La bellezza silenziosa e potente di Silvia Ricchelli. Nel suo atelier a Verona colori e passioni non scontati.

Silvia Ricchelli
Silvia Ricchelli

«L’energia artistica è anche energia sessuale. L’arte non la definisci. È in continua evoluzione quindi è difficile, se non impossibile, etichettarla. La mia arte non vorrei esaltarla troppo né sminuirla. “In evoluzione continua”. Questa è l’unica definizione». Silvia Ricchelli dipinge a Verona. Il suo non è un laboratorio come altri.

Sarebbe facile inquadrarlo come “negozio pittoresco” fra le vie della città di Giulietta e Romeo, ma non si può, per quello che fa e per quello che dice. Si divide tra restauro e pittura di opere originali, spesso su commissione.

LA PITTURA È SANGUE

Parla di energia che passa dalla testa all’occhio, dall’occhio alla mano, alla pancia e a volte va più giù. Sensualità, sesso e pittura. «Questo tipo di lavoro muove sicuramente corde profonde. Non so se si può parlare di sessualità nel vero senso della parola ma non nascondo che certe commissioni, in particolare quelle più difficili, creano in me una vera e autentica eccitazione. Dall’inizio alla fine dell’opera sicuramente c’è qualcosa che va oltre… Il tutto non si limita alla bravura dell’artista. a come utilizza colori e pennelli.

C’è molto altro, la pancia e l’intuito predominano, come se tutto fosse perfettamente naturale, come se le tue mani e tutto quello che sei fossero collegati ad un’energia nata con te, sempre con te. All’inizio della mia carriera artistica e durante le primissime commissioni, capitavano momenti  di nervosismo e ansie dovuti probabilmente all’incertezza e alla paura di sbagliare o di non essere all’altezza della commissione accettata.

Così la rabbia e il nervosismo si trasformavano in eccitazione fisica. A volte diventava così forte da dovermi fermare e di conseguenza “amarmi”. Dovevo “liberarmi” da questa eccitante ansia che mi distraeva. Ricordo che il dopo era assolutamente più distensivo e rilassante con un’ottima riuscita del lavoro, oserei dire. Adesso, visto che sto maturando una certa esperienza, questa curiosa cosa capita di rado».

IL RESTAURO È TESTA

Spiega che la dimensione del restauro è assolutamente più “fredda” più razionale. «Sei come un medico che ha un paziente tra le mani e sa che deve prendersi cura di lui, per guarirlo, per risolvere un problema. Il restauratore fa questo, cura un’opera d’arte. Le dà nuova vita. Lo fa nel modo più lucido possibile anche perché sa che non può permettersi di sbagliare. Quindi lavori di testa. Ci metti passione certo ma la testa e la lucidità predominano. Rispetto alla pittura è tutta un’altra cosa. Nella pittura lavori di pancia, di sensazioni, di esperimenti; lavorano i tuoi stati d’animo che variano. Io ad esempio, se voglio passare una giornata lavorativa senza troppi sbalzi d’umore, mi dedico al restauro, magari ad una pulitura su un dipinto. Mi rilassa e non mi fa pensare a nulla. Se invece devo dedicarmi ad una copia d’autore o ad un dipinto personalizzato, devo “sentire” che l’energia è differente».

C’è un momento in cui si capisce di essere tagliati per qualcosa, di essere fatti per andare in una direzione. Chiediamo a Silvia Ricchelli quando ha capito che era fatta per l’arte. «Quando ero alla scuola d’infanzia. Io ricordo chiaramente che ero fortemente attratta da tutto ciò che rappresentava l’arte: pennelli, tubetti di colore… L’odore stesso dei colori (ad olio soprattutto) mi intrigava profondamente, come se in qualche modo fosse già stato parte di un mio mondo. Ai tempi della scuola elementare, quando non avevo gli allenamenti di nuoto (è stata nuotartrice a livello agonistico, ndr), i pomeriggi li trascorrevo spesso a casa, da sola, a fare i compiti. Ricordo che sfogliavo i libri d’arte di mia madre alla ricerca di soggetti da copiare. Modigliani fu il mio primo artista, la mia prima copia datata 1992 (avevo 7anni)».

Il suo laboratorio, a Verona, è accogliente, caldo: ottanta metri quadrati che sembrano un salotto. Entri e ti senti a tuo agio. Energia buona. Quadri e cavalletti ovunque, ma disposti in modo ordinato. «Odio il caos». Un finto camino, specchi, tende un po’ retro’.

LA TECNICA E IL GODIMENTO

Silvia Ricchelli predilige la tecnia ad olio. «La considero la tecnica più completa e più “godereccia”. Il colore, a differenza di un acrilico, non secca subito ma solo dopo qualche giorno. Questo ti permette di “giocare” molto di più con il colore, di sfumarlo, di lavorarlo con maggiore intensità. Adoro l’odore dei colori ad olio e la loro lucentezza…

E poi ci sono tutti gli “accessori”: olio di lino per ammorbidire, colore e trementina o acqua ragia per pulire i pennelli».

