Hollywood Babilonia di Kenneth Anger a cura di Andrea Grieco.

Hollywood Babilonia di Kenneyh Anger
Hollywood Babilonia di Kenneyh Anger

Vi sono libri che rappresentano una lettura obbligatoria per ogni cinefilo che si rispetti, e se Che cos’è il cinema? di André Bazin lo si ritiene un testo capitale in merito, Immagine-movimento e Immagine-tempo di Gilles Deleuze hanno costituito un trend critico-filosofico su cui si è a lungo riflettuto, si tengono sul comodino a portata di mano per una scorsa ogni tanto prima di andare a letto l’intervista di Truffaut a Hitchcock e quella di Bognadovich a Welles, allora di certo ci si può considerare tra gli estimatori della settima arte.

Ma nonostante questi e altri blasonati titoli da “icononauta” (suggestivo etimo forgiato a suo tempo da Giampiero Brunetta nel suo memorabile Buio in sala per indicare chi s’incanta di fronte alle immagini sul grande schermo) si affastellano nella propria libreria, ma in questa non vi ha ancora trovato posto Hollywood Babilonia di Kenneth Anger, certamente si ha un significativo e imperdonabile vuoto da colmare.

Kenneth Anger

Vero e proprio cult-book, tanto per la genesi controversa che si conviene ad un testo considerato maudit, quanto per il suo autore, tra i personaggi di sicuro più paradigmatici della cultura cinematografica americana.

Di fatto, Hollywood Babilonia conosce due stesure, e non casualmente la prima di queste, visto il tenore e la sfrontatezza dei suoi contenuti, è tutta europea (ne diede le stampe nel 1959 la parigina Pauvert, resa celebre per un altro audace suo successo, Histoire d’O), mentre in lingua inglese dovrà attendere sino al 1975 per vedere la luce, quando i costumi si saranno almeno in parte emancipati per poter tollerare, meglio digerire, la penna al vetriolo di Anger; ed è a quest’ultima edizione, ampliata e correlata da un apparato fotografico impressionante, che attinge a piene mani da diversi dipartimenti d’arte cinematografica museali e collezioni private, ad entrare di prepotenza nel novero delle pubblicazioni feticistiche, nonché quella a cui fanno riferimento i tipi dell’Adelphi, meritoria di renderla di nuovo disponibile dopo decenni di oblio editoriale.

D’altra parte non poteva attendersi che un libro inusuale e disturbante da colui che può a ben diritto essere considerato, insieme a Maya Deren, Gregory Markopoulos, Stan Brakhage e Jonas Mekas, alfiere indiscusso del Nac (New American Cinema), precursore di tutte le “nuove ondate”che negli anni Sessanta riformularono completamente la sintassi filmica, ma che, soprattutto, portarono in superficie le pulsioni rimaste a lungo sommerse nelle rappresentazioni in pellicola, eros e thanatos in primis.

Ma tra le funzioni ulteriori che quei giovani cineasti si trovarono loro malgrado ad assumere fu quella di smantellare il circuito produttivo imposto sino ad allora da Hollywood, che Anger ribattezza Cinelandia per l’occasione.

Per cui il regista di quella pietra miliare dell’underground che è Firework, il cantore dell’omosessualità fetish e biker di Scorpio Rising e Kustom Kar Kommando,

nonché autore di opere in odore di satanismo quali Invocation of my demon brother e Lucifer Rising, non ha difficoltà alcuna, né peli sulla lingua, a scrivere quella che a conti fatti può considerarsi una storia alternativa del cinema americano, fabbrica dei sogni ma anche feconda di pettegolezzi.

Ed è proprio mediante l’affabulazione dei più imbarazzanti e infami aneddoti che circolavano dietro le quinte luccicanti del mondo di celluloide che Anger fa a pezzi lo spudorato establishment hollywoodiano e demolisce la facciata edulcorata dello star-system.

L’inchiostro di Anger è velenoso e non fa sconti a nessuno, politici, producers, directors, divi e divette, stelle e stelline che siano, e non si tira certamente indietro di fronte agli aspetti più turpi o macabri di episodi che di sovente terminano con la completa disfatta o addirittura la dipartita di personaggi che hanno sancito l’affermarsi dell’ideologia del “bigger than life”.

Dagli albori delle prime splapstick comedy e dei magniloquenti film in costume, passando per l’avvento del sonoro, fino ad arrivare alle soglie critiche del flower power, non c’è tappa che manchi al rotocalco spietato, ma raffinatamente scritto e magistralmente inanellato da Anger, che tra eccessi di sesso e droga, efferati omicidi e desolanti suicidi, scrive con Hollywood Babilonia la più sensazionalistica delle storie di ascesa e decadenza possibili.

Andrea Grieco

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