Barbara Lo Bianco, Founder della BABS Art Gallery.

barbara lo bianco
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BABS Art Gallery è una galleria d’arte inaugurata nel 2018 a Milano. Un progetto nato da un’idea di Barbara Lo Bianco per valorizzare un fenomeno artistico-culturale.

Un luogo in cui poter godere di opere d’arte concepite come veri e propri gioielli, piccole sculture da indossare nel proprio quotidiano, realizzate da artisti che già hanno tracciato un proprio percorso nel panorama dell’arte contemporanea.

Attenzione però a non confonderli con l’arte orafa o con l’alta gioielleria. Il significato del gioiello d’artista non si esprime necessariamente secondo i medesimi parametri della gioielleria tradizionale, il suo valore non si definisce in funzione del tipo di metallo utilizzato o dai carati delle pietre incastonate.

Il valore del gioiello d’artista risiede nell’arte di colui o colei che lo ha concepito, nella capacità di condensarne la visione in un artefatto dalle dimensioni estremamente ridotte e soggetto a una serie di vincoli che lo rendano indossabile, durevole e soprattutto ornamentale. Un approccio che nella fase di realizzazione viene affrontato a 4 mani con il supporto di maestri orafi dalla spiccata capacità interpretativa e – soprattutto – di immedesimazione: ogni dettaglio pensato, ogni soluzione costruttiva proposta all’artista deve necessariamente rispondere per coerenza alla visione originale.

Una volta completato il percorso creativo, che si conclude con la realizzazione dei pezzi finiti e la definizione delle tirature da parte dell’artista (solitamente in 9, 12, 15 pezzi o in esemplari unici), BABS elabora insieme agli artisti un progetto espositivo, in cui i gioielli presentati istaurano un dialogo attivo con le sculture, i dipinti o le fotografie per consentire una più chiara visione del lavoro e del percorso dell’artista.

Una dinamica in cui l’Italia si è sempre contraddistinta per via di una capacità innata di interpretazione, sperimentazione e ricerca formale che vede le proprie radici nelle eccellenze dell’artigianato, sparse su tutto il territorio nazionale.

Prima Roma – con Masenza e i fratelli Fumanti, e Milano poi – con Fusari e Montebello, sono state due città di riferimento per il gioiello d’artista per tutta la durata del ‘900.

Artisti del calibro di Lucio Fontana, Arnaldo e Giò Pomodoro, Pietro Consagra, Niki de Saint Phalle – solo per citarne alcuni – hanno tutti esplorato la possibilità di realizzare opere d’arte indossabili affidando il proprio genio alla competenza e alla capacità di interpretazione di questi sublimi maestri.

Un’abilità che si stava dimenticando, complici i mestieri artigianali sempre meno di interesse per le nuove generazioni e, forse, anche per via di un mercato di riferimento tendenzialmente concentrato nel Nord Europa e negli Stati Uniti.

La sfida che BABS Art Gallery affronta è infatti proprio quella di rendere noto il gioiello d’artista, attraverso una serie di iniziative che spaziano dalla presenza in fiere di settore, fino a progetti finalizzati alla divulgazione storico-culturale attraverso incontri con scuole specialistiche, corsi d’arte, interventi in manifestazioni che abbiano un collegamento con questa disciplina artistica che, per natura, spesso fa fatica a trovare una collocazione precisa a causa del suo percepito a cavallo tra l’arte decorativa e l’arte orafa.

BABS Art Gallery è sicuramente un luogo che vale la pena visitare per comprendere quanto il messaggio di un artista non sia necessariamente vincolato al media scelto e, inoltre, per permettere a sé stessi di avvicinarsi al mondo dell’arte in un modo più intimo.

Conosciamo meglio Barbara Lo Bianco lasciando a lei il piacere di raccontarsi rispondendo alle nostre domande:

Quando e come è stato il suo primo contatto con l’arte?

Non credo ci sia stato un primo contatto significativo. Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia di amanti  dell’arte e del design per cui sin da piccola ho frequentato musei, mostre, fiere.

    Il primo contatto con il gioiello d’artista, invece, lo ricordo bene: un paio di orecchini in oro e turchesi raffiguranti dei colombi in volo, dell’artista Antonio Paradiso, regalo di mia madre per il mio diciannovesimo compleanno.

    Quando ha deciso di occuparti di arte ?

    Questo invece è stato il regalo che mi sono fatta per i miei cinquant’anni. Anche se forse già in passato c’era stato qualche ‘segnale’: per anni mi sono divertita a esporre opere di giovani artisti negli spazi che gestivo per altre mie attività.

      Come sceglie gli artisti da promuovere?

      All’inizio erano artisti che conoscevo e dei quali possedevo delle opere, poi ho iniziato a contattare artisti che mi incuriosivano e il cui lavoro ritevo si potesse trasformare in una scultura da indossare, gioielli appunto. 

        Cos’è per lei l’arte?

