FRANCO FARINA raccontato da Andrea Grieco.

FRANCO FARINA a cura di Andrea Grieco
FRANCO FARINA a cura di Andrea Grieco

Nel porsi di fronte alle opere di Franco Farina si ha una subitanea, fulminante percezione di quella “squisita indifferenza” che lo storico dell’arte Kirk Varnedoe ravvisava essere la chiave interpretativa delle forme espressive intrinsecamente moderne.

Con tale definizione lo studioso statunitense richiamava il gesto con cui William Webb Ellis, durante una partita di calcio del 1823, con fare disincantato e strafottente, raccolse tra le braccia la palla e, correndo, continuò imperterrito a giocare, di fatto inventando il rugby.

Ecco, l’arte moderna tout-court, per essere tale, deve manifestare la stessa innocente, ludica, e perché no spudorata, sregolatezza mostrata di Ellis nei confronti di ogni schema e dogma per squadernare un orizzonte di soluzioni possibili, di inediti scenari da esplorare, il tutto con attitudine tanto riflessiva quanto euforica e finanche ironica. 

Tutto ciò è palesemente manifesto nei cangianti manufatti che Farina cesella con la sagacia dell’artigiano e lo sberleffo del fanciullo, commistionando archetipi mitologici e icone pop, intimismi e onirismi, sacro e profano, originando una strabiliante soluzione immaginifica, la cui cifra stilistica è l’incredibile sintesi che instaura tra arditezza e armonia.

Farina, con fare alacre ed estroso, va così definendo un personalissimo Pantheon in cui convivono in maniera ieratica e sensuale, ma anche critica e provocatoria, creature di un pullulante immaginario collettivo; ecco allora incontrarsi, in uno spazio ancestrale costituito precipuamente da suggestivi e onirici fondi metallici, sovente squarciati o ammantati di pigmenti evocativi, (arc)angeli, santi, martiri e puttane, mostri, chimere e fiere, ma anche viandanti, naufraghi e folli.

Ogni singola opera di Farina va dunque figurandosi come un frammento del suo eccentrico e visionario “giardino delle delizie”, letteralmente forgiato nella materia ferrosa, plasmato piegando lamiere, architettato praticando un détournement dei lacerti industriali e quotidiani.

Questa pratica, che fa stare Franco Farina all’arte come la band tedesca degli Einstürzende Neubauten al rock, si fa fucina di epifanie bizantine e magistrali che rapiscono il fruitore in un malevolo e conturbante incanto.

Andrea Grieco

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