Omar Carlo John Neal a cura di Alessandra Luporini.

Omar Carlo John Neal
Omar Carlo John Neal

Virtù Creativa 

L idea è di raccontare di chi della propria passione ha creato uno stile di vita, un lavoro ma anche la propria zona comfort. 

Parlando tra creativi che spaziano dall’arte, alla moda, dal design, alla fotografia, dal cinema, alla bellezza …l’ispirazione diventa “un originale baratto “ creativo.

Vi presento un regista fotografo Italo americano che merita di essere conosciuto : Omar Carlo John Neal . 

Sono nato a Austin in Texas nel novembre dell’89. 

Mio padre era un militare stazionato alla Caserma Ederle di Vicenza, mentre mia mamma nata a Milano da genitori piacentini abitava anch’essa a Vicenza. Si sono conosciuti in una discoteca chiamata Beethoven, e da li a qualche tempo sono nato io.

Penso che nel mio sangue scorra DNA di tutti i tipi. Mio padre è afro-americano e da quello che so ho anche una trisnonna pellerossa. Penso che sia per questo motivo che sono sempre rimasto affascinato da tutte le culture del mondo e che in qualche modo le abbia abbracciate e rese mie. Alle superiori ho scelto di frequentare il Liceo delle Scienze Sociali probabilmente per questa mia attrazione verso le altre società.

Piccola nota: il mio nome è veramente Omar CJ Neal.

CJ sta per Carlo e John, i nomi dei miei nonni. È usanza negli US dare anche i nomi dei propri parenti.

Il tuo primo contatto con la cinematografia?

Ricordo che da bambino i miei genitori mi comprarono la videocassetta di ‘Fantasia’ di Walt Disney. La scena finale ‘Una notte sul Monte Calvo’ mi è rimasta impressa da allora. Ho cosi cominciato, attraverso il disegno a ricreare piccoli story-boards senza neanche sapere cosa fossero. Quando avevo all’incirca 7-8 anni, mio nonno mi fece vedere ‘L’armata Brancaleone’ con Vittorio Gassman. Anche questo film mi colpì molto al tempo e ogni volta che andavo a trovare mio nonno gli chiedevo di guardarlo.

Quando hai capito che la produzione cinematografica sarebbe diventata da passione a professione?

Per rispondere a questa domanda devo andare indietro di almeno tredici anni. Finite le superiori mi sono iscritto al DAMS di Padova, Università che non ho mai terminato. In questo periodo ho stretto amicizia con un ragazzo di nome Leonardo. Il modo in cui ci siamo conosciuti è stato abbastanza buffo in quanto il giorno dell’immatricolazione, Leonardo si è avvicinato a me chiedendomi se avevo una forbice per tagliare le fototessere da inserire nel libretto universitario. È stato in quel momento che mi sono reso conto di essere sprovvisto di forbice anche io. In compenso abbiamo stretto amicizia, legati dalla stessa facoltà nonché dalla stessa passione per il cinema. Per molti anni ci siamo persi di vista, fino a che qualche anno fa abbiamo avuto il piacere di rimetterci in contatto e cominciare a collaborare insieme su alcuni progetti riguardanti soprattutto il settore della moda. 

Dopo all’incirca un anno i rapporti si sono mantenuti ma le strade professionali si sono divise. È stato comunque in questi ultimi anni che ho deciso di procedere con questa carriera in quanto tutti i lavori precedenti che avevo non mi appagavano affatto, se non per arrivare a fine mese.

In questo modo ho la possibilità di unire la mia passione al mio lavoro, e non c’è niente di più soddisfacente. Mi sono reso conto di quanto stessi perdendo tempo per arraffarmi il primo lavoro che riuscissi a trovare, convinto dalla società che carriere del genere non si possono intraprendere se non per mero uso ricreativo. Alla fine quanto ci vuole a prendere in mano la videocamera e premere REC?

Il tuo primo film?

Ho girato i miei primi corti (come molti altri penso) insieme ai miei amici all’incirca verso i sedici anni. Erano progetti un po’ demenziali ed improvvisati, ma la creatività non mancava mai. Inoltre sempre in quel periodo praticavo skateboard, quindi mi divertiva tantissimo riprendere i miei amici mentre facevano i vari trick per poi montare i video e creare delle vere e proprie parti da mandare ai negozi per essere sponsorizzati. 

Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

Ricordo quando all’incirca cinque anni fa stavo lavorando ad un progetto personale fotografico. Abitavo a San Giovanni in Monte, un paesino a circa 400 metri sui Colli Berici. Uscivo di casa verso le sei del mattino per andare a fotografare gli alberi spogli avvolti nella nebbia. Per me era come una meditazione in quel periodo e cercavo di addentrarmi il più possibile nel fitto del bosco, senza una direzione ben precisa. Fatto sta che un mattino, mentre passeggiavo attraverso un sentiero mi sono ritrovato con la mente immersa in questo mondo semi fatato, e sovrappensiero ho alzato la testa e mi sono ritrovato a qualche metro da un esemplare maschio di capriolo. Stava leccando la rugiada dai rami di qualche albero. Eravamo molto vicini, e il momento sembrò essere durato un’eternità. Come se si fosse scongelato, il capriolo mi ha guardato per qualche istante per poi prendere e scappare via. Il suo manto non era marrone come quello di un capriolo comune, ma sembrava più grigio, tendente all’azzurro. Il pelo sembrava camuffarsi perfettamente con i colori freddi che ci attorniavano. Ovviamente non ho avuto la prontezza di afferrare la fotocamera in quell’istante che sembra essere durato una vita.

Ricorderò sempre quel momento con un sorriso. Ero solo, in quel bosco e senza rendermene conto stavo camminando a passo felpato per quei sentieri, come se avessi avuto paura di svegliare la natura circostante. Un momento magico che rimarrà per sempre con me.

Se potessi incontrare un personaggio del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Sicuramente il grande Stanley Kubrick. Gli chiederei di tenere un workshop dove insegna le tecniche a livello di illuminazione di ‘Eyes Wide Shut’. Inoltre sono sempre rimasto estremamente affascinato dal fatto che fosse lui stesso a modificare e talvolta costruire gli obbiettivi per le macchine da presa con cui girare i suoi innumerevoli capolavori. Queste sarebbero solo le prime domande che gli farei e per un po’ penso possano anche bastare!  

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte e della cinematografia, tra Italia e estero?

Fondamentalmente nessuna a mio avviso. Il cinema italiano come quello estero hanno sempre prodotto opere di altissimi livelli.

Ciononostante una cosa che mi ha sempre fatto storcere il naso, ad esempio, è l’abisso che esiste tra la recitazioneitaliana e quella americana. Trovo la recitazione italiana (nelle grandi produzioni) molto teatrale e di conseguenza un po’ finta. 

Rimango quindi un supporter dei movimenti indipendenti a livello di produzione cinematografica, sia italiana che estera. Questo perché sono sempre curioso di vedere lavori prodotti da artisti emergenti come me.

Artisti che osano, che si spingono oltre e che lasciano un segno stilistico ben marcato in un mondo che purtroppo sta diventando un copia e incolla.

Cos’è per te il cinema?

Per me il cinema è un ritaglio di tempo che una persona si prende per entrare in un contesto che non è suo, se non solo alla fine della proiezione. Un catapultarsi in una storia, in una successione di fotogrammi che lo portano a provare emozioni che normalmente non proverebbe. Una stimolazione visiva e uditiva che uno spettatore prova davanti ad uno schermo (possibilmente di grandi dimensioni, con un impianto audio serio.)

Chi lavora dietro l’obbiettivo compie enormi sacrifici per creare delle immagini piacevoli, o che comunque creino un’emozione allo spettatore e purtroppo trovo sminuente tutte queste nuove forme di visione del cinema soprattutto attraverso i tablet e gli smartphones.

Il cinema è colore, musica e dedizione.

Per proporre cinema bisogna averlo studiato?

Assolutamente no. 

L’unica cosa che conta in questo mondo è la passione. Si possono avere i mezzi più avanzati ma se non si ha la passione non c’è studio che tenga.

Lo studio sicuramente può indirizzarti a conoscere la storia e le tecniche del cinema per sbloccare alcuni meccanismi che rischierebbero di rimanere nascosti.

Ma con i tempi che corrono le risorse sono infinite e sta al regista capire, attraverso il suo percorso personale che immagini vuole produrre. 

Il cinema è una libertà di espressione che ha visto nascere produzioni di ogni tipo.

Non ci sono particolari regole da seguire se non la regola che ci portiamo nel cuore. Starà poi allo spettatore giudicare con i propri occhi se quello che ha visto gli piaccia o meno. Ma allo stesso tempo sta al regista essere soddisfatto o meno del risultato.

Come diceva Kubrick, analizzare e studiare le opere filmiche «non ha senso, ha solo un superficiale significato culturale buono per i critici e gli insegnanti che devono guadagnarsi da vivere». 

Alessandra Luporini

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