
Beat Kuert, alle spalle una brillante carriera come regista e tante incursioni nel mondo della video arte, il cui lavoro si svolge su diversi piani concettuali e performativi e solo alla fine, dopo un lungo percorso creativo, si traduce in fotografie di rara potenza evocativa
Le immagini del Maestro Svizzero nella loro risultanza estetica, tra bianco/nero e colore, superfici specchianti e ruvide, dimensioni grandi e piccole, colpiscono lo spettatore
e lo costringono a una profonda riflessione su cosa sia il corpo, cosa sia lo spazio che lo contiene, cosa sia il tempo che lo annienta.
Beat Kuert agli albori è stato un performer, ma a differenza di questi, l’opera non si risolve e non finisce nel tempo della messa in scena, ma trova compimento in studio, con un lungo e ossessivo lavoro di post produzione, quando l’artista non è limitato dall’elasticità o dalla resistenza dei corpi degli attori utilizzati, e può spaziare in tutti i versi, libero da ogni costrizione, dando sfogo alla creatività più assoluta, a un subconscio dove si mischiano incubi e visioni, bellezza e deformità.