Nicola Erba e il Bandito Ezio Barbieri

Nicola Erba
Nicola Erba

Nicola Erba c’introduce all’avvincente storia di Ezio Barbieri con il suo libro Barbieri il bandito dell’Isola edito dalla casa editrice Le Milieu; la vita di Ezio Barbieri, dalla banda dell’Aprilia Nera nella Milano del dopoguerra alla più grande rivolta carceraria che lo vede coinvolto a San Vittore. 

Quando hai iniziato ad appassionarti e a studiare la storia criminale ? 

Sono sempre stato appassionato di storie avventurose, di storie di personaggi irregolari, banditi e non allineati, sia nella letteratura che nel cinema ma anche nel fumetto. Sono un devoto e fanatico seguace di Sergio Leone, Clint Eastwood, John Ford e nel fumetto, Corto Maltese…

L’elenco dei romanzi che mi hanno influenzato sarebbe assai lungo, penso a Beppe Fenoglio ne “La paga del sabato”, ad esempio, ma anche Gian Carlo Fusco con “Duri a Marsiglia”. Per quanto riguarda il genere noir e crime, è un genere che mi ha sempre attirato ma solo se ben realizzato. In particolare mi riferisco ai francesi, il genere “polar”, il regista Jean Pierre Melville, l’attore Lino Ventura. Negli USA Kubrick con “Rapina a mano armata”, un film perfetto. In generale sono attirato dalle storie dei perdenti, perdenti, ma di classe. Avete presente Tuco ne “Il buono, il brutto e il cattivo”?

In più, per formazione, io sono uno storico, non sono uno scrittore. Mi sono specializzato, studiando e consultando archivi, sul periodo dell’immediato secondo dopoguerra in Italia, in particolare a Milano.

Com’é nata la tua collaborazione con la casa editrice Le Milieu?

Erano anni che meditavamo di creare qualcosa di nostro nel panarama editoriale, seppur gli orizzonti non fossero molto limpidi e oggi siano ancora più cupi. Ma siamo del “milieu” ossia dei temerari per definizione e, di conseguenza, abbiamo osato. E oggi siamo ancora qui. Edoardo Caizzi è il boss di Milieu edizioni. Senza di lui Milieu non esisterebbe. Io lo supporto dal 2011, ossia dalla fondazione. Il primo nostro libro uscì nel maggio 2012, la biografia romanzata su Francis Turatello, il gangster milanese degli anni 60/70, scritta da Antonella D’Agostino, ex moglie di Renato Vallanzasca. Il progetto su Barbieri era in fieri con un’altra casa editrice, poi saltò per loro gravi problemi redazionali. Da allora siamo arrivati a pubblicare quasi un centinaio di libri suddivisi in cinque collane editoriali, specializzate su più temi e a coinvolgere vari collaboratori per noi indispensabili. Oltre agli autori, tutti validissimi. E’ tutto merito loro.

Quanto tempo é durata la tua ricerca per scrivere il libro Barbieri il bandito dell’Isola edito dalla casa editrice Le Milieu ? 

Anni. Almeno 5 anni. Poi si è velocizzato tutto quando sono riuscito ad incontrare Ezio e a entrare in confidenza con lui.

Come sei arrivato a conoscere Ezio Barbieri il noto bandito Milanese della banda dell’Aprilia Nera ? 

A conoscere di fama Ezio Barbieri mi ha aiutato il romanzo di Alberto Bevilacqua, “La Pasqua rossa”, le cronache dei quotidiani del tempo, dal 1945 al 1946, e poi i rotocalchi che hanno sempre seguito la vicenda della banda Barbieri. Mentre, per averlo conosciuto di persona, devo ringraziare un giornalista di Barcellona Pozzo di Gotto, città in provincia di Messina. La città di Emilio Fede (!) e dell’artista Emilio Isgrò. Ezio viveva là dagli anni ’50, quando era stato mandato ad espiare la pena all’Ospedale Psichiatrico Giudiziario. I suoi avvocati erano riusciti ad ottenere il vizio parziale di mente e, dopo anni di sofferenze in penitenziari terribili (4 anni nell’isolotto di Santo Stefano davanti a Ventotene e 6 a Porto Azzurro), Ezio riuscì a far rispettare i suoi diritti. Badate: Ezio non era assolutamente matto. Sicuramente aveva avuto leggeri traumi dovuti al difficile periodo vissuto durante la guerra, ma nulla di più. Divenuto libero nel 1971, dopo 25 anni di reclusione, Ezio non tornò a Milano, rimase a Barcellona, vivendo dignitosamente di commerci.

Inviai per posta le mie ricerche d’archivio a Ezio. Ed Ezio un giorno mi telefonò.

5- Cosa ti ha colpito maggiormente della sua personalità ? 

