Conosciamo meglio l’artista Alexander Ozerski.

Alexander Ozerski
Alexander Ozerski

Per introdurre l’intervista di Alexander Ozerski ho scelto di riproporre parte del testo scritto da Evelin Milazzo.

Umanità in movimento, libera da conformismo e ipocrisie, senza mezzi termini e misure, diretta, vera, mai addolcita.

Anche questo trasmette l’opera di Alexander Ozerski.

Pennellate dalle tinte forti, un dialogo tra le forme che non conosce compromessi: amanti appassionati colti nell’attimo di massima tensione dei loro corpi; volti contratti e sospesi, anonimi eppure familiari, spiati nell’intimità del corpo e dell’anima: cupa, ingorda, stanca.

Lasciamo che sia Alexander a raccontarsi attraverso le risposte alle nostre domande

Il tuo primo contatto con l’arte?

il mio primo contatto con l’arte,difficile rispondere in modo preciso;sono nato e cresciuto in un ambiente dove la musica di Mozart e le poesie di Pushkin erano la normalità,con una rigida educazione di mia nonna,ginnasta di fama nazionale.

Direi che il primo impatto fu quando da bambino scoprì Michelangelo e Leonardo, lì nacque la curiosità per le arti manuali.

Ricordo che disegnavo continuamente senza sosta, ma ero intenzionato diventare pittore, il mio sogno era diventare un fumettista.

Tutto andò così secondo i piani,mi iscrissi al istituto d’arte nella sezione grafiche per diventare un vero fumettista.

Dopo un paio d’anni mi ritirai per iniziare a lavorare e dare una mano in casa e feci l’iscrizione ai corsi serali per finire gli studi.

Per un errore finì nella sezione pittorica dove conobbi il mio maestro, Mauro Marchini.

Mi fece sedere, mi diede in fano un carboncino e mi disse prova a fare un ritratto.

Ricordo quella prima sensazione, la polvere del carbone tra le dita, la mano che scorreva sul foglio ruvido, era come se l’avessi fatto da sempre e mi dava una soddisfazione che non ho mai provato con i fumetti.

Feci il ritratto, nello stupore di tutti per esser la prima volta, lui mi guardò mi disse: “non male, lo sai che ora col cazzo che ti faccio passare in grafica”; e da qui iniziò il mio percorso pittorico.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso ?

Quando stavo imparando a disegnare dal vero con il professor Marchini che mi disse : ogni volta che sbagli un disegno mi devi portare una bottiglia di vino , dopo la prima cassa di vino ho pensato bene di migliorare.

La tua prima opera?

La mia prima tela fu un elefante africano nel mezzo della pianura padana,la intitolai “fuori luogo”,era come mi sentivo in quegli anni.

Avevo circa 18 anni quando la dipinsi,a quell’epoca ero affascinato dai poeti maledetti ero un degno rappresentante del decadentismo,sia nello stile di vita che nei miei lavori.

Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti ?

Un consiglio che darei ora al me diciottenne,di essere meno romantico e godersi più il momento.

Per fare arte , bisogna averla studiata?

Oggi giorno chiunque si sveglia e decide di fare l’artista, senza basi tecniche e culturali, io lo ritengo estremamente sbagliato.

L’artista, anche se nell’immaginario generale di solito è povero alcolizzato, pazzo e un pò drogato, è sempre stato di una cultura immensa, non solo di arti visive ma tecnico scientifiche(preparazioni di colori, stampi, tele supporti ecc..),letterarie e storiche.

L’esempio che porto spesso ai miei allievi è quello di Picasso, non piace a tutti perchè vedono le sue tele come scarabocchi infantili.

Poi mostro i lavori giovanili di Picasso, dell’accademia,e rimangono tutti stupiti di una capacità fuori dal normale pari ai grandi maestri del rinascimento.

Dopo capisco che dietro al cubismo c’è una base forte sia di ricerca che tecnica e anche culturale, perché la mitologia va studiata .

Come scegli cosa ritrarre ?

Raramente lavoro sconnesso tra una tela e altra, di solito vengo colpito da qualcosa per caso, geishe, maschere maya, poesie, danza o mitologia sconosciuta, sviluppo e faccio ricerche sul tema scelto fino ad esprimerlo a modo mio nei miei lavori.

