto e se hai voglia di svelarcelo qui in anteprima…

Certo, diventare ricco e famoso 

Grazie per la piacevole chiacchierata

Giuseppina Irene Groccia

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