Federico Caloi, Filosofo, Curatore e Critico d’Arte.

federico caloi
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Quando per professione e passione si parla di arte, non ci sono regole da seguire, ma il cuore, il bello di collaborare con diversi curatori e critici, è proprio scoprire , che ognuno di loro, ha il suo modo di comunicare…

Conosciamo meglio Federico Caloi

Il tuo primo contatto con l’arte?

Nasco da una famiglia di artisti, mio padre e mia madre si sono conosciuti durante gli studi all’accademia di Brera e, soprattutto mio padre, è stato un ottimo artista, pittore, scultore di grandi monumenti pubblici e grafico.

Anche da parte di mia madre ero circondato da zii attori, doppiatori, scrittori, insomma, come piace dire a me, chi nasce nella vigna impara fin da subito a fare il vino.

Che formazione hai avuto?

Io ho studiato filosofia, ma sono stato uno di quegli studenti turbolenti che, prima di trovare la loro strada fanno molti tentativi, per cui nella mia vita, devo dire molto intensa e piena, ho fatto in tempo a dare esami a economia, sociologia e giurisprudenza, prima di trovare la mia vocazione.

Oggi ne vado orgoglioso, mentre un tempo vivevo questa cosa quasi con imbarazzo, perché mi ha permesso di avere una formazione e una cultura eclettica.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Come dicevo prima, nasco nel mondo dell’arte e me ne sono occupato fin da giovane, collaborando in famiglia e iniziando fin da ragazzo a realizzare iniziative.

Poi, in un una parentesi significativa della mia vita, mi sono occupato di tutt’altro per una decina di anni, ero nel mondo della finanza e investimenti, avevo bisogno di una pausa da un mondo affascinante, quello dell’arte, ma anche bislacco, vissuto tra gli artisti. Il destino ha voluto che l’arte, un giorno, mi richiamasse, perché, ormai quasi venti anni fa, una notissima televisione di arte mi ha coinvolto in un loro progetto e da lì è stato il trampolino di lancio per la mia attività.

Come scegli i progetti o gli artisti da seguire?

Sono felice che mi fai questa domanda perché è una cosa molto importante.

Cerco sempre artisti “veri”, cioè persone che sappiano realizzare opere in grado di dire qualcosa, di raccontare o comunicare emozioni.

Senza l’emozione, anche solo della bellezza (ma l’arte non è solo questo) l’arte non è niente. Nei progetti che realizzo negli ultimi anni cerco di offrire al pubblico contenuti che abbiano spessore, mostre istituzionali o eventi che abbiano un filo conduttore collegato agli argomenti della cultura o della contemporaneità.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

Ah in realtà sono tanti, da mio padre che in smoking, all’ultimo momento, prende in mano il pennello per firmare un’opera da portare a un galà, a quando durante una trasmissione televisiva in diretta, crolla tutto il magazzino dei quadri dietro il set, con fracasso terribile, ma ci fanno segno che dobbiamo continuare e allora mi invento la scusa che era stato un tuono. Ma l’episodio che ho nel cuore è stato durante la presentazione al vernissage di un artista che amo molto: una signora si è commossa per come parlavo della sua arte e mi è venuta ad abbracciare davanti a tutti.

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Senz’altro Michelangelo, che non era burbero come si crede.

Gli chiederei di spiegarmi la sua filosofia, perché era un uomo dalla cultura incredibile e aveva una visione di cui possiamo intuire molto ma sappiamo poco.

Quanto conta la comunicazione?

È tutto. Oggi siamo in un momento di passaggio da un vecchio stile nel comunicare, che non piace alla gente, a quello nuovo, che deve essere semplice, divulgativo, attraente. Non sono molti quelli che lo adoperano e che hanno capito.

Oggi consiglieresti l’acquisto di un emergente come investimento?

Indicativamente sì.

