Intervista alla pittrice Adele Lo Feudo.

Adele Lo Feudo
Adele Lo Feudo

Adele Lo Feudo è un’artista poliedrica e sempre pronta a mettersi in gioco.

Nelle sue opere dimostra di amare la luce ed il colore, che spesso utilizza anche per dare enfasi ad un vissuto fatto di passione ed intensità, accompagnando lo spettatore in un mondo visionario fatto di sentimenti potenti.

Lasciamo volentieri a lei il piacere di raccontarsi attraverso le risposte alle nostre domande:

Il tuo primo contatto con l’arte?

A sei anni quando mia madre mi portò a trovare un’amica pittrice nel suo studio. 

Mi piacque molto l’idea di sogno e libertà che i colori offrivano. Pensai che in quel luogo era come se i muri non ci fossero.

Anche se ho saputo che comunque mia madre quando era in mia attesa dipingeva. 

A dieci anni poi mio padre mi regalò la prima valigetta di colori a olio.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Nel momento in cui la mia produzione è aumentata sensibilmente per cui il tempo da dedicarle non poteva più essere distratto da altre cose che non reputo coinvolgenti tanto quanto dipingere. 

Era il 2009.

La tua prima opera?

Disegno e dipingo da tantissimi anni e ricordo che sono sempre state le donne i miei soggetti preferiti. 

La prima tela che realizzai riproduceva una donna a metà busto, con un caschetto mosso ed una camicia arancio. 

La prima opera importante con cui invece ho realizzato la mia prima personale è: “Che m’importa..se ho ali per volare!”.

Una “me” chiusa in se stessa, con dei chiodi conficcati in alcuni punti del corpo, che arretra nella tela mentre sopra la stessa delle ali enormi la sovrastano avanzando e fuoriuscendo dalla superficie pittorica.

Un’opera tridimensionale. 

Un chiaro messaggio di superamento delle difficoltà e sofferenze della vita attraverso l’uso della fantasia e della creatività.

Per fare arte, bisogna averla studiata?

Non necessariamente. Io ho fatto studi classici e sono laureata in giurisprudenza. 

Ho poi fatto la pratica e la scuola notarile. 

Onestamente l’amore per l’arte è qualcosa che è stato più forte di me e di tutto. Ho cambiato il corso della mia vita lavorativa per inseguire questo sogno. 

Diciamo che a casa non gradivano questa mia scelta che altrimenti sarebbe avvenuta moltissimi anni prima, infatti proprio dopo la visita allo studio di quella pittrice mi si delineò ben chiara in mente l’idea che da grande avrei fatto la pittrice.

Tuttavia anni dopo la laurea ho conseguito prima il diploma di interior designer con la relativa specializzazione insegnando per sette anni in un istituto di design. 

Non contenta, ho conseguito poi il diploma di maestro d’arte. Tuttavia sono sostanzialmente un’autodidatta.

Cosa unisce i tuoi dipinti e la musica?

La musica mi piace molto. Mentre dipingo ascolto la Callas. 

Nelle mie opere c’è evidente il richiamo a questo tema, come in “Tutta una vita”, omaggio a Dalida. 

Un’opera tridimensionale a forma di giradischi in cui è posizionato un disco che ruota e su cui è dipinta in maniera contrapposta l’immagine di Dalida da giovane e da adulta. 

Oppure in “Dolce sollievo”, dove oltre a cento chiodi ad occhiello incastrati in una tavola bianca e collegati da una serie di corde di chitarra tese che finiscono con un plettro atto a  suonarle.

Su alcuni tratti di queste corde colorate di indelebile rosso, si legge la frase “io amo!”.

Inoltre tutte le mie performances si aprono e chiudono con l’uso del tuono, uno strumento musicale: la musica si propaga per cerchi concentrici così come l’acqua e a questi “cerchi vitali” faccio spesso riferimento nelle mie opere, di frequente costituite da sette elementi.

Come scegli cosa ritrarre?

Onestamente non so dove mi porterà il mio cuore nel creare, ma a lui mi affido oltre a quelle “intrusioni” che sono tipiche della vita individuale di ciascuno.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

Custodisco gelosamente tra i miei ricordi la visita che feci oltre quindici anni fa al Musaba ed in cui conobbi Nik Spatari, artista ed architetto che fu allievo di Le Corbusier.

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Vorrei incontrare Frida. 

Sono stata a casa sua a Città del Messico nel 2010 e devo dire che la sua anima era lì. Riuscivo a percepirla!

Le chiederei come abbia fatto a trovare la forza per superare il suo costante dolore, eppure ripeteva: “VIVA LA VIDA!”

Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti? 

Di pensare un poco di più a sé stessi prima che agli altri. 

È fondamentale la propria felicità!

Quanto conta la comunicazione?

Tantissimo, anche perché le mie opere raccontano tutte storie o emozioni e quindi si basano molto sul messaggio e la comunicazione.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

Io ho esposto sempre in Italia, in luoghi differenti (gallerie, musei, archivi di stato, spazi comunali) e poi all’estero presso la Fondazione Columbus a NY. 

Purtroppo in Italia non ci sono tante possibilità di emergere pur avendone le capacità. 

Subentrano tanti meccanismi che possono solo deprimere l’artista serio. 

All’estero invece se sei bravo lo capiscono subito e ti danno fiducia.

Cos’è per te l’arte?

“La pittura è tutta la mia vita, senza non vivo!” 

Questa frase la sento nel sangue da sempre.

Cosa ti aspetti da un curatore?

Mi aspetto rispetto del lavoro dell’artista senza tentativi di snaturarne le capacità e le tendenze.

Mi aspetto anche correttezza e trasparenza.

Doti rare!

Cosa chiedi ad un gallerista?

I miei rapporti con i galleristi non sono stati ottimali.

Quelli che ho incontrato non mi sono parsi amare l’arte ma solo il profitto che dall’artista possono trarre.

Spesso arroganti, indelicati e talvolta anche ignoranti. 

Ad oggi non ho incontrato il mio gallerista ideale. 

Mi piacerebbe invece una persona che oltre ad amare l’arte desse fiducia al lavoro dell’artista e lo aiutasse in un percorso di crescita che poi sarebbe anche il suo.

Quanto contano per te la luce e il colore?

Io sono una grande amante oltre che di Frida anche di Caravaggio. 

A mio avviso un genio. 

Quei contrasti di luce e ombra sono presenti anche nelle mie opere che si arricchiscono del mio personale sentire e vissuto, fatto di crepe che spesso rimarco di rosso. 

I colori sono energia vitale. 

Se non li avessi amati avrei fatto altro!

Grazie Adele per l’interessante chiacchierata

Alessio Musella

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