LA BELLEZZA SILENZIOSA

Passione, colore, azione e bellezza. Ogni artista ha un rapporto personale con il bello. «A me piace l’armonia delle cose, non per forza il bello oggettivo. Mi piace quella semplicità che nella sua timidezza genera un’emozione. Mi piace l’eleganza che non si vede, quella che passa inosservata… È come quando senti un profumo nell’aria e non capisci da dove arriva: mi piace la bellezza silenziosa ma potente al tempo stesso. Parlo della bellezza che non ha bisogno di urlarlo al mondo. Quella non è bellezza ma ostentazione e molto spesso racchiude ben pochi elementi».

I COLORI CHE GLI ALTRI NON VEDONO

A differenza di noi mortali, chi dipinge, quando guarda il mondo, individua una gamma di colori a cui sa dare un nome. «È verissimo, senza nulla togliere ad altri mestieri. Ad esempio io capisco poco di matematica e sicuramente sono all’oscuro di un mondo altrettanto magico.

Nel mio caso, molto spesso, tra me e me faccio questo gioco: magari sono sul treno – seduta al mio posto – e noto ciò che mi circonda. Guardo fuori dal finestrino, osservo la natura e penso: “Per ricreare il colore di questa nuvola userei bianco titanio, un pizzico di giallo di Napoli, rosso di cadmio e probabilmente un tocco di grigio di Payne”. Insomma spesso non ce ne rendiamo conto ma in natura non esiste mai un solo verde, un solo blu, un solo giallo».

Ha lo sguardo sognante. Si vede che li immagina, li vede, i colori. «Mamma mia!… Se si guarda attentamente ci sono milioni di colori e sfumature straordinarie».

IL PRIMO LOCKDOWN DA COVID

Il 2021 è iniziato da poco e si vive ancora immersi nel Covid. Il 2020 resterà per tutti l’anno della pandemia e del primo lockdown. «Tutto sommato, io l’ho vissuto e passato in modo concreto e reale, accettando il cambiamento senza abbattermi o pensare al peggio. Mi sono detta “Ok..c’è questa novità. Affrontiamo la cosa, fuori le palle e su col morale!”. A parte la prima spaesata settimana, il resto l’ho trascorso lavorando alle commissioni, prendendo il sole in giardino e creando una piccolissima e casalinga linea di t-shirt e mascherine dipinte a mano che, con mia sorpresa, hanno avuto un discreto successo tra clienti, alcuni dei quali acquisiti via social (Instagram: silviaricchelli_domusarte  Facebook: DomusArte di Silvia Ricchelli).

Da questa esperienza ho sicuramente capito molto di me stessa, ho scoperto un lato del mio carattere, probabilmente mai o poco emerso: mi so adattare nel bene o nel male, senza paturnie e mantenendo una mente stranamente lucida e realista, come se avessi già un piano B. Andrà male? Beh… l’alfabeto è lungo, no? Il sole esiste, magari è solo dietro alle nuvole». E con la luce cambia il colore.


SILVIA RICHELLI TRA DIECI ANNI

Slvia Ricchelli è nata 35 anni fa. Ha studiato al liceo artistico ISA di Guidizzolo (Mantova). «Mi sono diplomata per miracolo, perché avevo 7 in condotta e la mia voglia di studiare vicina allo zero. Ad ogni modo ho portato a casa un 70/100».

E poi che è successo?

«È successo che mi sono innamorata di un documentario sul restauro della Cappella Sistina e nel 2005 mi sono iscritta agli Istituti privati Santa Paola di Mantova, con indirizzo restauro dipinti su tela/tavola, legno e catalogazione. Mondo magico. Mi innamoro un’altra volta: dipinti antichi, sculture lignee del ‘600.

Insomma per me era un tuffo in un mondo totalmente diverso da quello odierno. Nel 2008 (durata studi tre anni) ottengo il diploma di laurea con 103/110 e trovo subito lavoro presso un laboratorio di restauro nel cuore di Verona. Imparo un sacco e i titolari mi trattano come una figlia.

Ho un ricordo meraviglioso di quel periodo.

Nel 2011 il laboratorio entra in crisi. Decido di “buttarmi” e di aprire, a 26 anni, un mio laboratorio. Sono giovane e la tento.. 

Quest’anno festeggio dieci anni di attività».

E fra dieci anni dove sarà Silvia Ricchelli?

«Mi vedo sicuramente padrona di migliaia di bellissimi pennelli, usati o nuovi di zecca, ma comunque ancora in questo mondo. Poi nella vita mai dire mai… Chissà la corrente dove mi trascina. Chissà cosa trovo o quali passioni possono nascere».

Andrea Tomasi

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