I “Rito Pagano” tra Musica e Palco.

Rito Pagano
Rito Pagano

Nascono a Bologna nel 1996 da un’idea di Massimiliano Scalorbi.

Hanno alle spalle oltre 600 date in tutta Italia, passando per palchi importanti come quello dello stadio Dall’Ara di Bologna o in apertura al concerto di Luciano Ligabue.
Abbiamo fatto quattro chiacchere con la Band, lasciando a loro il piacere di raccontarsi…

Primo incontro con la musica?

Emanuele:
Nella mia famiglia la musica ha sempre avuto un ruolo importante, si è sempre ascolta/cantata dappertutto.

I miei primi ricordi li lego ai dischi dei Queen che mio padre ascoltava in macchina o alle canzoni di Guccini, Dalla e De Andrè ascoltate e cantate da mia madre.
Inoltre mia nonna aveva un pianoforte che ho iniziato a strimpellare fin da subito anche senza conoscere la musica… Con il tempo ho ricevuto la mia prima chitarra classica, la mia prima tastiera, il mio primo microfono… Da che ho memoria, la musica ha accompagnato ogni momento e periodo della mia vita e non mi ha mai più abbandonato.
Max:
Praticamente da bambino, feci un autentico full immersion con i vinili di mia cugina, tutti 45 giri targati anni 60 e primi 70….Beatles, Stones poi tante bands Italiane dell’epoca che come si sa facevano fondamentalmente cover dei gruppi Inglesi o Americani, un’ importante approccio e conoscenza, quei vinili li ho ancora a casa mia…
Simone:
Sin da quando ero piccolo. Ho avuto la fortuna di vivere e crescere in una famiglia dove la musica e, soprattutto, il fatto di suonare uno strumento, era molto importante.

Ho iniziato praticamente prima a suonare il pianoforte che andare a scuola. Poi è arrivata per caso la batteria…e lì è davvero iniziato tutto…

Quando hai capito che sarebbe entrata a far parte della tua vita?
Emanuele:
…da sempre, non posso vivere senza, non potrei immaginare la mia vita senza la musica.

Max:
Il fascino dell’artista e le emozioni conosciute ascoltando musica a random, mi colpirono così tanto a livello emotivo da farmi desiderare che quel mondo in qualche modo doveva essere il mio mondo…Ero un bambino..

Quando da passione è diventata professione?
Max:
Ci sentiamo artisti, respiriamo programmiamo scriviamo per un progetto musicale ben delineato, abbiamo raggiunto risultati che in qualche modo ci hanno dato fiducia e conferma del buon lavoro fatto in questi anni, ma l’autonomia non e’ stata ancora raggiunta..
Emanuele:
Purtroppo la mia professione primaria è un’altra, ma cerco lo stesso di prendere la musica con altrettanta serietà e impegno, a volte mettendo in campo le mia competenze lavorative a favore della musica stessa. Noi ci impegniamo sempre al 100% e poi chissà, magari potrà diventarlo.

Cosa significa far parte di un gruppo?
Max:
Personalmente pur avendo il ruolo del songwriter trovo sia la mia dimensione, un progetto condiviso se si incontrano le persone giuste credo abbia un valore fantastico, una forza un’energia che condivisa si moltiplica i RITO PAGANO sono questo, lo dico pur avendo avuto in passato tante difficoltà con le line up, ma abbiamo insistito andando avanti per la nostra strada e finalmente siamo diventati una band coesa e compatta.

Simone:
Mi è sempre piaciuto pensare che fare parte di un gruppo sia innanzitutto fare parte di un progetto molto più ampio. Essere parte di questo progetto significa indossare un bel vestito che deve essere curato nei dettagli e che devi avere il desiderio di mostrare agli altri per fare vedere quanto sia bello e importante.

Se potessi incontrare un icona del passato, quale vorresti incontrare e cosa chiederesti?
Max:
Tommy Bolin, non saprei se e’ un icona pur avendo militato anche nei Deep Purple…ma gli chiederei….perché…..un talento come può morire a 26 anni.
Emanuele:
È una domanda difficilissima… Sarebbero tantissime… Ma non tanto per chiedere qualcosa di specifico, se non di suonare e cantare dal vivo per me o con me… In primis, Freddie Mercury e Fabrizio De Andrè, ma la lista sarebbe lunghissima…
Simone:
Anche se sono di Bologna non ho mai avuto il piacere di incontrare Lucio Dalla, artista che ho riscoperto recentemente e che mi ha preso una parte del cuore. La riscoperta dei grandi artisti italiani, frutto di una mia personale recente ricerca, mi porterebbe a desiderare di incontrare
icone del passato, primi fra tutti Lucio Battisti. Cosa chiederei a loro? Forse nulla…mi piacerebbe anche solo mettermi in un angolo e vedere come creano la loro musica.

