(Legno, ferro, vetro 70×100)
“Il contrario del gioco non è ciò che è serio, bensì ciò che è reale.”
Sigmund Freud
Luigi Arpaia affronta un’inedita pagina favolistica, per celebrare l’ennesima fuga dalla realtà: su un candido e ligneo foglio, raccoglie fili della memoria, dell’osservazione del quotidiano e del dato fisico, foggiandoli, poi, col fuoco del proprio estro.
Esso li flette, tra severità e morbidezze, sicché compare, al ciglio, la narrazione segnica di un assurdo idioma.

Le lettere di questo linguaggio circoscrivono vuoti spazi, disgregazione dell’accettabile, e approdano, indi, laddove il gioco la fa da padrone.
L’artista Pugliese vivifica e sottolinea la parte esperienziale ludica di questo atto estetico, riempiendo millesimati e non casuali interstizi: inostra, così, la verità dell’abbandono dei sensi, per migrare verso un luogo, in cui l’inusuale diviene voce narrante.
L’occhio si perde allora in una terra conoscitiva, che destabilizza, incuriosisce e regala una leggerezza necessaria.