Se potessi incontrare un artista del passato , chi e cosa gli chiederesti?

Se incontrassi un artista del passato…in realtà mi interessano più come persone che come pittori, perché noi siamo influenzati da tutto ciò che ci circonda.

Quindi se potessi viaggiare nel tempo sicuramente sceglierei di passare una notte brava con Modigliani e Picasso.

Quanto conta la comunicazione ?

Sono dell’idea che quando si lavora non si debba pensare alla comunicazione finale, ma ad esprimere in modo preciso la propria idea.

Ci sono arrivato a questa conclusione perchè negli anni ho notato che ognuno vede e legge in modo diverso un dipinto, ho sentito tante versioni dello stesso quadro che nemmeno io ci sarei mai arrivato.

Per comunicazione intendo quando un mio lavoro suscita un pensiero, un emozione, ti fa pensare o creare una storia, quando qualcosa ti colpisce e rimane nello spettatore.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

La percezione dell’arte all’estero è differente dall’italia,ma nel senso positivo.

Mi spiego meglio, all’estero tutto ciò che viene dall’italia viene percepito con gran entusiasmo proprio per la storia artistica del paese, in Italia ho notato che sono più “fighetti”, si sentono esperti e critici di diritto di nascita e cercano di compararti sempre ai grandi nomi del passato, non vale ovviamente per tutti, ma l’ignorante di turno capita sempre in un esposizione.

Cos’è per te l’arte?

L’arte, l’arte negli anni è diventata quasi una droga, ha creato una dipendenza in me.

Oggi il mondo ha una visione un pò distorta sia sull’arte che sugli artisti, sembra che devo essere per forza  eccentrici con capelli colorati e vestiti strani.

L’arte è nella vita quotidiana, senza forzature, vedere visi nelle macchie dell’umidità, osservare oggetti e persone in modo inconsapevole, apprezzare la cultura da osteria e ritrovarsi a fare bozzetti sui tovaglioli di un bar

Cosa ti aspetti da un curatore ?

Da un curatore prima di tutto mi aspetto un’intesa e una comprensione su ciò che faccio e come lo faccio,dopo dichè li darei carta bianca.

Non dipingo con l’idea di vendere o altro, io dipingo per me innanzitutto, perché ne ho bisogno, perchè il mio lavoro venga visto e susciti emozioni, poi se viene comperato ben venga, non ambisco a diventare ricco ma se riuscissi a mantenermi solo facendo ciò che amo sarei già contento.

Cosa chiedi ad un Gallerista ?

Un bravo gallerista, a mio parere, è come un bravo rappresentante, deve conoscere a fondo ciò che vende e chi lo produce.

Io sono fatto in modo forse sbagliato, per me in qualsiasi campo la prima priorità è che mi sia simpatico a pelle, poi procedo con tutto il resto.

Quanto contano per te la luce e il colore?

Nell’arte, nella pittura soprattutto, la luce e il colore giocano un ruolo fondamentale.

Qui torniamo un pò al discorso di prima, sulla preparazione e l’istruzione di un artista.

Per chi dipinge è fondamentale conoscere la tecnologia del colore, come viene percepito, le emozioni che ci suscita, gli accostamente ecc.

Lo stesso discorso, sempre secondo me, vale anche con la luce, diciamo per fare un semplice raggio di luce c’è molto da studiare e provare prima.

Quando hai deciso di insegnare disegno?

Negli anni ho dato qualche lezione privata di disegno, pittura o scultura.

La cosa che mi colpiva molto era tutta gente che veniva da vari corsi, quasi tutti si lamentavano di aver speso molto ed imparato niente.

Un anno ebbi una richiesta alta di lezioni private, così la mia compagna mi incoraggiò ad aprire un corso.

Sicuramente io volevo fare un corso di protesta verso quelle pseudo scuole d’arte che pensavano solo ai soldi.

Pensai ad una cosa alternativa ricreando lo stesso ambiente in cui mi ero formato io, musica vino e cultura.

Fissai un prezzo minimo per coprire le spese del corso, e decisi di fare le quote mensili, così se non vedevi progressi non eri vincolato ne perdevi soldi.

Da quel giorno son già passati 5 anni e il corso è in continua crescita, con molte soddisfazioni sia mie che degli allievi.

Grazie Alexander della piacevole chiacchierata

Alessio Musella

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