Un aneddoto che ricordi con piacere?
Max:
Beh i complimenti di Ligabue dopo aver aperto il suo concerto a Bologna furono un motivo di soddisfazione.
Emanuele:
Purtroppo ai tempi del concerto citato da Max non ero ancora parte del gruppo, ma ho un aneddoto divertente da raccontare… Un giorno ero in fila in mensa in pausa pranzo e noto un ragazzo che continuava a fissarmi per tutto il tempo… a un certo punto mi si avvicina e mi fa:
“Ma sei il cantante dei Rito Pagano?”. In quel momento mi sono sciolto… Piccole grandi soddisfazioni…

Il tuo primo incontro con i componenti del gruppo?
Emanuele

Io sono l’ultimo arrivato, ma devo dire che fin dal primo momento è stato come se suonassimo insieme da sempre… c’è stato subito feeling e mi sono sentito a casa.
Simone:
Diciamo che io sono uno dei “vecchi” di questo progetto musicale. Ho accompagnato Max sin da quando c’era ancora la Lira (per dire come passa in fretta il tempo) e sin dal primo momento mi sono sentito parte di questo bellissimo modo di fare musica…originale…autentico…profondo.
Credo che sino a quando questo progetto avrà vita io ne farò parte perché è diventata una parte importantissima della mia vita creativa.

Quanto conta la comunicazione oggi?
Max:
Fondamentale assolutamente fondamentale.
Emanuele:
La comunicazione oggi è praticamente tutto, non che prima non lo fosse, ma con i mezzi a disposizione che abbiamo oggi e la visibilità potenzialmente a portata di mano di tutti, diventa
fondamentale saper portare avanti un messaggio forte, chiaro e originale, per poter emergere, non basta essere bravi musicisti.

Cosa di aspetti da un producer?
Emanuele:
La figura del producer è cambiata radicalmente negli anni, quindi è difficile dire cosa mi aspetto: diciamo che sarebbe bello trovare qualcuno che creda in noi e ci aiuti a crescere e a portare la nostra musica a più persone possibile.
Simone:
Trovare oggi un “producer” degno di questo nome è piuttosto complicato. Assistiamo ad una saturazione del mercato musicale dove è pieno di soggetti che si improvvisano produttori musicali senza avere alle spalle esperienza e capacità manageriali adeguate.

E’ proprio il mercato musicale che è cambiato, il che rende probabilmente più difficile per un imprenditore della musica investire denaro e tempo che una produzione di questo genere richiede.

Quali sono i mezzi che utilizzate per promuovervi?
Emanuele:
Ultimamente utilizziamo principalmente i social network, in particolare Facebook e YouTube.
Cerchiamo di portare avanti anche Instagram, ma siamo partiti recentemente ed è difficile recuperare. Utilizziamo anche vari contatti con le webzine, radio, tv e locali che fanno musica dal vivo.

Stiamo valutando anche se avvalerci di un’agenzia.

Quanto è importante l’immagine oggi?
Max:
Direi come la comunicazione passaggi fondamentali, la musica da sola non basta più, capita guardando vecchi videoclip anni 60/70 di notare il cambiamento, video e immagini improvvisati ma la musica se era di qualità era sufficiente per trasmettere, probabilmente c’era anche una maggiore voglia o attenzione, ma comunque certe situazioni oggi sarebbero improponibili.
Emanuele:
L’immagine, così come la comunicazione, è molto importante.

Oggi se non sai accostare un’immagine curata e studiata alla tua produzione musicale, passerai inosservato, anche perché oggi i mezzi per fare contenuti di qualità sono praticamente alla portata di tutti.
Il pubblico ormai è abituato a fruire contenuti in alta definizione anche dal cellulare, quindi si aspetta qualità e contenuti curati in ogni dettaglio. L’attenzione è veramente poca e va catturata, ma in mondo così saturo è molto difficile farlo.
Simone:
E’ vero…a differenza del passato dove l’immagine poteva assumere un ruolo marginale, o comunque secondario, oggi la cura dell’immagine di una band diviene parte essenziale e molto importante.

Probabilmente è la conseguenza di un modo di vivere la cultura che purtroppo è un po’ superficiale rispetto agli anni in cui abbiamo iniziato a fare musica dove l’attenzione di chi ti seguiva era incentrata soprattutto sui testi e sulla qualità della composizione musicale.

Che rapporto avete con i followers/fun?
Emanuele:
Cerchiamo sempre di fare del nostro meglio per chi ci segue e spesso l’interazione è molto buona e attiva. Siamo sempre al lavoro per cercare di migliorarci e di migliorare i contenuti per chi ci segue.
Se volete seguirci potete farlo attraverso le nostre pagine ufficiali:
Sito ufficiale: www.ritopagano.it
Facebook: ritopagano
YouTube: RITOPAGANO
Instagram: rito_pagano_official
Spotify:

Cosa provi quando Sali sul palco?
Max:
Il massimo…..sempre!
Emanuele:
Salire sul palco per me è sempre un mix di emozioni a volte contrastanti. Cantare una canzone è raccontare una storia e per farlo in maniera efficace la devi vivere in prima persona, sentendo ogni parola e ogni emozione. Solo così potrai farla arrivare a chi ti sta davanti.
Io cerco sempre di dare tutto me stesso e di vivere ogni emozione al massimo per me, per chi condivide il palco con me e per chi ci sta davanti.
Simone:
Ritengo che un musicista non possa vivere a pieno la propria musica se non ha occasione di esibirsi dal vivo. Suonare assieme al mio progetto musicale è essenziale per il mio benessere.
Ne sto avendo prova proprio in questo difficile periodo dove purtroppo le possibilità di suonare dal vivo sono molto limitate.

Una bella chiacchierata, grazie a tutti

Alessio Musella

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