Joe Fnord emerge dal tumulto londinese, prediligendo tele e acrilico e sperimentando con il rilievo tridimensionale. Il suo stile unico della “serie del battistrada” riprende le orme emotive della vita, simili a cicatrici che marciano il tempo.
Le sue opere vibrano di un’emozione che abrasa e guarisce, evocando saggezza e riflessione profonda.
Conosciamolo meglio lasciando che sia lui a raccontarsi rispondendo alle nostre domande.
Come sei arrivato al concetto di Battistrada, perché e cosa vuoi trasmettere?
La “tire trace” o traccia dello pneumatico è il racconto temporale di un evento, è la sua time
line, dove le singole “tire print in a row”, o impronte del pneumatico in fila, trovano il valore dei singoli istanti che susseguendosi descrivono il tempo della nostra esperienza, l’inglese utilizzato non è un vezzo, ma furono le parole utilizzate dalla persona con cui ne parlai per primo, non perchè inglese, ma perchè travolto dal mio impeto nel descrivere l’idea non era sicuro di aver compreso, quindi usò l’inglese, in quanto si presta a delle descrizioni univoche che la più elegante e polisemica lingua italiana non consente; questa persona è Pasquale Ruocco, un amico con cui condivido la passione per le auto storiche, lunghe chiacchierate sull’esoterismo, sull’arte in genere e nello specifico sulla pittura, essendo lui persona con una certa esperienza, cresciuto nel mondo dell’arte essendo figlio di uno storico e critico d’arte che ha coadiuvato nell’organizzazione di mostre e manifestazioni o scrivendo saltuariamente pezzi di cronaca o critica circa l’arte contemporanea.
Tutto e´ nato per caso, in momento di riflessione a valle di una delle tante rinascite che viviamo nella nostra vita, ho avuto l’esigenza di solidità, ma anche pienezza emotiva e così in una fredda giornata d’inverno mi sono trovato ad apprezzare le linee suadenti di una macchina che caratterizzò gli anni 70 ed 80, la Lancia Beta Coupè, mi liberai istantaneamente della scialba Euro6 che avrebbe
salvato il mondo dei NEW AGE e decisi di accompagnarmi immediatamente con la curvilinea
signora dal travolgente fascino, fu subito mia, la mia Auto, anno1978, fumava e beveva come una donna perduta e nel perdersi perdeva anche olio: me ne accorsi per caso, dopo averla spostata, vidi le sfumature cacao con riflessi arcobaleno dell’olio vecchio sul pavimento, in mezzo alle varie tracce dei pneumatici, un flash,, come un esplosione nella mente: mi fece pensare a come quei segni si erano impressi, pensai al tempo che passa , riflettei sul fatto che ogni segno raccontava una manovra, svelava un tempo passato e che assomigliava ai ricordi, alle cicatrici della vita , ai pensieri, e mi venne in mente che quelle tracce potessero diventare una metafora per esprimere una serie di emozioni e concetti; ne parlai con un amico, Pasquale appunto, e prima che fosse sera in posta elettronica mi mandò un tracciato del Pirelli P7H con l’invito a sperimentare, e quella che fu una intuizione, un sogno ad occhi aperti, un fantasticare, prima che fosse ora di cena, si era già tramutato nel primo esperimento creativo.

Perché i brand sono così interessati alle tue opere? Quale pensi sia la ragione scatenante?
Al momento possiamo esplicitamente parlare di una collaborazione con la Tecno Monster che è stato il primo seme di una “nuova forma di produzione” che ha visto coniugare la produzione di valige in fibra di carbonio con singole opere d’arte in una serie denominata “Travel Talisman” che ha interpretato il “trunk” da viaggio come il “sacchetto del mojo” che lo sciamano ha preparato per “chi deve intraprende il viaggio”, individuando nel Travel Talisman il trolley da stiva e nel “quarter” ossia il quarto, la borsa “24 ore” inquanto ha un volume di circa un quarto del trolley.
Non è stato un esercizio di design di prodotto, ma l’uso di un prodotto di design come supporto per la realizzazione di un’opera d’arte, quasi una performance.
Da questa iniziativa sono scaturiti altri contatti, con richiesta di replica della performance, cose che sono delle realtà su cui sto lavorando e che diverranno di pubblico dominio nel divenire,