        È qualcosa che mi accompagna sempre, è curiosità, emozione, bellezza. Mi aiuta a comprendere e interpretare gli altri, il mondo che mi circonda e l’animo umano attraverso la visione di una sensibilità e una capacità espressiva che purtroppo non ho.

          Mi racconta un aneddoto che ricorda con il sorriso?

          Con un sorriso amaro va bene?

          Durante una fiera, in Italia, avevamo esposto i gioielli di grandi artisti tra cui Arnaldo e Giò Pomodoro, Consagra, Man Ray (e tanti altri), e le foto di questi splendidi gioielli indossati scattate da Ugo Mulas.

            Una visitatrice, dopo aver guardato attentamente tutto e letto le didascalie mi si avvicina e dice: ”belle, è lei la fotografa?”.

            Ho spiegato chi fosse Ugo Mulas e specificato il periodo in cui erano state scattate le foto (cioè quando io avevo circa un anno di età), a quel punto mi ha chiesto se fossi stata io a disegnare e realizzare tutti i gioielli!

            Oggi il troppo concettuale non rischia di allontanare il pubblico dall’arte?

            Dipende, secondo me, molto da come viene proposto.

            Bisognerebbe avere la generosità di spiegare, soprattutto un’arte poco immediata come quella concettuale (il che contribuirebbe ad annullare un po’ di quel timore reverenziale che molti hanno) e la volontà di ascoltare. Se si fa capire non si allontana il pubblico, anzi lo si incuriosisce.

              E soprattutto non giudicare se qualcuno ha gusti diversi e non prova la nostra stessa emozione davanti a un’opera.

              Quali sono  oggi le fiere che ritiene  più interessanti?

              Purtroppo le più interessanti sono ancora all’estero: Art Basel ha sempre una bella selezione, così come Tefaf e Frieze. Tutte queste però hanno spesso pregiudizi nell’accettare il lavoro delle gallerie come la mia, considerata di un’arte “minore” perché  applicata.

                Se potesse incontrare un grande artista del passato chi sceglierebbe?

                Impossibile scegliere. Ce ne sarebbero così tanti che mi piacerebbe incontrarne sia dell’arte antica sia di quella a noi più vicina… mi spiace ma al momento non riesco a scendere sotto la dozzina!

                  Quanto conta la comunicazione nel mondo dell’arte?

                  Conta certamente, come per  moltissime cose, che senso ha farle se nessuno lo sa? Fondamentale anche fare capire, sin dall’età scolare che “storia dell’arte” non è una materia utile solo per studiare quella dell’ora successiva o per riposare.

                  Le persone vanno educate e incuriosite.

                    Cosa cambierebbe nel sistema arte in Italia?

                    Mi piacerebbero ci fossero un po’ più galleristi e meno mercanti. Vorrei che si spingesse un po’ di più l’arte italiana, soprattutto contemporanea, e questo vale per le fiere, le gallerie, le mostre.

                    Mi piacerebbe che l’arte avesse dei vantaggi fiscali (come in molti paesi stranieri), per incentivare sponsorizzazioni, partecipazione a fiere e manifestazioni per gallerie piccole, che fanno ricerca e devono quindi sostenere investimenti e per gli artisti che potrebbero dedicarsi con un po’ più di serenità al loro lavoro.

                      Alzerei i prezzi di ingresso in molti musei e luoghi d’arte per i turisti per poter finanziare restauri e iniziative e contemporaneamente abbasserei per i residenti e per i giovani studenti per permettere di godere della bellezza che li circonda, apprezzarla e rispettarla.

                      Qual è il ruolo del gallerista oggi?

                      A mio avviso dovrebbe essere scopritore di talenti, uno stimolo per l’artista e un’ispirazione per chi invece si avvicina all’opera come collezionista, amante, appassionato o anche semplice curioso. Dovrebbe sapere raccontare la storia, il progetto, il lavoro. Se poi riuscisse anche a portare i nostri artisti fuori dai confini, avremmo chiuso il cerchio.

                        La prossima mostra nella Babs Art Gallery?

                        Il 19 marzo inauguriamo una mostra di Loris Cecchini a cui lavoriamo da tempo: Body Sculptures .

                        Questo importante artista, tra i più quotati italiani nel panorama artistico internazionale ha realizzato su mia richiesta una serie di bracciali, anelli, collane e orecchini partendo dai suoi grandi temi di ricerca: lo spazio, il rapporto tra organico e artificiale, la capacità rigenerativa delle forme.

                          È stato veramente affascinante seguire i suoi pensieri (di solito organizzati intorno alla realizzazione di opere monumentali) adeguarsi ad altre misure, passare dalla dimensione architettonica a quella del corpo.

                          Questi gioielli in mostra (fino al 21 maggio) sono vere sculture pensate per interagire con le forme umane e abitarle in modo armonioso.

                          Grazie Barbara, davvero un interessante chiacchierata.

                          Alessio Musella

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