Lia Pascaniuc: Eco-Visual Artist.

Lia Pascaniuc
Lia Pascaniuc

Con la sua tecnica fotografica l’artista Lia Pascaniuc, punta il dito su la sostenibilità e l’ecologia, cercando un’ideale armonia tra il pianeta e umanità prendendo in considerazione l’acqua, l’ambiente e i suoi fenomeni naturali mettendoli in risalto grazie all’utilizzo di nuove tecnologie multimediali, dalla video-installazione all’ologramma.

Lasciamo che sia lei a raccontarsi attraverso le risposte alla nostra intervista

Il tuo primo contatto con l’arte?

Da bambina osservavo con interesse sia la manipolazione della terra con l’acqua che si trasformava in forme geometriche, sculture e vasi in ceramica, sia la realizzazione di tappeti e ricami.

Un’arte primordiale, molto artigianale ma che ha scaturito in me riflessioni  come l’importanza per i popoli di esprimere un’identità, raccontare un luogo, una cultura. Circondarsi di cose belle con un significato profondo ci aiuta ad assorbire l’essenza delle tradizioni e apprezzare le meravigliose potenzialità che l’uomo ha.

Il tuo primo contatto con la fotografia?

Avevo un fidanzato che ne era appassionato; frequentavo le gallerie ed i musei e venivo attratta da questo linguaggio, che in continua evoluzione riusciva a rappresentare il cambiamento del mondo circostante con tecniche sempre nuove e sorprendenti.

Nei decenni le nuove tecnologie fotografiche hanno portato a una rappresentazione della realtà che è diventata essa stessa una forma d’arte.

Ma il primo contatto vero e proprio è stato con l’acquisto della prima macchina fotografica, una Panasonic Lumix che mi permetteva di creare delle macro fantastiche e di raccontare la mia visione artistica di altri mondi.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Quando un critico d’arte, Maurizio Quartieri mi aveva organizzato un’esposizione a Modena, nel 2008 nella Galleria Civica.

La tua prima opera?

La scultura “Ricerca dell’Identità”, che rappresenta la (ri)costruzione della propria identità culturale.  

E’ una betulla lasciata al naturale, domandandomi se può sopravvivere e adattarsi a un altro ambiente.

La natura, in ogni sua forma, è mutevole, si adatta, si rinnova e cambia la propria struttura per sopravvivere al meglio al cambiamento dell’ambiente in cui si trova.

L’istallazione si completa con  rose in ferro battuto, che riescono a trovare sempre il modo per sopravvivere, anche arrampicandosi se necessario.

Per fare arte, bisogna averla studiata?

Diciamo che non è necessario averla studiata in accademia, in quanto l’ispirazione viene dal profondo: è un’emergenza, una necessità di esprimersi attraverso ogni mezzo possibile che sia visivo, letterario, musicale.

Ma per sviluppare l’arte è fondamentale fare ricerca, studiare la tecnica, ampliare le proprie conoscenze, per trovare la propria modalità di espressione e poi personalizzarla, guardando al passato. 

Come scegli cosa ritrarre?

Ritraggo quello che mi emoziona, spontaneamente. Un discorso a parte sono i progetti pensati prima, come i Climate Change, Vita liquida e tanti altri.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

Sicuramente l’incontro che mi ha svoltato la carriera.

Stavo disallestendo una mostra in Fiera, quando venni avvicinata da una persona. Era molto tardi e io ero visibilmente stanca dopo giornate intense.

Questa persona cominciò a farmi molte domande e io le risposi, anche un po’ infastidita, che ormai la Fiera era conclusa e che i libri andavano comprati.

Mi accorsi della gaffe solo quando mi diede il suo biglietto da visita.

Era una nota gallerista, che al momento non riconobbi perché aveva tinto i capelli, e con la quale iniziai  da allora una bellissima e proficua collaborazione che dura ormai da anni e che ha portato a una bella amicizia.

Che importanza dai alla tecnologia?

Massima!

Fa parte della nostra quotidianità.

La tecnologia è uno strumento che mi permette di sperimentare nuove forme artistiche e che trasforma le espressioni d’arte in opere uniche, originali e contemporanee. 

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Mi piacerebbe incontrare Mirò.

Lo considero un artista coraggioso e sperimentale e mi piacerebbe sapere come è nata la sua ecletticità.

Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti?

Di divertirmi di più e vivere quella fase con maggiore leggerezza.

Quanto conta la comunicazione?

E’ tutto.

Se non comunichi, non esisti!

Quindi è molto importante, soprattutto in questo periodo storico.

La percezione è una componente fondamentale e comunicare un messaggio, anche artistico, è un modo per raccontare il proprio lavoro e farlo arrivare a tutti. 

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

All’estero le arti vengono prese in considerazione come modelli da seguire, in Italia siamo talmente impregnati d’arte che non le diamo la stessa importanza, a parte gli addetti ai lavori.

Cos’è per te larte?

Patrimonio culturale, un ponte tra arti visive, ma anche cinema ed architettura.

Cos’è per te la fotografia?

Una  scoperta come nuovo mezzo di rappresentazione della realtà ed è anche uno strumento per fare arte.

Cosa ti aspetti da un curatore?

Il curatore deve a parer mio essere una guida per un artista e deve aiutarlo a valorizzare il suo lavoro.

Cosa chiedi ad un Gallerista?

Di rappresentare l’artista alle fiere e di creare un contatto con i collezionisti, occuparsi delle vendite, di essere un confronto costante.

Quanto contano per te la luce e il colore?

Luce e ombra sono due delle componenti più importanti del mio lavoro.

Ho realizzato infatti molti workart, come tagli di luce, che vedono la luce protagonista. In altri, invece, ho lavorato in totale assenza di luce.

Il colore ne è in qualche modo una percezione personale.

Mi piace sperimentare e giocare con colori e luci. 

Grazie Lia per il tempo dedicato

Alessio Musella

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