“LONGING-DESIDERO NOSTALGICO” Trittico di BIANCA BEGHIN a cura di Maria Marchese.

LONGING-DESIDERO NOSTALGICO
LONGING-DESIDERO NOSTALGICO

200×300,

tecnica mista,

2021

Autrice di squisita sensibilità e indiscusse capacità, Bianca Beghin entra, dapprima, in simbiosi con la Natura, alla quale si sente da sempre legata, per addivenire allora un tutt’uno con essa. Riesce quindi a infondere questa immedesimazione assoluta nelle composizioni artistiche: situazioni esperienziali e stati d’animo si animano, attraverso il concretamento di forme terragne essenziali, permeate da dialoghi tonali eloquenti.

L’autrice trasla, sul terreno sensibile, i molteplici dinamismi, che coinvolgono la maturazione
conoscitiva naturale, e altresì un linguaggio cromatico/emozionale intuitivo e poliglotta.
Le vicende sono personali seppure abbracciano la sfera universale, nell’ottica di sottolineare la necessità di un ritorno al rispetto di valori etici fondamentali.
Le opere di Bianca Beghin possono rappresentare un vero specchio della condizione umana.

“Il tetto si è bruciato: ora posso vedere la luna”
Mizuta Masahide

Nell’opera “LONGING” , ella sembra godere di preziosi istanti di luna, allorché il tetto, della ratio e del corpo, si è franto, annichilato dalle le fiamme di un intenso desiderio.
L’autrice intinge, nel riservato chiarore della candida sfera introspettiva, le setole del proprio pennello, per vivificare la poesia insita nel viaggio di scoperta, al di fuori dei limes.
Eleva allora la verità riflessiva di un luco esperienziale, indovandone il disvelamento addentro un componimento corale, e per dimensioni e per presenza segnica.

La pittrice vi ama la profonda intensità, che muove l’individuo a calcare il suolo senza sosta, ricercando l’anelito felice, avvinto dalla malía della vita.
Ogni vivo legno, con le proprie ferite, le fratture, la nodosa pelle, le salvifiche divagazioni fisiche, ammanta l’essenza umana.

La luminosa terra, inostrata da brillanti, rosate trame, custodisce sul terreo viso, una moltitudine di lignei involti, che, altisonanti, si sovrappongono, carezzano, oscurano, sostengono,
intrecciano, allontanando la condizione della solitudine e dell’isolamento.
Il ciglio viene accolto dai carezzevoli diastemi tonali baciati, tra le naturali corde della tela, dalla sensibilità dell’autrice: ivi viene coinvolto poi da intensità cromatiche, che lo “orientano” in una realtà conoscitiva dove è possibile perdersi, piangere, giocare, nascondersi, ritrovarsi e cambiare.
Bianca Beghin, come Masahide, infonde la necessarietà di una benevola predisposizione d’animo: in tal senso, la grevità di un tetto bruciato muta in una lieve e significativa contemplazione lunare.

Maria Marchese

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Simone Pannini

“BATTITO DI CIGLIA” SIMONE PANNINI a cura di Maria Marchese.

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