Fatta la premessa per descrivere quanto mi sta accadendo a chi non mi conosce, penso che il perché i vari brand si stanno interessando alla mia arte, risieda nel fatto che, come diceva il Vasari: “ogni dipintore dipinge se stesso” ed io dipingo Joe Fnord, l’alterego artistico di Paolo Calbi, un Paolo che ha attraversato molti posti, stazionato sotto molti cieli ed è stato reso edotto della vita da tante esperienze, a volte positive, a volte neutre a volte negative o molto ma molto negative e che nel suo tempo libero diventa Joe Fnord, nel tempo libero e basta, non perché non ci sia nulla da fare, ma perché è quel tempo privilegiato dove i problemi contingenti all’esistenza vengono spesi e si può descrivere una emozione con una curva in macchina fatta a vita persa, anche se solo nella propria mente, anche se solo dipingendone la traccia su una tela, anche se la esperienza viene rigorosamente compiuta facendo il rumore del motore e del fischio delle coperture in perdita di aderenza con la bocca, come i bambini quando giocano con le macchinine, penso francamente che l’interesse e la curiosità generale verso le mie opere nasca dalla percezione dell’emotività che ha dettato la “tire trace” e che l’interesse dei brand alla mia opera nasca anche dal fatto che le coperture sono “prodotti di marchio” a cui si affida parte della nostra vita e forse più che al risultato estetico, sono interessati alla metafora che questo tipo di rappresentazione può offrire anche Un tuo sogno nel cassetto (artisticamente parlando): di perdere quella verginità “artistica” che non ci consente di esprimerci senza veli, non ci consente di dare ascolto al nostro lato oscuro e che ci obbliga allo schema. Il mio desiderio più grande è sostituire la paura invalidante che a volte ci assale quando ci rendiamo conto di essere sulla via dell’ignoto, con quel fremito di chi ci ha preso gusto e che non teme la novità
Il processo creativo
Non esiste un particolare processo creativo in quanto sono in continuo fermento, quando da Paolo Calbi mi accorgo all’improvviso di avere l’opera in mente, definita, ma allo stesso tempo ancora ineffabile, quello il momento dove passo la palla a Joe Fnord, ed è come se iniziassi a creare dei versi in rima, nei quali le parole sono forme e colore, la carta è la tela e la penna sono pennello , spatola o altro e quando dall’immaginario passo alla tela non faccio altro che replicare i gesti ed i colori che nella mente ho percorso mille e mille volte, con Joe Fnord che la fa apparire magicamente sulla tela.



Ultimamente ho sentito l’esigenza di ampliare l’esperienza coinvolgendo materiali come legno, gesso, cemento con la finalità di creare aspetti tridimensionali dell’opera, e se non c ́e ́ limite alla fantasia, la tecnica si affina con gli anni, quindi quando Sarò in grado di generare opere durevoli con altre tecniche sarò lieto di presentarle.
Un tuo sogno nel cassetto (artisticamente parlando):
Di perdere quella verginità “artistica” che non ci consente di esprimerci senza veli, non ci consente di dare ascolto al nostro lato oscuro e che ci obbliga allo schema. Il mio desiderio più grande è sostituire la paura invalidante che a volte ci assale quando ci rendiamo conto di essere sulla via dell’ignoto, con quel fremito di chi ci ha preso gusto e che non teme la novità.
Su questa strada il caro amico mi sta aiutando, arringandomi spesso in modo impetuoso quando mi soffermo nella comfort zone “della maniera”, facendomi notare quando “compare il troppo” che a volte si usa mascherare una emozione uscita per caso imprimendosi sulla tela, il tutto con metodo , linguaggio e lealtà “da caserma”, ossia in maniera ruvidamente goliardica e costruttiva
Come ti definisci?
Paolo Calbi persona qualsiasi che alterna fasi di ozio a fasi produttive e di creatività molto intensa, dandosi il cambio con Joe Fnord, che potendosi permettere una emotività più estesa, ha fatto il check in all’Hotel California sapendo che non potrà più lasciarlo e che non c’è soluzione se non corriamo la via della introspezione ove mentire non è consentito, non è consentito sopratutto mentire a se stessi,
Tre parole per definirti: solitario estroverso vulcanico
Grazie Joe per il tempo a noi dedicato
Arianna Forni
In collaborazione con la Biennale d’arte di Vigevano