Ezio mi è sembrata sin da subito una persona molto generosa. Senza dubbio fra noi c’è stata una intesa dovuta al fatto di essere entrambi milanesi. L’ho capito. Fossi stato di un’altra città non penso avremmo legato così bene. Erano anni che giornalisti vari tentavano di avvicinarlo. Invano. Solo Maurizio Iannelli (autore della prefazione del libro), sceneggiatore e regista di Amore Criminale su Rai 3, era stato in grado di intervistarlo lungamente per un progetto di documentario che la Rai in seguito non finanziò. Una volta scarcerato, Ezio si impegnò con costanza in attività benefiche. Non si dimenticò dei reclusi dell’Opg. Generosità e umanità l’hanno sempre contraddistinto. Anche negli errori. Divenne un bandito, vero, ma non fu mai condannato per reati violenti contro le persone.

E ad essere precisi la sua carriera criminale fu costantemente contrassegnata da ruberie ma anche da atti di generosità.

Possiamo definire Ezio Barbieri in icona di stile per le sue magnifiche pose da “guascone”?

L’immagine fu creata dai cronisti di nera. Per la prima volta dopo la guerra si poteva scrivere dei fatti di cronaca nera. Durante il regime fascista, la “nera” era bandita, erano consentiti solo trafiletti. Dall’estate del 1945 i cronisti poterono sbizzarrirsi, prendendo spunto dai grandi giornali nordamericani. Cito Franco Di Bella (padre di Antonio Di Bella) che contribuì con altri suoi colleghi a creare un nuovo immaginario, coniando soprannomi e sviluppando i temi di cronaca sbattendoli in prima pagina. Franco Di Bella aveva talento, sapeva scrivere, altri molto meno, ma i risultati erano comunque rilevanti. A Milano c’erano parecchie bande, quella di Ezio Barbieri e Sandro Bezzi, quella del Paesanino, Gino lo zoppo, la banda Dovunque etc etc

Dal 1953 in Lombardia iniziò ad uscire in edicola La Notte, un quotidiano esplicitamente specializzato in “nera”

Ezio Barbieri fu, suo malgrado, uno dei protagonisti di questi quotidiani e rotocalchi.

E’ evidente che Ezio si prestò affinché quella sua immagine “guascona” e spavalda emergesse, era un ragazzo egocentrico. Piaceva molto alle ragazze e ricambiava. Ma la stampa accrebbe questa rappresentazione. Anche negli anni 70/80 con Vallanzasca si creò un effetto mediatico di quel tipo, ma in più c’era anche la televisione. Ai tempi di Ezio c’erano solo i cinegiornali. Su youtube digitando “rivolta di San Vittore 1946” è possibile vederne uno. Appare anche Ezio Barbieri, con un sorriso stralunato. Non dormiva da tre giorni.

Ezio Barbieri viene indicato dalle autorità del suo tempo come il capo della più grande rivolta carceraria in Italia a San Vittore nel 1946. Qual’ è la tua personale opinione riguardo gli eventi della “Pasqua Rossa”? 

Il merito del romanzo di Alberto Bevilacqua è di aver riportato a galla una storia tragica e rimossa.

La vicenda è romanzata, infatti è un romanzo, d’altra parte, ma efficace.

Consiglio di leggerlo. Quella rivolta carceraria fu una delle cause dell’amnistia Togliatti del giugno 1946. Non fu l’unica rivolta di quei mesi. In Italia regnava il caos. E le carceri sono sempre lo specchio della nostra società. Più di 3mila detenuti in attesa di processo, rinchiusi in una casa circondariale che ne avrebbe potuti tenere rinchiusi al massimo 900. Detenuti comuni, detenuti fascisti (fra cui diversi criminali di guerra) e detenuti partigiani. Era una amalgama esplosiva. Ezio Barbieri non organizzò la sommossa. Fu liberato dai detenuti ex repubblichini quando fu chiaro che il loro progetto di evasione era fallito. Ezio aveva ascendente su tutti i reclusi. Evitò una carneficina. Andò a parlamentare con le autorità. Si prese le sue responsabilità e, nonostante ciò, fu condannato pesantemente. Coloro che invece avevano progettato la rivolta, furono amnistiati pochi mesi dopo.

Avete mai visto la scena finale del film “Monsieur Verdoux” di e con Charlie Chaplin? Beh fatelo. La morale è tutta lì.

La vita di Barbieri ha tutti gli elementi per essere riportata in una sceneggiatura per un avvincente serie Tv, cosa ne pensi ?

Oddio. Certamente. Ma in Italia le cosiddette fiction o serie tv sono spesso deludenti. Mi viene in mente la fiction sul bandito Sante Pollastri, interpretato da Beppe Fiorello. Una commediola.

Fossimo negli Stati Uniti o comunque non in Italia sarei più entusiasta. Da noi si trasforma tutto in macchiettismo.

E poi da noi domina il moralismo.

Faccio un esempio. I componenti della Banda Bonnot sparavano, non erano santi, e la gendarmeria di Parigi andò giù pesante con loro. La realtà è cruda e ambigua. Non è una commedia.

Ci sono delle persone che senti di ringraziare ?

Ezio Barbieri!

Paola Fiorido

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