“Le diable, je suis bien obligé d’y croire, car je le sens en moi !” C. Baudelaire Con le certosine e sottili lame, da cui raramente si separa, Andrea Grieco alluna “une petite diable amoreuse” : l’autore di Formia ritaglia, infatti, un esile petalo, odoroso di amabile fìo.
Lilith è l’eburnea e impalpabile pelle, che si ribellò ad Adamo, venendo indi ripudiata, poiché reclamava le stesse sue “virtù” , essendosi liberata dalla medesima polvere natale…

Andrea Grieco fiorisce quell’innocente velo, sulle candide e sabbiate trame di drappo cartaceo, quasi un naturale telo iniziatico, che ammanta una simbolica e emancipata venere. Addentro questo quiescente e immaginifico Eden, l’ovale della rosea fiamma è miccia, che innesca l’idea del peccato… la voce sinuosa del serpente, che reclama diletto.
Da tergo, una lucente lama spunta, un’affilata e irreverente coda, come monito o provocazione: intima cautela nell’avvicinarsi, oppure divina una simbolica mietitura.
Dalla fine dell’800, infatti, la presenza di Lilith sposa la figura di Grande Madre, depositaria di virtù quali fertilità, sessualità, creatività… Grieco trova nel suo onirico e dorato “campo di grano” reale quella preziosa e muliebre “spiga… nel fianco” .