ARTE & CHAMPAGNE: Bruno Paillard, la ricerca del colore nel bicchiere e nell’arte, cura di Mila Fiorentini.

Bruno Paillard
Bruno Paillard

Champagne Bruno Paillard, giovane Maison nata nel 1981, alla seconda generazione, ha una visione moderna come l’edificio nel quale si trova la direzione, gli uffici e anche la cantina, a piano, oltre la galleria d’arte dedicata agli Champagne Millesimé, appena fuori città, a Reims, a due passi dalla Basilica di Saint-Rémy. Azienda familiare oggi guidata da Alice Paillard che ci ha accompagnato nella visita lungo la storia e i profumi di un’azienda alla ricerca di un sentore che ne rappresentasse l’identità.

Il padre desiderava esprimere un carattere nordico e un terroir gessoso, calcareo, formatosi nell’epoca cretacea quando la Regione della Champagne era ricoperta dal mare. Questa componente caratterizza la Montagna di Reims, mentre il plateau è caratterizzato da terreno argilloso, e tutti i vigneti di Casa Paillard come una componente importante, fil rouge scelto ad hoc perché ben rappresenta l’identità del vino secondo questa azienda.

I Paillard sono Vignérons da 300 anni nella Regione ma la produzione inizia poco più di quarant’anni fa per volontà appunto del padre di Alice che non ha ereditato terre dalla famiglia ma ha maturato sul campo un’esperienza lavorando come agente per altri marchi, un mestiere che gli ha consentito di degustare molti prodotti diversi, disegnando la sua carta ideale.

C’è voluto del tempo per realizzare un assemblaggio definitivo e 15 anni per poter acquistare l’uva perché una barriera in entrata impediva a chi non vendeva già vino di acquistare la materia dando vita ad un circolo vizioso.

Fu così che Bruno Paillard decide di rivolgersi a selezioni sul mercato interessante e un Millesimato fa riferimento al 1974 quando in realtà l’azienda non esisteva ancora. L’escamotage in ogni caso funziona e nel 1985 si arriva all’Assemblage desiderato che rappresenta un mosaico di vitigni differenti che ogni anno danno vita a circa 300-400mila bottiglie con una proprietà di 25 ettari, 80 parcelle, e il 50% delle uve lavorate di produzione. L’obiettivo è di avere quanti più colori possibili e una complessità supplementare nell’assemblaggio, anche grazie una vinificazione molto ‘dettagliata’. Lo stile è dettato dalla predilezione appunto per un terreno calcareo, che dia freschezza, una forma di energia che si diffonde in un finale lungo che regala sapidità.

Al centro la storia d’origine più che la ricerca dei vitigni, i tre classici della Regione, Chardonnay, Pinot Noir e Meunier, che sono i più interessanti per il lavoro e la ricerca firmata Paillard.

La modernità dell’azienda ha spinto la produzione verso la tecnologia evitando la seconda pressatura e rivolgendosi all’ottimizzazione dell’innovazione, così l’azienda, pur a fronte di investimenti importanti in termini economici, ha scelto il rémuage meccanico nella convinzione che la manualità sia meno efficace, fatta eccezione per i grandi formati.

Altra caratteristica i vini da riserva costante che costituisce l’archivio storico ma anche dei binari che impongono all’azienda un engagement nella scelta. Infine una lunga permanenza sui lieviti e dopo il dégorgement – fu tra l’altro il padre ci ha raccontato Alice per primo nella zona a mettere la data relativa sull’etichetta – un buon riposo.

Non è un caso che un tempo non si parlasse di dégorgement quanto di una vera propria operazione, assimilando questa fase alla chirurgia ed evidenziando come un vino giovane proprio come una persona si rimette in piedi più velocemente mentre un vino invecchiato ha bisogno di un periodo di riposo.

Il vantaggio è però che la struttura conferita l’affinamento sulle fecce consente una lunga vita anche se questo rappresenta un ulteriore impegno per l’azienda che non può giocare rapidamente la carta commerciale.

 La scelta di puntare sulle selezioni è d’altronde sempre impegnativa basti pensare che la N.P.U., Nec Plus Ultra, alla latina il Non plus ultra appunto, richiede dieci anni di permanenza sui lieviti ed è stata realizzata solo 8 volte nella vita dell’azienda.

La filosofia Paillard mettendo una particolare attenzione ai Millesimé come espressione della propria identità e del felice risultato di alcune annate ha inteso raccontare queste annate speciali nella Galleria d’arte, fin dall’inizio con un invito a livello internazionale ad un artista che di volta in volta ha accettato di interpretare un determinato Champagne.

All’artista viene data una parola o alcune parole quale descrizione della personalità del vino che però viene fatto assaggiare solo dopo la realizzazione delle opere e le proporzioni per un formato orizzontale da etichetta.

Tra le molte in esposizioni da segnalare l’opera del pittore Sandro Chia, che ha interpretato il Blanc des Blancs 1996, artista fiorentino della Transavanguardia egli stesso produttore di vino a Montalcino e autore delle proprie etichette.

A lui è stata consegnata la parola “profondità” interpretata come il mare senza sapere che quell’annata aveva un timbro iodato.

E ancora per l’annata 2012 la creazione del francese Claude Viallat, classe 1936, nato a Nîmes dove vive e lavora.

Membro fondatore del movimento Supports/Surfaces, figura storica dell’astrattismo francese, Claude Viallat sviluppa senza interruzione un’opera ad un tempo immediatamente riconoscibile e in movimento, spesso tra pittura e scultura, assemblaggio fortuito e precario di oggetti senza mai perdere l’eleganza.

A cura di Mila Fiorentini

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