Iabo e il suo Mondo…

Iabo
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La sua creatività parte dai  primi anni novanta come writer, per poi affacciarsi  progressivamente al mondo dell’arte.

Lascio volentieri  la parola all’artista Napoletano, d’altronde  chi meglio di lui è in grado di raccontarsi?

ll tuo primo contatto con l’arte?

Risale al 1994 quando ero appena un adolescente.

Per la prima volta presi una bomboletta spray in mano e realizzai il mio primo pezzo “IABO OR DIE” ispirato dalla famosa rivista “Skate or Die“.

Dipinsi le mie lettere su un muro abbandonato che era fuori la mia scuola.

Furono anni molto irrequieti, di lotta, contrasti culturali, politici, esistenziali, esprimevo tutto attraverso il graffiti writing puro, quello fatto di tag, throw up, wild style e nottate passate a dipingere vagoni della metropolitana in ogni dove. 

Frequentavo il Liceo Artistico a Napoli, non lo completai e presi il Diploma da privatista. In quel periodo per motivi familiari mi trasferì in America tra New Jersey e Los Angeles.

Tornai in Italia per la “chiamata alle armi” così decisi di rimanere, e per assurdo, il destino volle che capitassi nel Reggimento Genio Ferrovieri! Incredibile per un writer come me prestare servizio nei treni.

Subito dopo il militare incontrai per caso il Maestro Ninì Sgambati, con il quale già avevo avuto un incontro anni prima, quando ancora ero adolescente alla scuola di Comix in un intervento tra writer e fumettisti curato da lui.

Già all’epoca rimasi folgorato dalla sua mente e così mi iscrissi all’Accademia di Belle Arti di Napoli al corso di 4^Pittura, la cosa incredibile è stata che con Sgambati in 6 anni di corso non ho mai toccato una tela, secondo lui la Pittura era una cosa non compatibile più con la produzione mondiale, infatti Sgambati mi ha aperto tante “finestre” e grazie a questo sono andato oltre il Graffiti Writing (per fortuna). 

Poi a un certo punto verso il 2003/4 ero più ricercato dalle gallerie e dai collezionisti che dalla digos. Realizzai la mia prima mostra personale a Roma curata dall’allora mia prof. di Storia dell’Arte Rosella Gallo, la quale durante il mio primo esame di Storia dell’arte, mentre mi preparavo per discutere, mi fermò e disse ad alta voce davanti a tutti:”tu sei la storia dell’Arte non c’è bisogno di andare avanti, 30 e Lode!”. 

Fu bellissimo quel momento per me. 

E’ così che entrai nel mondo ufficiale dell’Arte contemporanea, da quella mostra fino ad oggi ho esposto in più di 100 mostre, tra personali e collettive, e venduto opere in tutto il mondo. 

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Gli altri me lo fecero capire.

C’era un certo interesse nelle persone ad accaparrarsi qualsiasi cosa io facessi, già dalle prime opere mi offrivano dei soldi per acquistare i miei dipinti, in quel momento ho capito che quella sarebbe stata la mia professione. 

La tua prima opera?

Ho sempre diviso il mio percorso artistico nel periodo “Graffiti writing” e  periodo “Arte Contemporanea” dunque se parliamo del primo periodo la mia opera è stata “IABO OR DIE”. Invece quella del periodo Arte Contemporanea forse è stata una tela della dimensioni 200×200 cm, in cui ritraevo Pablo Picasso con una mia opera in mano, e proprio in quel dipinto per la prima volta comparivano i miei primi “profili” quelli che tutti oggi conoscono del mio lavoro. 

Per fare arte , bisogna averla studiata?

Dipende, non necessariamente, io ho sempre pensato che è come per un cantante avere una bella voce, ci nasci, ma quella voce la devi perfezionare con l’allenamento e lo studio. Ecco l’arte è la stessa cosa. 

Come scegli cosa ritrarre ?

Tutto è dettato da quello che accade nel mondo e quello che mi circonda. Interpreto il tempo in cui viviamo e lo traduco in immagini.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso ?

Potrei fare un libro solo con gli aneddoti, ne sono tantissimi.

Una notte scesi per il mio solito “bombing” di attacchinaggio in città, ero da solo, avevo dipinto dei poster a mano 70×100 cm con il mio “profilo” mi trovavo nella zona del centro storico di Napoli, erano circa le 2 di notte, mi preparai e iniziai ad attaccare sui muri con colla e rullo i nuovi poster, quando a un certo punto vedo avvicinarsi nel buio verso di me una donna con un cane, si fermò e si mise a guardare io cosa stessi facendo, io non mi fermai, continuai ad “azzeccare”, mi salutò e disse con accento straniero:

“sono Julia la nuova direttrice del Museo Pan!”

io: “Julia Draganovic?”

lei:”si!”

e io esclamai: “azz” e che ci fai qui alle 2 di notte?”

lei: porto il cane a spasso, domani presentati alla direzione del Museo che ti devo parlare…”. 

