Michele D’Aniello: : “il mio sogno, papà, è fare l’artista!”.

Michele D'Aniello
Michele D’Aniello

La sua arte è simbolica ispirata ai valori… non è semplice introdurre un’artista come Michele D’Aniello, e mai come in queste situazioni, la miglior cosa è passare la palla al protagonista di questa intervista lasciando a lui il piacere di raccontarsi..

Il tuo primo contatto con l’arte?

Il mio ricordo va al tempo del Liceo Artistico, quando andammo in visita al Museo di Arte
Moderna di Roma. Ricordo di essermi fermato davanti alle opere di Burri; ero
perplesso, incuriosito ma anche ammirato.
Forse in quel momento ho realizzato che l’arte è un mondo a sé.

Mi trovavo in un ambiente mai visto, particolare, non comune, un luogo a parte rispetto al “mondo reale” e io avrei fatto parte di quel mondo.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Ebbi questa consapevolezza quando, al quarto anno di Accademia, il Maestro
Augusto Perez, mi scelse per rappresentare l’Accademia di Napoli, alla mostra nazionale
delle accademie alla fiera del Levante a Bari.

La tua prima opera d’arte?

Presi coscienza e consapevolezza di aver creato la mia prima vera opera d’arte,
quando realizzai la stele “Il luminare piccolo”, ero al terzo anno di Accademia.

Per fare arte, bisogna averla studiata?

Sono convinto che per fare arte sia necessario conoscere l’arte e il suo mondo.

Cosa unisce le tue opere e la musica?

L’armonia. Fare arte, per me significa dare vita a opere uniche, di grande originalità e
soprattutto opere in cui la forma e il contenuto sono in armonia.

Le mie opere, essendo simboliche comunicano direttamente all’inconscio, come fa anche la
musica.

Creo le mie opere per trasmettere positività e toccare le corde profonde
dell’animo umano.

Come scegli i soggetti della tua arte?

Ogni mia opera è progettata in modo dettagliato in ogni sua parte ispirandomi alla
natura, ai valori dell’uomo e alla spiritualità.
Negli anni ho creato il progetto Scultura e Impresa® coinvolgendo oltre 80 aziende
italiane ed estere come Bialetti, Viro, Bic, Bosch, Mandarina Duck, Chicco-Artsana, che mi ha dato l’opportunità di realizzare opere di grandi dimensioni con materiali industriali.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso ?

Ad una mia mostra arrivarono in visita alcune mamme con le loro figlie di circa 8-10
anni. Guardavano le mie opere incuriosite, chiedendosi il significato di quelle forme
quando, una di queste bambine, sorpresa dalla perplessità nell’interpretazione di una
di queste opere (la più complessa) disse alle sue amiche: “Ma è ovvio, significa…” e con
incredibile illuminazione, diede loro la precisa interpretazione della mia opera. Io
stesso sono rimasto senza parole, stupito e felice che questa opera avesse comunicato al
cuore e alla mente di questa piccola, semplice bambina.

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Mi piacerebbe incontrare Mondrian – artista su cui ho fatto la mia tesi all’Accademia – al
quale chiederei se quello che raccontano oggi delle sue opere corrisponde a quello che lui voleva che esse comunicassero.

Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti ?

Se potessi incontrare me stesso a 18 anni gli direi: continua a fare quello che stai
facendo!

Quanto conta la comunicazione nell’arte?

L’arte per me è comunicazione e la comunicazione fa parte dell’arte stessa.

La progettazione stessa delle mie opere nasce dalla volontà di comunicare un messaggio e
mi piace quando le persone mi chiedono di spiegare la mia arte.

Ogni artista ha un proprio linguaggio ed è lui a poter fornire la chiave di letture delle proprie opere.

Che differenza c’è nella percezione dell’arte tra Italia ed estero?

Sicuramente l’arte muove il mondo ma in modo differente e a diverse velocità.

Grazie Michele per la piacevole conversazione

Alessio Musella

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