Sara Forte: “Ordine Creativo”.

Sara Forte
Sara Forte

Classe 1978.

Autodidatta, perfeziona la sua tecnica seguita dal Maestro Antonio Vittorio Alfieri

Nei suoi lavori forme e colori si rincorrono miscelandosi con tradizione pittorica e sperimentazione.

Lasciamo a lei il piacere di raccontarsi rispondendo alle nostre domande:

Il tuo primo contatto con l’arte?

Sono sempre stata attratta da tutto ciò che è forma, colore e materia.

Fin da piccola mi piaceva colorare ogni superfice e renderla materica con tutto ciò che poteva lasciare un segno.

Sono cresciuta con una mamma designer di moda.

Lei e le mie zie lavoravano insieme nel loro atelier di famiglia dove confezionavano abiti sartoriali su misura.

Da piccola mi divertivo a giocare con gli scampoli e i fili colorati che ho portato anche nel mio lavoro come elemento di unione tra energia ed essere umano, tra visibile e invisibile, tra corpo e mente.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

In realtà è una cosa che ho sempre desiderato fin dalle scuole elementari.

Nel classico tema “cosa vuoi fare da grande?” Volevo essere un’artista, che volevo dipingere, creare e scoprire il mondo e in età adolescenziale ne ho avuto conferma perché qualunque cosa facessi mi riconduceva a soluzioni artistiche.

Negli anni ho scoperto che trasformare questa passione in professione è stata una delle sfide più dure incontrate nella mia vita, ma devo ammettere che sono felice di essere rimasta fedele a me stessa e al mio sogno.

La tua prima opera?

Una natura morta raffigurante fiori recisi e guanti per i piatti eseguita ad olio e non firmata.

La custodisco gelosamente.

I punti di contatto tra dipinto e scultura?

Quando ho deciso di abbandonare la figurazione per passare all’astrattismo ho fatto della tridimensionalità uno dei miei punti di ricerca.

La mia sfida è stata poi quella di passare, dalla bidimensione del quadro, alla tridimensionalità vera e propria della scultura e il materiale che ho scelto è il vetro artistico recandomi periodicamente in fornace a Murano.

Materiale tanto affascinante quanto estremamente complesso da lavorare.

Vetro come metafora della vita: fragile, incantevole e trasparente.

Per fare arte bisogna averla studiata?

Non necessariamente.

Nasco come autodidatta e per molti anni ho fatto ricerca per mio conto.

Sono poi andata “a bottega” da un maestro che mi ha insegnato a perfezionare le varie tecniche pittoriche, dall’olio all’acrilico, dal disegno con grafite all’incisione.

Per giunta la storia dell’arte rivela che ci sono stati diversi artisti che, senza aver seguito il percorso classico di studio, sono entrati nella storia tra i più  importanti e apprezzati al mondo, penso a Frida Kahlo, Vincent Van Gogh, Henri Rousseau o ad Alberto Burri che inventò una tecnica pittorica assolutamente inedita nonostante avesse una laurea in medicina.

Cosa unisce i tuoi dipinti e la musica?

Mi piace pensare alla musica unita alle mie sculture, forme attorcigliate su se stesse in un voltare cosmico e universale come cucite alla loro stessa sostanza, un distillato tridimensionale come un’ eterna sfida tra essere umano e materia che, una volta indurita, restituisce forma, splendore e colore alla creazione.

Come scegli cosa ritrarre?

Sono particolarmente legata alla letteratura del secondo 900 italiano da cui ho tratto ispirazione per alcuni lavori in vetro.

Adoro anche gli autori russi dell’ 800, la filosofia neoplatonica e i testi del Buddismo Mahayana.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso.

Durante una mia personale a Urbino mi si avvicina un collezionista, un uomo colto e distinto e mi dice : “ Signorina Sara lei è un soldato fatto di titanio, perché per fare queste cose ci vuole un gran coraggio”.

Uno dei complimenti più belli mai ricevuti.

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Avrei voluto incontrare Kazimir Malevič, padre del suprematismo russo, secondo cui l’oggetto in sè non significava nulla per cui l’arte giunge, col suprematismo, all’espressione pura senza rappresentazione”.

Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti?

Di seguire i propri sogni, districandosi dalle difficoltà e dai consigli sbagliati, di ascoltare i pareri di tutti filtrandoli con intelligenza.

Quanto conta la comunicazione?

Moltissimo. Ho sostituito il collage di carta stampata su tela con i dischi di Silicio a conferma che l’uomo è fatto per comunicare, ed oggi la comunicazione viaggia con i mezzi tecnologici che quotidianamente usiamo.

Il Silicio che uso per le mie opere in 3d è un prodotto dell’industria, fondamentale per la costruzione di tablet, smartphone e computer.

Un fermo immagine sul nostro tempo, materiale vetroso di archeologia moderna ignorato dalle masse ma assolutamente prezioso e indispensabile per le trasmissioni delle nostre comunicazioni.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte, tra Italia ed estero?

All’estero la figura dell’artista è considerata una professione di tutto rispetto.

Il fatto che nell’immaginario collettivo ancora non si percepisca che fare arte è un mestiere dimostra che questo paese ha ancora molta strada da fare.

Cos’è per te l’arte?

Il rifugio più colto e nobile per mettere al riparo se stessi.

Cos’è per te la musica?

La base di molte ispirazioni.

Ho molti amici musicisti e compositori in Italia e all’estero, del resto le arti danzano bene insieme.

Cosa ti aspetti da un curatore?

Che sia divulgatore e promotore di progetti artistici di livello aldilà delle logiche di mercato.

Cosa chiedi ad un gallerista?

A parte qualche gallerista illuminato (che si contano sulle dita) sarebbe bello che il gallerista tornasse a fare il “gallerista”, alla Cardazzo per intenderci.

Mi rendo conto che ormai quell’epoca non esiste più e che il mondo, specie quello dell’arte, sia completamente cambiato ma credo esistano molti ottimi artisti ancora non premiati dal mercato e che il sistema arte sia ancora troppo pigro e asservito alle proposte internazionali dettate dalle grandi case d’aste.

Quanto contano per te la luce e il colore?

Nella vita molto. Nell’arte sono fondamentali.

Grazie Sara per il tempo a noi dedicato e per la piacevole chiacchierata

Alessio Musella

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