Pensai “che culo beccare il direttore del museo Pan!”.

Il giorno dopo mi presentai nell’ufficio e dal quel momento realizzai con Julia diverse mostre, tra una mostra personale alla Fondazione SDN a Napoli!  

Se potessi incontrare un artista del passato , chi e cosa gli chiederesti?

Uno solo non mi basta, facciamo il trittico Andy Warhol, Keith Haring e Basquiat.

Nel presente vorrei incontrare Francesco Clemente. Gli chiederei che cosa è l’arte. Perchè io un’idea già la ho.

Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti ?

Di fare il musicista. 

Quanto conta la comunicazione ?

Cosa sarebbe un prodotto Apple senza una buona comunicazione?

Sicuramente non sarebbe mai uscito fuori dal garage di Steve Jobs

Jobs subito comprese l’importanza della comunicazione e tutto si basava su quello, lo sappiamo, è storia, bisogna avere l’attitudine di capire prima degli altri che quello che stai facendo è un buon “prodotto”, perché se il prodotto che hai non funziona puoi anche fare una bella comunicazione d’impatto, ma quella comunicazione non servirà praticamente a nulla.

Se nell’arte oggi non fai comunicazione tutto quello che fai rischia di rimanere chiuso nel tuo studio per sempre, quindi è fondamentale, specialmente nell’era dei social, se non sei attivo nella rete sei praticante obsoleto, arretrato e fuori dal mondo/mercato. Il mio lavoro oggi è per il 99% sviluppato da e per la comunicazione in tutte le sue forme.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

L’arte purtroppo è ancora una cosa di nicchia, la grande massa è ferma a Picasso, punto, oggi a Jorit (rido) non ce differenza tra l’Italia e/o estero, io penso che è semplicemente una questione di educazione all’arte che manca,

L’arte in qualche modo per la società è ancora percepita come un hobby, purtroppo, non come un lavoro, questa è la differenza. 

Cos’è per te l’arte?

Un grande supermercato. Se penso allo IABO di 15/20 anni fa ti avrebbe sicuramente risposto che l’arte è libertà, lotta, poesia e bellezza.

Oggi ti dico un grande business, che visto da un certo punto di vista forse è l’aspetto più interessante, per quanto mi riguarda.

Se ci pensi, tutti sono attratti più da quanto vale un artista e una sua opera piuttosto che quello che fa e come lo fa, forse è triste a dirsi, ma è così, tutto si riduce tristemente ai numeri e i social sono palesemente la risposta a tutto.

Quanti follower hai tanto vali purtroppo (che tristezza).

Quindi ti dico che l’Arte per come la vedo oggi è una grande macchina da soldi, dove tutti fanno finta di eludere l’aspetto economico, ma è il fulcro che fa muovere la “la macchina” Arte.

Cosa ti aspetti da un curatore ?

Perché esistono ancora i curatori? (scherzo) mi aspetto che semplicemente facciano il loro lavoro valorizzando al meglio gli artisti e loro opere.

Spesso mi è capitato di vedere che il curatore diventa la super star della mostra che cura e molto spesso oscura l’artista.

Che paradosso. 

Cosa chiedi ad un Gallerista ?

Perché esistono ancora i galleristi? (scherzo).

Comunque penso di essere stato molto fortunato già dall’inizio della mia carriera ad avere rapporti “alla vecchia maniera” con tanto di contratto e stipendio o pagato a blocchi di opere.

Sottolineo di non aver mai pagato, ripeto, non ho mai pagato per fare mostre, fiere, cataloghi o produzioni delle opere, mi è sempre stato dato tutto dalle gallerie, con cui ho lavorato. La galleria deve supportare l’artista e non sfruttarlo.

Quindi quando una galleria vuole lavorare con me chiedo questo e soprattutto chiedo serietà e continuità nel lavoro.

Anche se c’è da dire una cosa, che nell’era di Internet, questa figura penso sia un poco anacronistica, nel senso che il “filtro” galleria per arrivare a vendere un’opera a un collezionista mi sa tanto di Parigi del 900’.

I tempi sono cambiati per fortuna, oggi il collezionista, ma anche una semplice persona, grazie a Internet, va diretto alla fonte senza più passare per la galleria, questo non significa che l’idea della galleria d’arte sia morta, ma che semplicemente deve cambiare il modo e il metodo, ovviamente mi riferisco a gallerie giovani, perché quelle consolidate rimarranno sempre tali.

Quanto contano per te la luce e il colore?

Probabilmente fossi stato un iperrealista allora ti potevo rispondere, sicuramente contano. Per me quello che conta è il contenuto, una vera opera può anche essere tutta dipinta di nero la sua luce è dentro.

Grazie per il tempo a noi dedicato

Alessio Musella

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