Figura galante, di Sandro Chia, olio su tela, 1982.

artae misia
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Miti simboli e costumi radicati nella cultura italiana, acquistano nuova vita nel dipinto di Sandro Chia, manipolati e trasposti in un nuovo contesto che dà all’artista  la libertà di esprimere il proprio inventario di forme.

Pennellate violente, tavolozze di colori potenti e forme primitive si ritrovano combinate in un immaginario estremamente efficace.

La distanza che l’artista sente nei confronti del suo ambiente e delle sue strutture, può essere colmata, come afferma lo stesso Chia, con l’atto di “dipingere per il bene del pittore stesso”.

Nella sua opera cosi espressiva, egli celebra la sensualità, la vitalità e il rapporto con la natura dell’uomo.

Assimilando cultura e immagini della storia dell’arte, racconta erotismo, malinconia e morte. Con le parole dell’artista: “In fondo dipingere significa questo, significa pedinare a distanza un soggetto, braccare un’immagine, seguirne le tracce, scoprire le tracce, cancellare le tracce.

Significa dimenticare se stessi nel paesaggio del quadro appena abbozzato, diventare lo specchio dell’immagine e quasi per caso, inavvertitamente, entrare nel quadro.

Pochi passi dentro il quadro e il quadro diventa il teatro dell’auto seduzione, pochi passi dentro il quadro e il quadro si trasforma in autoritratto.

Ancora un passo o due e si esce dal quadro lasciandovi l’immagine, l’ombra, il corpo astrale”.

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