Diplomato in grafica presso l’ISIA di Urbino, Lorenzo Anzini (1984, Rimini; vive e lavora a Cattolica) a 27 anni entra nel mondo del tatuaggio e lo ridefinisce come espressione d’arte visiva contemporanea.
Per Lorenzo Anzini tatuare i corpi diventa un vero e proprio dispositivo di ricerca estetica e concettuale, che influenza fortemente la sua cultura pittorica.
L’ arte pittorica e quella tatuatoria sono linguaggi espressivi che in Anzini vivono in simbiosi e prendono vita l’una dall’altra, danno origine alle opere su tela.
Come il tatuaggio assume un significato identitario, simbolico ed esistenziale, così la pittura diventa per Anzini un viaggio iniziatico dalla morte alla rinascita, un attraversamento simbolico del buio per riemergere alla luce, nel segno della resilienza e della vita.
Questo viaggio sarà visibile dal 25 ottobre 2025 presso la Galleria Zamagni di Rimini dove Anzini presenta la sua prima mostra personale intitolata MEMENTO VIVI, a cura di Chiara Canali, con il patrocinio del Comune di Rimini.
Un progetto che raccoglie e intreccia, in oltre 50 lavori, i tre principali filoni della ricerca pittorica dell’artista originario di Rimini: le Maschere, i Vasoterici (vasi e fiori) e le Balene.
- Il tuo primo contatto con l’arte?
Il mio primo contatto con l’arte è avvenuto molto naturalmente.
Avevo 2 anni ed iniziai a disegnare con la mano sinistra.
Non mi sono più fermato.
- Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?
Non mi sono mai preoccupato in merito al fatto che dovesse diventare una professione.
La mia preoccupazione era quella di non smettere.
Personalmente è sempre stato per naturale dedicarmi all’arte, non l’ho mai trattata come una belva da imbrigliare in nome del commercio, ma non nego che l’ambizione di crescere sia sempre presente.



- La tua prima opera d’arte?
Credo sia uno dei miei primi disegni realizzati all’asilo. È un autoritratto con tratti tipici di quelli di un bambino di tre anni; solo che il volto è un cerchio quasi perfetto. Credo sia una delle mie prime testimonianze grafiche da me lasciate. Ora inseguo quel tratto infantile per esprimermi.
- Per fare arte bisogna averla studiata?
Studiare lo trovo importante a prescindere dal fare arte. Sicuramente più nozioni ci sono, più si attiva la possibilità di sviluppare concetti.
Ma non bisogna mai dimenticare la potenza primitiva dell’istinto.
L’assenza o la limitazione della logica lascia spazio all’emozione.
Credo nella fusione di studio e possibilità di emozionarsi.

- Come scegli cosa rappresentare?
Cerco di osservare il mondo che mi circonda e visti i tempi così cupi, il materiale straborda.
- Un aneddoto che ricordi con il sorriso?
I miei maestri Maria Grazia e Pietro delle elementari mi avevano comprato dei gessetti colorati per darmi possibilità di disegnare sulla lavagna della classe.
Ricordo che venni riconosciuto come disegnatore ufficiale della classe.
Saranno sempre tra i miei più grandi riferimenti di libertà di espressione.

- Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?
Picasso. Prima di tutto per ringraziarlo e successivamente per dirgli che ha esagerato perché per colpa sua, credo che per parecchio tempo rimanemmo senza fare passi avanti nel mondo del segno.
Picasso ha aperto gli occhi all’uomo del ‘900 in poi a riprendere in considerazione il concetto di astrazione che avevamo nella preistoria e che avevamo completamente perso.
Rimarrà sempre una grandissima fonte di ispirazione.
Anche se la lista di artisti è molto più lunga e non relegabile solamente a lui.
- Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti?
Di non mollare mai come ho sempre fatto.
- Quanto conta la comunicazione?
Ti ribalto la domanda; se una società non capisce la comunicazione, per chi è importante quest’ultima?
A prescindere da questa provocazione, la comunicazione è fondamentale.



- Cos’è per te l’arte?
L’arte per me è una possibilità che l’uomo ha di connettere divino e concreto. È una dichiarazione di libertà e credo che sia la colonna portante della società.
È così potente che esiste anche se non viene sempre capita.
- Cosa ti aspetti da un curatore?
Di essere capito. Mi piace o non mi piace li trovo pareri relativi. Trovo fondamentale però essere capito. Lì ho raggiunto lo scopo.

- Cosa chiedi ad un gallerista?
Libertà e rispetto. Ovviamente equamente restituito.
- Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sicuramente continuare quello che sto facendo dandomi occasione di evolvere nelle mie visioni.
Vorrei diventare, se lavoro bene, un piccolo mattone utile agli altri come lo sono stati altri in precedenza per me.
Ho detto.