Conflitto di interessi: Quando l’informazione diventa mera Pubblicità…

alessandro riva
arte in

Ho letto questo post scritto da un professionista del settore Arte e , per evitare che si perda su i social , d’accordo con la nostra redazione, abbiamo deciso di farlo diventare articolo.

Buona Lettura

Mi ero ripromesso di non scrivere nulla riguardante Arte In, rivista che ho reinventato da zero un anno e mezzo fa e diretto, con successo, fino a poche settimane fa, allorché l’editore, un mercante televisivo piuttosto noto, non ha deciso di cambiare la direzione artistica. Avevo deciso di non scrivere nulla perché è importante voltare pagina, non rimuginare sul passato ma guardare avanti, ai progetti futuri, che sono molti e molto impegnativi.

Ma di fronte a certe bestialità credo non si possa tacere. È appena stata messa on line la copertina del primo numero diretto da Luca Tommasi, che mi ha sostituito nella direzione artistica. Sapete chi sarà l’artista di copertina? Ian Davenport, pittore inglese di una certa fama. Tutto bene?

Beh, mica tanto. Perché il nuovo direttore, che mi ha sostituito, di mestiere non fa né il critico né il giornalista: fa il gallerista e il televenditore (guarda caso, nelle Tv del suo editore).

E, tra gli artisti della sua scuderia, indovinate un po’ chi c’è?

Già, proprio lui: Ian Davenport. Insomma, se il buon giorno si vede dal mattino, temo che il “nuovo corso” di Arte In inizi davvero male, all’insegna di un conflitto di interesse grande come una casa. Io, da direttore, avevo messo in copertina grandi artisti internazionali, da Andres Serrano, a Sandy Skoglund, ad Ai Wei Wei, a Jeff Koons, a Oliviero Toscani, con ampi servizi e interviste esclusive.

Ma, al contrario di Luca Tommasi, non vendevo i quadri degli artisti che mettevo in copertina. Il mio, e quello dei miei collaboratori, si chiamava con un nome semplice semplice: giornalismo. Quando un gallerista mette in copertina un suo artista, invece, il nome di questa cosa non è più giornalismo, ma pubblicità mascherata.

E ciò che il lettore si ritrova in mano finisce per prendere un altro nome, che sia house organ o giornalino aziendale ha poca importanza, di certo non più rivista di informazione e di cultura. Temo che qua manchino proprio le basi, quelle che ti insegnano al primo anno della scuola di giornalismo, dove gli studenti scoprono per l’appunto la differenza che corre tra corretta informazione e propaganda commerciale…

C’è da chiedersi con che faccia, poi, questi chiedano anche ai propri collaboratori di scrivere gratuitamente… (a sinistra, potete vedere la pubblicità del nuovo numero di Arte In con Ian Davenport, a destra la pagina della Galleria Luca Tommasi, nella pagina… di Ian Davenport).

A.R.

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