Se l’emergente sta facendo un percorso serio e visibile, vale sempre la pena di acquistare un emergente, non si può mai sapere se nel giro di un decennio ci si trova in casa un’opera di qualcuno che è definitivamente decollato.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia ed estero?

Molta. Molto più di quanto non si immagini.

Per mia fortuna, negli ultimi anni divido la mia vita tra Italia ed estero, paesi europei e Americhe.

In Italia abbiamo molti artisti validi ma il collezionismo tradizionale è ancorato ai soliti noti, agli storicizzati perlopiù, e in Italia c’è un boom incredibile del Pop.

All’estero il Pop non interessa più a nessuno, vanno altri linguaggi contemporanei molto raffinati e inoltre all’estero si usa ancora molto comprare arte per il gusto dell’arte, senza per forza badare che l’artista sia affermato, se è bravo.

Cos’è per te l’arte?

Se dovessi darti la mia definizione personale ti direi che è il prodotto creativo di una ricerca estetica (l’estetica non è la bellezza: è un concetto più complesso) volto a suscitare un’emozione.

So che è una definizione filosofica, infatti la ritengo rigorosa, ma il dibattito su cosa sia arte o meno oggi è aperto più che mai, fino a definizioni che non si possono scartare con superficialità, come quella che sostiene che arte è tutto ciò che almeno due persone convengono che sia arte.

Per proporre arte bisogna averla studiata?

Indispensabile.

Anche se tanta arte ha il compito di passare al fruitore senza mediazioni chi propone arte deve averla studiata. Io personalmente, ancora oggi, studio tantissimo, ho la fortuna di essere un lettore vorace.

Anche se ho studiato filosofia, che peraltro serve tantissimo all’arte e a spiegarla, fin da bambino leggevo i libri d’arte che erano nel laboratorio di mio padre.

Le pareti erano circondate completamente da scaffali solo di libri d’arte.

Senza studiarla si perdono connessioni fondamentali per la sua divulgazione.

Cosa chiedi ad un Gallerista?

Sarò durissimo; di essere serio. In questi tempi non è facile trovare galleristi seri, per fortuna esistono, ma sono pochi.

Nei tanti anni di lavoro come critico e curatore ho lavorato con molti galleristi, dai più blasonati a gallerie minori, e devo dire che se non fosse che ho seri principi morali, potrei fare la gola profonda e raccontare cose tremende sul conto di certi “galleristi” che vanno in giro a testa alta ma che invece hanno l’armadio pieno di scheletri.

Cosa pensi dell’editoria di settore?

Prima parlavamo di comunicazione, l’editoria del settore è indispensabile.

Gran parte della divulgazione dell’arte passa attraverso l’editoria che, nella maggioranza dei casi, è stata in grado di rimanere indipendente e di qualità, anche perché quella di scarsa qualità e prezzolata è talmente mal fatta o così spudoratamente commerciale che balza subito all’occhio.

Che differenza c’è tra curatore e critico d’arte?

Ti ringrazio per questa domanda perché è estremamente importante per far capire persino all’artista, ma soprattutto al pubblico, la differenza dei ruoli e la sua valenza.

Premetto che una buona mostra senza un curatore e un critico sarebbe poca cosa perché, come ho detto fino ad ora, senza comunicazione un artista non va da nessuna parte.

Io, per esempio, sono sia curatore che critico, ma i ruoli sono molo diversi.

Intanto, per semplificare, io dico sempre che il critico oggi non critica, ma divulga; a lui il compito di entrare nel profondo della storia dell’artista, di trovare i nessi con l’arte, il significato delle sue opere e la sua estetica.

Il curatore invece svolge un ruolo di studio più specifico, a volte anche opera per opera, al fine di realizzare un percorso organico durante un’esposizione. Inoltre, il curatore generalmente si occupa anche di tutti gli aspetti organizzativi di un evento artistico, dalla comunicazione all’allestimento.

Grazie Federico per il tempo a noi dedicato

Alessio Musella

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