Il quotidiano pensiero dell’arte. Intervista a Giovanni Maranghi di Chiara Canali.

Giovanni Maranghi
Giovanni Maranghi

I Magazzini del Sale di Siena, suggestivi spazi nelle sotterranee di Palazzo Pubblico, in Piazza del Campo a Siena, ospitano la grande mostra “SCRIPTA MANENT” di Giovanni Maranghi, a cura di Chiara Canali, in programma fino al 13 ottobre 2024.
L’esposizione, patrocinata dal Comune di Siena, è promossa dalla Associazione di promozione sociale De Paoli.


Artista fiorentino già protagonista della personale “Il Rosa Fiorentino” presso Palazzo Vecchio di Firenze (2022), Giovanni Maranghi è riconosciuto nel panorama artistico internazionale per la sua pittura sperimentale, che rinnova le tecniche antiche del disegno e dell’encausto attraverso processi creativi artigianali e digitali, dal collage alla fotografia, dal graffito alla elaborazione al computer. In particolare, l’autore è depositario di un procedimento originale, inventato oltre vent’anni fa e da lui denominato “Kristal”, attraverso il quale rielabora, remixa e contamina i suoi stessi motivi originali e li ripropone stampati e ridipinti su una pellicola trasparente in PVC, restituendo luce e tridimensionalità al lavoro.


Il progetto espositivo per i Magazzini del Sale presenta una serie di 24 opere che ripropongono le classiche iconografie dell’artista (volti e figure femminili, architetture, nature morte) rivisitate attraverso tecniche e modalità differenti, dalla resina al Kristal, in una sorta di “arte della postproduzione” (secondo l’accezione di Nicolas Bourriaud) non di opere altrui, ma del proprio materiale grezzo, in un flusso creativo continuo che sovrappone e stratifica una complessità multiforme di immagini, oggetti, scritte, disegni, forme ornamentali, fregi, ghirigori.

Mentre è in corso la mostra ai Magazzini del Sale di Siena lo abbiamo intervistato per farci raccontare la sua storia e la sua concezione dell’Arte.

Il tuo primo contatto con l’arte?
Ero a Firenze, la mia città, frequentavo già da alcuni mesi il primo anno del Liceo Artistico, la cosa che più mi colpi in quei giorni fu visitare la mostra di Gregorio Sciltian (mi sembra di ricordare fosse allestita all’interno delle sale dell’Accademia di Belle Arti, lì vicina).
Insieme ad alcuni altri compagni di scuola avevamo preso l’abitudine il sabato di andare per gallerie, c’era sempre qualche inaugurazione e qualcosa da bere e mangiare.
Ma Sciltian era “roba seria” e a distanza di 55 anni ricordo ancora certi drappi verdi e le imponenti donne nei suoi quadri.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?
Era il 1977, avevo appena terminato il servizio militare e a marzo avevo ripreso i miei studi di Architettura, direi buonissima media, ma pochi soldi in tasca e un piccolo studio colmo di tele dipinte e pacchi di disegni.

Un pomeriggio, prima una telefonata di un conoscente che mi avvisava della visita di un Gallerista, poi la visita. Alla sera lo studio era sguarnito di ogni opera ed io avevo un assegno in mano, il primo a mio nome. Decisi di provare a dipingere ancora.

La tua prima opera d’arte?
Direi che questa ancora non l’ho creata, oppure potrei dirti che forse l’ho già fatta, ma saranno altri a rispondere per me.

Non ho interesse a decidere cosa sia o non sia opera d’Arte, nel mio lavoro. So che ognuna delle cose che ho fatto mi ha aiutato a proseguire e a sviluppare un mio quotidiano pensiero.

Per fare arte bisogna averla studiata?
No.

Come scegli cosa rappresentare?
Raramente (in gioventù di più), ho dipinto pensando ad ingraziarmi l’acquirente, ma l’ho fatto seguendo l’istinto, seguendo un colore una forma, il ricordo dell’opera di un altro Artista. Ho provato anche a copiare, ma dopo le prime pennellate mi accorgevo che dipingevo altro, andavo per conto mio, non riuscivo a seguire ciò che mi ero messo davanti. Allora me ne dispiacevo, poi ho capito che era una fortuna per me.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso?
Ero ancora studente liceale e partecipai con un’opera astratta a un concorso di pittura. Arrivai primo e il giorno della premiazione, fatta all’interno della sala di un cinema, iniziarono a premiare a ritroso dal quinto posto.

Secondo arrivò un Artista fiorentino di chiara fama, che io avevo conosciuto l’anno prima. Ricordo il mio viso rosso e l’imbarazzo che mi creò, quando alzatosi per andare a ritirare il premio, mi passò accanto e mi disse : “Maranghino tu mi hai battuto in volata”.

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?
Henri Matisse, Pablo Picasso, Pierre Bonnard.

Gli chiederei di poter essere il quarto al tavolo per una cena fra amici e poi gli ascolterei per tutta la sera.

Ognuno di loro in giovane età è stato uno sprone al mio lavoro, e Matisse qualcosa di più.

Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti?
Di girare per lungo e largo questo nostro meraviglioso pianeta e poi dipingerlo.

Quanto conta la comunicazione?
99%.

Cos’è per te l’arte?
Adesso più che mai, la mia vita, a quasi 70 anni ne ho più bisogno di prima. Rimpiango solo di averlo capito in ritardo.

Cosa ti aspetti da un curatore?
Che si spogli di tutto ciò che ha studiato e che cerchi di capire, perché quando parlo con un appassionato del mio lavoro, divento logorroico e mi brillano gli occhi… non li ho mai visti ma qualcuno me li ha descritti.

È bello quando dopo un incontro o due, il curatore ti parla di cose che tu provi già da tempo, senza paroloni, metafore o frasi ad effetto.

A questo punto il rapporto può solo salire.

Cosa chiedi ad un gallerista ?
Crescere insieme, lui come me ha bisogno di conferme, fatto in maniera onesta può diventare un buon percorso, ma il mondo fuori è altra cosa.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Divertirmi, non me ne volere, ma spero di “Divertirmi” senza però offendere chi mi cammina accanto.

Chiara Canali

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