Arte orafa: intervista a Bruno Villani

Bruno Villani
Bruno Villani

Maestro orafo, scultore e scrittore, alterna da sempre la creazione di gioielli alla scultura tradizionale .

Entriamo , attraverso qualche domanda , nell’universo di Bruno Villani per conoscerlo meglio.

Il tuo primo contatto con il mondo della gioielleria ?

Da adolescente ero affascinato dal luccichio dei diamanti, incuriosito, da come una pietra potesse riflettere tanta luce e come la mano di un uomo potesse creare tali capolavori.

Ammiravo i gioiellieri sempre puliti e ordinati, non sapendo che invece per realizzare queste magnificenze fosse necessario sporcarsi e ferirsi, le mani.

Quando ho cominciato a interessarmi a questo mondo ho scoperto l’Art Nouveau in tutte le sue sfaccettature.

I gioielli erano pura armonia, delicatezza, magia, un connubio perfetto di colori e materiali, come se fossero stati creati per stare insieme grazie alla perfetta maestria dell’orafo che li realizzava.

Negli anni ho collaborato con molte aziende, in particolare una di queste mi ha permesso di creare gioielli seguendo con questo stile che trovo di una bellezza indescrivibile.

Riuscire nel tempo a riprodurre opere del genere è stato per me una vera missione.

Il tuo primo contatto con l’arte?

Quando ero bambino e mi portavano al mare giocavo con la sabbia, la particolarità era che invece di fare i castelli con i secchielli, creavo sirene, polipi, delfini e vari esseri marini, senza l’utilizzo delle formine.

Per me era un gioco mentre le persone che avevo intorno mi osservavano sbalordite e incuriosite.

Una volta feci una tartaruga marina, grande quanto la circonferenza di un ombrellone, metà insabbiata e metà esterna , in procinto di raggiungere il mare come avevo sempre visto fare dai piccoli nei documentari.

Curai tutti i particolari, la geometria del guscio, l’armonia delle zampe e del muso.

Per realizzarla ci misi tutta la giornata, al tramonto mi portarono via trascinandomi.

La mattina seguente quando scendemmo in spiaggia, in lontananza ci accorgemmo che intorno alla mia tartaruga c’era molta gente, e solo nell’avvicinarci capimmo che stavano scattando foto.

Una volta arrivati mia nonna mi lanciò un occhiata e mi chiese la cortesia: per quel giorno dovevo fare solo il bagno.

Credo possa essere considerato questo il mio primo contatto con l’arte.

Quando hai deciso di intraprendere questa carriera?

Fin da bambino ho sempre manifestato un’affinità molto marcata con la manipolazione dei materiali , per me era un mezzo di comunicazione, liberazione, in qualsiasi luogo mi trovassi cercavo di utilizzare le mie mani per costruire un qualcosa.

A 9 anni mi portarono in gita a Firenze e li vidi per la prima volta il “Perseo” di Benvenuto Cellini , rimasi esterrefatto nell’ammirare la maestria la perfezione e bellezza con le quali era stato realizzato.

il “Perseo” di Benvenuto Cellini

Negli anni ho utilizzato tanti materiali per le mie sculture, il marmo, il tufo, la pietra lavica, il legno, l’argilla ma, secondo me, il bronzo è ben altra cosa, viene unita la manipolazione (cera o argilla), la modellazione, la fusione, il cesello, in pratica per fare un’opera del genere devi essere sia scultore che orafo.

La citazione del maestro Cellini che sempre ricordo volentieri è : “un orafo prima di essere tale, è uno scultore”.

Da allora capii cosa volevo fare da grande, l’orafo.

Ho letto e riletto con piacere ” la Vita” che Cellini iniziò a scrivere nel 1558 che, per potenza narrativa, iperboli autoreferenziali e descrittive, rimane un topos della letteratura italiana

La tua prima opera?

Non la ricordo in verità.

A volte sui social di miei clienti trovo creazioni che ho fatto per loro in passato, le guardo e mi viene un sussulto, un fremito, ricordando quanto tempo è trascorso da quando ho iniziato .

A cosa ti ispiri quando crei?

L’ispirazione è ovunque, il vivere è ispirazione, basta guardarsi intorno o meglio osservare.

A volte anche solo ascoltando della musica, le sue vibrazioni mi trasmettono piacere, sensazioni che fanno bene all’anima che mi aiutano a disegnare linee, curve che poi trasformo in forme nell’immediato per timore che se non interpretate nell’istante in cui le ho percepite, possano fuggire via .

