Quando il periodo Edo terminò, nel 1868, e il Giappone si aprì all’Occidente, Parigi conobbe un notevole interesse per tutto ciò che proveniva dall’area nipponica, in particolare dalle stampe colorate impresse con matrici di legno chiamate ukiyo-e (letteralmente “immagini del mondo fluttuante”:
Fu proprio in quel periodo che Van Gogh rimase affascinato da tutti gli elementi di questa cultura visiva e dal modo in cui potevano essere adattati alla ricerca di un nuovo modo di vedere: l’artista lesse le descrizioni del Giappone, per buona parte della sua carriera, durante la quale acquistò stampe per tappezzare la sua stanza e studiò attentamente le opere giapponesi soffermandosi sulle figure femminili nei giardini o sui bagnasciuga, su fiori, alberi e rami contorti: apprezzava di quei lavori linee e purezza compositiva tanto da farne una fonte d’ispirazione imprescindibile per la sua pittura.
Van Gogh trovò la sua dimensione “giapponese” nella Francia meridionale, in Provenza, dove si trasferì nel 1888: lì, l’artista scoprì un paesaggio magnifico, una luce potente, una popolazione dai costumi tradizionali e per certi versi “esotici”, capaci di dialogare con la sua visione idealizzata del Giappone e con il suo “sogno” giapponese.
In copertina Ritratto di Père Tanguy, dipinto da Vincent van Gogh nel 1887.