Lo sguardo profetico di William Blake e Mario Vespasiani, Illuminazione e oscurità tra arte e letteratura, dal passato ai giorni nostri.

Mario Vespasiani
Mario Vespasiani

La storia non sempre procede in maniera lineare, a volte ha fretta di farsi futuro e in altre necessita di rileggere il suo passato, di interpretarlo per farlo sedimentare.

Non sono pochi gli esempi di personaggi che in molti settori della ricerca e della cultura, sono andati più veloci dei loro tempi, al punto da sembrare in ritardo, scollegati o considerati fuori di testa. Eppure gli anni non pesano sulle loro spalle, non c’è traccia di polvere sul ricordo e sulle loro opere quando vengono rilette col senno di poi, quando la società ha assunto una maggiore lucidità, un più attento ascolto. 

Autori come William Blake (Londra, 1757-1827)e Mario Vespasiani (1978) a distanza di secoli inaspettatamente si ritrovano in un cammino per certi versi parallelo.

Attratti dallo stesso modo di osservare ciò che vivono, ci offrono pur nella differenza stili e tecniche un solo binocolo da cui guardare, con un’occhio all’innocenza e l’altro al coraggio.

Dalla luce all’oscurità, dall’ordine al caos e viceversa, ci dicono che siamo davvero nel mondo ma non del mondo. Entrambi estremi, famelici e lucidi, se Blake dichiarò di aver avuto visioni per tutta la vita, per Vespasiani le idee derivano dalla contemplazione.

Condividono l’intuizione che il bambino e il poeta possono trovare la verità in tutto, perché innocenti e dunque portatori del dono di percepire la realtà come qualcosa di fiammeggiante, di infinito.
Come il settecento di Blake fu il secolo dell’Illuminismo, dell’equilibrata capacità critica e del raziocinio, anche la nostra epoca ha affidato le sue speranze, prima all’economia e poi alla scienza, rinnegando ogni spinta metafisica dell’uomo e qualsiasi riferimento alla trascendenza. Blake, pur essendo un uomo religioso, parlava della frammentazione della coscienza e del dualismo, ma non intesi come “contrari” bensì come “opposti-complementari” a dire che altrimenti non ci può essere una progressione necessaria all’esistenza umana.

Vespasiani invece ritiene che l’evoluzione sia principalmente un fatto interiore e che poi si espande alla società, in uno scontro tra forze opposte, prima nel piccolo e di conseguenza nel macrocosmo, in una lotta tra illuminazione e oscurità. 

Se la poesia giovanile di Blake risente delle letture di Shakespeare, Milton, Ossian e della Bibbia, il suo genio non derivava tanto dai libri quanto da una luce interiore, che ancora oggi lo rende cristallino ma di non facile lettura. In comune con Vespasiani c’è quell’immaginazione che si fa percezione sovrasensoriale, per condurre l’artista in contatto diretto col principio ultimo, fino ad identificarsi con l’intero universo da cui apprendere le relazioni mistiche tra l’uomo, la natura e la divinità.

William Blake si riteneva essere portatore di un messaggio autentico, in favore dell’istinto e della libertà contro ogni forma di repressione e anche per Vespasiani l’arte è un elemento di consapevolezza, di scoperta frontale del proprio sé. Il linguaggio di Blake, rivoluzionario nella sua uniformità, negli accostamenti e nella grandiosità delle immagini, superando le stilistiche tradizionali è di fatti diventato precursore di non poche idee e tendenze odierne, cosa impensabile alla sua epoca, che in pratica lo ha ignorato. 

Entrambi avversi a tutto ciò che è statico e ponderato, esprimono con le loro opere il fluire generoso e incessante della vita, che è, prima di tutto, istinto, colore e immaginazione.

Ostinatamente ritengono che se occhi e mente non sono rivolti a pensieri superiori, non si riuscirà a cogliere l’infinito nell’espressione della materia. La forza dei due autori risiede nel costante impegno morale, nel percorso analogo tra purezza ingenua e vocazione eroica, di chi vede nelle cose le idee eterne più che la forma in sé. 

Loro pensano e creano attraverso un codice simbolico, accumunati da un alfabeto fatto di cromie vive, stelle, tigri e di tutti gli archetipi. 
Entrambi riconoscenti alla letteratura, hanno affrontato “fisicamente” quel capolavoro tanto sublime quanto impegnativo che è la Divina Commedia di Dante Alighieri

Mario Vespasiani con un film “Le nove oscurità degli inferi” William Blake con 102 illustrazioni, in cui tra schizzi a matita e acquerelli, ha concepito scene strazianti e immagini di luce, pene corporali fino alla perfezione della forma fisica. 

In questo nuovo progetto, Vespasiani ha applicato la sua impronta pittorica al video, unendo le sue conoscenze cinematografiche a quelle storico-letterarie e facendo riferimento ai tempi che stiamo vivendo ha messo in dialogo le sue visioni interiori del mondo dell’aldilà, con quelle dei santi e delle anime-vittima che realmente hanno avuto accesso ai piani ultraterreni. 

Blake pur rimanendo fedele al testo, invece apportò alcune sue urgenze ai temi centrali dell’opera dantesca, introducendo elementi interpretativi propri a concetti vasti quali il peccato, la colpa, il castigo, la vendetta e la salvezza.
Significativi sono i precedenti cicli pittorici attraverso i quali Vespasiani ha illustrato il passaggio nel mondo ultraterreno che riconducono a questa nuova produzione: da Le nove porte celesti” con cui ha rappresentato l’ascensione al cielo in un vortice di nubi e raggi solari, passando ad Empireo nella cui descrizione, tele di formato verticale ricostruivano le altezze siderali dove dimorano le anime dei beati, fino alla recente mostra intitolata Eschatology” nella quale attraverso opere monumentali ha descritto l’alba di un nuovo mondo attraverso passaggi dimensionali di coscienza. 

Ora con “Le nove oscurità degli inferi” ci conduce nelle profondità della terra e dell’animo, evocando il senso di assenza e di perdita della speranza da cui non si può evadere.

Con questo lavoro Vespasiani si rivolge a quella parte di società che ha perso di vista il bene, ad un cambio di mentalità, ad operare per l’armonia e a farsi promotori di giustizia quando si è in tempo, prima che il destino diventi irrevocabile.

Un’opera complessa, dalle inquadrature aeree alla costruzione dei set, dall’ispirazione fino all’obiettivo di creare non solo arte ma consapevolezza. 


Nell’anno delle celebrazioni dell’anniversario di Dante Alighieri, rileggere questi due autori, pur nelle ovvie differenze stilistiche, nell’analogia di sguardi verso l’uomo redento dalla grazia, verso ciò che la scienza non può ancora spiegare ma che l’animo umano sa già di conoscere, non può che essere salutare, in questo che diventa un inno alla vita, alla potenza dell’immaginazione e della sensibilità.

Total
0
Shares
Previous Post
Valeriano Venneri

Valeriano Venneri, Critico d’Arte.

Next Post
FILLY LUPO

TRIBUTO AD E.A. MARIO: BIDERI RILANCIA COMME SE CANTA A NAPULE IN CHIAVE TANGO CON LA VOCE DI CARLOS GARDEL E FILLY LUPO

Related Posts