Che formazione hai avuto?

Mi sono diplomato all’Istituto d’Arte di Firenze, sezione oreficeria e successivamente all’accademia di Belle Arti. Durante il periodo degli studi andavo in bottega per fare pratica.

Sono convinto che non si finisca mai di imparare.

Da quando sono in questo settore (da oltre 35 anni) ho lavorato in molte aziende, da tutte ho ricevuto e dato qualcosa in termini di esperienza ,sono stato copista, modellista, incisore, incassatore, tagliatore di pietre e molto altro.

Il mondo dell’oreficeria è molto vasto e le tecniche sono infinite sta a ogni singola persona capire il proprio dono.

Cos’è per te il gioiello?

È un simbolo, un’appartenenza, un modo di essere e di imporsi. Deve distinguersi, essere d’impatto, avere un significato, restare impresso attraverso un design nuovo senza compromessi o omologazioni imposte, cosa fondamentale deve “vestire“.

Anche la storia insegna : il gioiello deve essere visibile e identificativo.

Per me il gioiello è un’opera d’arte unica nel suo genere.

Durante i miei workshop cerco sempre di andare al di là del semplice costruire, non insegno solo a realizzare un gioiello ma insegno a comunicare con la materia, veri, intensi attimi di passione, quello che nasce è un vero concepimento, la materia è mia complice in ogni istante creativo.

Quali sono i tuoi clienti principali?

Per la mia produzione creo solo pezzi unici, non faccio ne gomme ne calchi, se mi viene richiesto di riprodurre un oggetto lo rifaccio, a mano, ex novo e quindi non sarà mai identico a quello precedente.

I miei clienti sono le persone che vogliono l’unicità, quelle che avvertono un’emozione quando indossano qualcosa che le contraddistingue, quelle che anche se non parlano hanno tanto da dire, quelle che amano l’arte la cultura, quelle che vogliono una nuova visione dell’essere, quelle che non accettano compromessi.

Il mio obbiettivo è lasciare un segno del mio passaggio in questo tempo.

Se potessi incontrare un artista/gioielliere del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Ancora una volta chiamo in causa Benvenuto Cellini, lo ritengo il mio mentore, vedere il suo laboratorio, i suoi attrezzi, incontrarlo e comprendere la sua arte da vicino sarebbe per me davvero un privilegio, però vorrei rincontrare anche i miei vecchi maestri, quelli che mi hanno fatto diventare quello che sono, ogni mia azione è un loro insegnamento, a volte li ricordo con un semplice colpo di lima, mi nasce un sorriso e li ringrazio.

Cos’è per te l’arte?

È un dono.

Un’opera d’arte deve trasmettere emozioni come amore, odio, passione, gioia, dolore, deve farti accapponare la pelle. L’arte appaga gli animi, genera cultura, arricchisce lo spirito, unisce i popoli, crea bellezza, amore e invidia.

Quando ci si accinge a creare, l’intuizione e l’istinto abbattono la coscienza razionale, e subentra l’inconscio, ed questo il momento in cui riesci a vedere oltre.

Raccontami un aneddoto che ricordi con il sorriso

Frequentavo il primo anno dell’istituto d’arte, avevo costruito un banco da lavoro con materiali di recupero,

Era il periodo delle mie prime esperienze , realizzavo piccole creazioni , e cercavo riparazioni da fare.

Un’amica di mia nonna mi diede un anello in oro bianco con diamanti e uno smeraldo centrale, stile Decò, da stringere; era il regalo di fidanzamento del marito.

Fino a quel momento non avevo mai visto uno smeraldo, mi informai su come agire e iniziai.

Segnai con il compasso da metallo il pezzo da tagliare, lo tagliai con il seghetto, accostai le due parti del gambo e legai con la gavetta il tutto per evitare che con il calore della fiamma si muovesse, misi il protettivo* sulla pietra e la borace sulla parte da saldare poggiando un paglioncino di saldatura.

Accesi la fiamma e la avvicinai leggermente all’oggetto, per far asciugare la borace, appena avvicinai la fiamma l’oggetto spari dalla mia vista, divenne una pallina unica di metallo: era stagno!!!

Avevo contributo a rovinare una amicizia secolare.

*Protettivo : ( impasto di acqua e terra di Tripoli)

Conta più la tecnica o la creatività?

Entrambe devono camminare insieme, la tecnica ti porta all’esecuzione perfetta , la creatività è ispirazione pura.

Grazie per il tempo che ci hai dedicato

Irene Zenarolla

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